Alunni, genitori, tanti nonni, insegnanti: erano più di 500 i manifestanti che il 18 giugno, a San Pietro al Natisone, hanno manifestato contro lo smembramento della scuola statale bilingue e per chiedere al sindaco di trovare una ragionevole soluzione per mantenere unita la scuola. Tantissima gente, dunque, e per fortuna che nelle Valli del Natisone non ci sono sloveni, che nessuno vuole imparare la lingua slovena, che non c’è nessuna minoranza, come sostengono i linguisti e gli storici grafomani imprestati dal sottobosco politico, altrimenti il buon maresciallo di San Pietro, Elio Romito, avrebbe dovuto chiamare rinforzi e non solo dal commissariato di polizia di Cividale…
Una manifestazione partecipata, con bandiere italiane, europee e del Friuli, con cartelli che rivendicavano il diritto di esistere; una manifestaione di grande significato civile perché difendeva il diritto di 221 alunni di affrontare con serenità il corso di studi intrapreso senza essere sballottati da una sede all’altra, da un paese all’altro. Una manifestazione massiccia che ha costretto gli sparuti contromanifestanti a sparire dalla circolazione o a rifugiarsi nella sala consiliare dove il prof. Leopoldo Coen parlava sulla riforma delle comunità montane: un’infantile scappatoia per giustificare la loro improvvida ed imbarazzante presenza a San Pietro.
Una manifestazione non solo di protesta, ma soprattutto di proposta di soluzioni suggerite dai genitori degli alunni: «Abbiamo proposto l’utilizzo del solo piano terra della casa dello studente e delle aule mai occupate dal convitto Paolo Diacono (per la scuola dell’infanzia e parte delle elementari), l’ala nord dell’edificio ex magistrali (per le restanti elementari) e la sistemazione delle tre classi delle medie in edifici esistenti a San Pietro», si legge nel volantino firmato dai genitori.
Ma la manifestazione è andata al di là della contingente richiesta di una sistemazione degli alunni rispettosa del buon senso e delle esigenze del modello didattico della scuola bilingue. Gli alunni e i genitori hanno voluto proclamare il diritto all’esistenza come scuola statale con pari diritti di tutte le altre scuole (un cartello recitava: «Mi smo!» — noi ci siamo nonostante alcuni vorrebbero cancellarci), hanno manifestato l’orgoglio di aver scelto la scuola bilingue (su un cartello si leggeva: «Ponosni na našo šolo – Orgogliosi della nostra scuola»), hanno voluto sottolineare che la conoscenza delle lingue è un valore aggiunto per tutta la comunità («Two jezika iz meglio che one», spiccava su un altro cartello).
«La padronanza dell’uso di lingue diverse, la conoscenza di varie culture, la lettura dei maestri della letteratura mondiale dovrebbero arricchire tutta l’umanità — si legge nel messaggio al sindaco di San Pietro al Natisone preparato dagli insegnati su suggerimenti e pensieri degli alunni —. Le scuole di tutta l’Europa stanno introducendo nei loro piani dell’offerta formativa l’insegnamento delle lingue e delle culture degli stati vicini, mentre da noi, a San Pietro, si tende ad emarginare le nostre tradizioni, si negano le proprie radici, si ostacola l’apertura di nuove opportunità. La scuola bilingue non vuole imporre la propria offerta formativa a coloro che la ritengono superflua, però pretende di avere il diritto di continuare a percorrere la propria strada che con molti sacrifici ha intrapreso da molti anni. Riteniamo che ognuno abbia la possibilità di studiare la propria lingua nel contesto sociale che gli appartiene: questo è quanto le chiediamo — scrivono i ragazzi al sindaco Manzini —. Crediamo sia un suo dovere provvedere al nostro futuro, alla nostra serenità. Non vogliamo essere emarginati, non vogliamo che sopra di noi si attuino giochi politici. Non prenda decisioni che potrebbero riportare le nostre Valli nei periodi tristi e oscuri del passato. Vogliamo aprirci al mondo che ci circonda. Ci dimostri cosa sono il rispetto, la convivenza, la pace e l’amore. Vogliamo degli spazi dove poter rimanere uniti, dove poter lavorare insieme ai nostri fratellini e alle nostre sorelle…».
Che la manifestazione non fosse di protesta ma aperta al confronto e alla ricerca di soluzioni condivise è emerso anche dal messaggio che i genitori degli alunni della media bilingue hanno voluto lanciare a quelli della media statale monolingue. «Siamo convinti — si legge nel messaggio — che l’integrazione, la condivisione, la solidarietà e non la divisione sia l’unico modello vincente per la nostra comunità e pensiamo che anche voi condividiate l’idea che il bene dei propri figli, dei nostri ragazzi uguali ai vostri, debba essere prioritario, non oscurato e strumentalizzato da ideologie e strategie politiche tanto più quando si tratta di situazioni di emergenza come quella attuale.
È nostro dovere di genitori — prosegue il messaggio — tutelare e salvaguardare ‘tutti’ i bambini. Siamo consapevoli che la vostra sensibilità di genitori travalica ogni tipo di pregiudizio e in virtù di ciò chiediamo una collaboraziore reciproca e sincera per abbattere quelle barriere invisibili che spesso il mondo degli adulti costruisce, ma che non dobbiamo lasciare in eredità ai nostri ragazzi». Ed ecco l’appello diretto dei genitori della bilingue a quelli della media monolingue «affinché, a dispetto dei formalismi istituzionali, esprimiate solidarietà ai nostri ragazzi ospitandoli provvisoriamente nella vostra scuola “Dante Alighieri” fino a che l’Istituto comprensivo bilingue non trovi una sistemazione definitiva».