Al tradizionale incontro di inizio anno a Kobarid/Caporetto tra gli sloveni della provincia di Udine e quelli dell'alta valle dell'Isonzo, presente il presidente della Slovenia, Danilo TŸrk, è emersa a chiare lettere l'esigenza di un salto di qualità nei rapporti a tutti i livelli tra il versante italiano e quello sloveno. Lo strumento normativo c'è. E' il “Gruppo europeo di cooperazione territoriale” (Gect) che consente agli enti locali e regionali degli Stati membri dell’Unione Europea l’istituzione di gruppi di cooperazione, aventi personalità giuridica, e fornisce il supporto per l’organizzazione e la gestione della cooperazione territoriale europea.
Il compito del Gect è stimolare e sostenere la cooperazione territoriale in tutti i settori legati allo sviluppo regionale e il rafforzamento della coesione sociale ed economica. Consente, infatti, alle diverse istituzioni di area transfrontaliera di rapportarsi come unico soggetto con l’Unione Europea e i rispettivi Stati, agevolando e velocizzando così tutti i progetti transfrontalieri legati allo sviluppo del territorio a cavallo dell'ex confine.
Il primo Gect tra Italia e Slovenia è stato creato recentemente dai comuni di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter / Vrtojba allo scopo, come hanno sottolineato i sindaci promotori, di passare da una fase volontaristica, quasi artigianale di collaborazione, a uno strumento riconosciuto dall’Unione Europea. L'evento è stato salutato con entusiasmo dallo stesso ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini. «È un grande risultato — ha affermato il capo della Farnesina — e credo che questo sia il segnale per tanti gruppi analoghi».
È un segnale da cogliere in primo luogo nella Slavia.
Le sollecitazioni a una forte collaborazione transfrontaliera espresse dallo stesso presidente TŸrk e dal prefetto di Tolmin/Tolmino, Zdravko Likar, lo scorso 16 gennaio a Kobarid/Caporetto sembrano avere sortito effetto. Lo si evince da una grande apertura e disponibilità manifestata nelle dichiarazioni dei sindaci delle Valli del Natisone al nostro giornale (cfr. Dom del 14 febbraio). «Le opportunità per una collaborazione sono molteplici», ha sottolineato il sindaco di San Pietro al Natisone, Tiziano Manzini. «Bisogna intraprendere un percorso che tenga conto delle due realtà confinanti, la valle dell'Isonzo e la Benecia, e considerarle come un'unica area da sviluppare», ha puntualizzato il collega di Pulfero, Piergiorgio Domenis.
E che la volontà di imboccare questa strada sia reale, lo testimoniano i diversi incontri che gli amministratori locali dei due versanti hanno avuto nelle scorse settimane.
Si tratta, allora, di seguire l'esempio di Gorizia e di rispolverare il documento firmato a Castelmonte il 18 dicembre 1999 dai sindaci dei 10 comuni allora compresi nella comunità montana «Valli del Natisone» più Dolegna del Collio, dai presidenti delle ex comunità montane «Valli del Torre» e «Valli del Natisone», dal presidente della Provincia di Udine e dai sindaci dei comuni sloveni di Bovec, Brda, Kanal ob Soči, Kobarid e Tolmin. Grande promotore dell'iniziativa fu l'allora presidente della comunità montana Giuseppe Firmino Marinig.
Nella lettera d'intenti i firmatari concordavano che «per poter portare a soluzione i problemi economici e sociali dell'area è indispensabile un approccio unitario delle comunità di confine; la politica europea per le aree di confine è sempre più orientata a riconoscere alle comunità locali un ruolo fondamentale nello sviluppo locale; la collaborazione di frontiera è lo strumento insostituibile per far uscire le aree confinarie di entrambi i paesi dalla marginalità».
In particolare sostenevano «la crescita e lo sviluppo delle aziende specie attraverso la formazione; la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo del suo mercato; l'utilizzo delle ricchezze e potenzialità del territorio; lo sviluppo del turismo e delle attività connesse; la difesa dell'ambiente e dei valori culturali locali».
La carta di Castelmonte è rimasta nel cassetto per più di 10 anni, ma mantiene tutta la sua attualità. Nel frattempo la Slovenia è entrata nell'Unione Europea e il confine è stato cancellato. Ora c'è anche lo strumento giuridico-istituzionale per dare contorni certi alla collaborazione. Dunque, qui ci vuole proprio un Gect.
E, considerato che la legislazione slovena vigente non consente la sua sede in Slovenia, San Pietro al Natisone può candidarsi a diventarne il capoluogo.