L’ultima sua creazione è un artistico presepe in legno, realizzato nella piazzetta di borgo Russa, a Villanova/Zavarh, la splendida frazione di Lusevera/Bardo, nota anche come ‘reginetta’ dell’Alta Val Torre/Terska dolina. Ma dalle sue mani, dal suo cuore, prendono forma artistica i più svariati prodotti di una creatività senza confini, espressione di un animo semplice che si leva in volo, oltre la realtà di una valle da sempre avara, ma ricca di valori e di colori che diventano motivo di speranza.
Dario Pinosa, classe 1953, persona semplice e schiva, nasconde dietro un sorriso da individuare, la voglia interiore di dare forma a quanto incontra nella sua vita: non soltanto tele da ricoprire di colore, ma anche pezzi di legno da scolpire, rottami di ferro da ricomporre, terre argillose da amalgamare. Ogni cosa è pretesto per sfogare il suo bisogno di creare, di testimoniare che in una località marginale della montagna, dove scegliere di vivere potrebbe rappresentare soprattutto oggi una scelta coraggiosa, è più facile liberare la fantasia, lontano dai frastuoni, dalle distrazioni, dai richiami fasulli di un vortice che appiattisce, annulla la persona.
Tra i tanti Pinosa della valle, Dario è attualmente il più illustre, il più apprezzato, perché senza tanti suoni di campane, assolutamente scevro da pavoneggiamenti, si sa proporre nel vero stile di riservatezza proprio della gente genuina della montagna. La famiglia, la casa, il paese, gli amici, la lingua (il po našim), la matrice culturale della valle sono i punti di riferimento del suo modo di essere artista per vocazione, metalmeccanico di professione.
Non ha frequentato scuole d’arte, né corsi di disegno o scultura. «A 18 anni — confessa l’artista — mi dilettavo a disegnare, tentando anche di dipingere, soprattutto copiavo quadri altrui, scoprendo, poco a poco, che ne modificavo alcuni particolari secondo il mio modo di sentire l’argomento raffigurato. Così, quasi inconsciamente, mi è sbocciata la voglia di creare qualcosa di veramente mio».
Ci volle ben poco per scoprire il valore del giovane Dario, che al primo approccio con una rassegna di valore regionale si impose alla Biennale di pittura del Friuli – Venezia Giulia, che si tenne al Morena di Reana, nel 1975. Fu quella, se non la consacrazione, la vera molla che spinse il ragazzotto di Villanova a cimentarsi ad ampio ventaglio nelle varie espressioni artistiche che oggi ne fanno un apprezzato creativo.
Ed eccolo a intagliare pezzi di legno, a sbalzare lastre metalliche, a comporre sapientemente rottami ferrosi, a impastare creta, a rimodellare qualsiasi materiale che potesse dare sfogo alla sua prorompente creatività. Non ha mai cercato i riflettori, anche se questi si accesero il giorno del suo 33mo compleanno, complici la moglie Gabriella e la sorella Daniela, che a sua insaputa, portarono un suo quadro alla Biennale del Fvg, che in quell’anno si teneva a Udine. E le 33 candeline si accesero su un terzo posto, che gli spalancò le porte dell’associazione Storie dai Longobards, dove venne a contatto con artisti del calibro di Luciano Ceschia, Toni Zanussi, Tonino Cragnolini, Loris Agosto, Giancarlo Ermacora e tanti altri ancora.
Risale a quel periodo la prima incisione su lastra di zinco, realizzata alla stamperia Santini Albicocco di Udine. In quei giorni vedeva la luce il figlio Davide, al quale dedicherà un quadro che, attraverso tinte delicate, esprime la gioia, quasi la perplessità per il miracolo di una vita che sboccia, un altro bellissimo fiore della sua valle incantata.
Ma Dario si sente a pieno titolo figlio di questa valle, della sua parlata, della sua storia. Sente che la matrice culturale è quella della gente della Slavia friulana. L’apertura mentale e lo spirito puro dell’artista non lo porta a polemizzare su azioni pretestuose altrui. Conviene semplicemente nel ritenere il po našim una parlata di matrice slovena e si dice onorato, «perché dopo aver tanto esposto a concorsi regionali e nazionali, mi è stata offerta la possibilità di presentarmi anche nella Benečija, dove ho partecipato a diverse mostre alla Beneška galerija di San Pietro, complice Bruna Dorbolò, alla quale mi lega una sincera amicizia. In quel contesto ho stretto rapporti bellissimi e ho respirato l’aria di casa mia. Sono peraltro assolutamente convinto che la particolare matrice culturale di quest’area di confine non possa essere disconosciuta, in quanto storica impronta del nostro territorio». Parola di artista! Dimostrazione pratica che l’arte è in grado di superare le contrapposizioni, in quanto espressione sincera dell’animo.
Ma torniamo sulla creatività. Più di recente, assieme all’amico Eros Vassalli, Dario Pinosa dà vita al Laboratorio permanente di espressioni artistiche. In quella veste partecipa a una trasferta in Canada, al seguito di Dante Del Medico, presidente dell’Unione emigranti sloveni del Fvg, quindi al Burnjak di Tribil Superiore. Ed è in questi giorni che Dario ed Eros stanno realizzando maschere di carnevale che consegneranno ai bambini del centro scolastico di Vedronza.
Che dire di più? È con piccoli gesti e particolari realizzazioni che l’arte si propone come un valore aggiunto di questo piccolo, splendido angolo di mondo, impreziosito dai sogni e dai segni di Dario Pinosa.