A guardare dai bordi del terrazzo naturale della sponda sinistra del Natisone, i paesi di Biacis / Bijača e Cras / Kras appaiono come un unico insediamento che si allunga sotto il contrafforte di Antro / Landar. Incastonato nella rupe s. Giovanni d’Antro, poco sotto la chiesa di S. Giacomo coi resti del castello di Ahrensperg e a destra lo scheletro in calcestruzzo del “castello di Cras”, la tramoggia, sito simbolico dell’archeologia industriale moderna. Lungo la strada sottostante i due paesini si sono allungati l’uno verso l’altro come se volessero riunirsi.
Se Ivan Trinko, un secolo fa, si è dilungato a scrivere di Biacis, della sua chiesetta e del castello, collegandone le vicende al sito archeologico e storico di Antro, per Cras ci è passato senza dargli importanza: « Biacis è collegata a Tarcetta da una buona stada carrozzabile, sulla quale, uscendo dal paese, si incontra subito un gruppo di case con il nome di Cras, ove c’è un fabbro meccanico (Succaglia Giov.)». Un secolo prima di quegli appunti di Trinko, siamo nel 1807, ai tempi napoleonici, nel neocostituito comune di Tarcetta è sempre Biacis il nome di riferimento. La località compare tra le cinque cui si riferscono i dati demografici allora raccolti, con 253 abitanti; Antro e Cras, che, verosomilmente venivano conteggiati sotto quel nominativo, non erano neppure menzionati. Nel 1807 tutto il comune di Tarcetta contava 1.583 persone, assommando i suoi ( 211 ab. ) con gli abitanti di Biacis (ab. 253), Erbezzo con Montefosca (650), Lasiz (255) e Pegliano (214). Oggi, due secoli dopo, tutto il comune di Pulfero, quindi compreso quello che allora era Rodda, non supera i 1.100 residenti, due anni fa Biacis (ab. 51), Cras (42) e Antro (40) ne contavano 133, vale a dire ben 120 persone in meno di due secoli fa.
Un antico ponticello ad arco, in pietra, che qualcuno lo fa risalire ad epoche molto antiche, superava lo Štivanščak, il torrentello che nel suo percorso raccoglie il rio della Landarska jama. Oggi, poco al di sotto di quello antico in disuso, un altro manufatto, adeguato alle esigenze, fa parte dell’arteria che collega tutte le località situate sulla riva destra del Natisone dall’imbocco nella valle a San Quirino a Podvaršč, per salire verso Arbeč fino a Čarni Varh, oltre che ricollegarsi alla statale col ponte di Log.
Sia Kras che Bijača avevano i loro “centri sociali”, così come definirei, aggiornandone il significato, le osterie di una volta. In fondo, non è una scoperta annotare che, ai “bei tempi andati”, la vita sociale nei nostri paesi si svolgeva dentro e attorno alle chiese ed alle osterie, in una fusione di sacro e profano, dove consolare spirito e corpo, dopo le fatiche immani di settiamane lavorative non certo intaccate neppure dal famoso sabato fascista.
A questo proposito di centri sociali, nella ricerca di qualche curiosità sul fabbricato rimodernato a Biacis, di cui ho scritto nello scorso numero del Dom, ho rintracciato notiziole che mi spingono a qualche riflessione sul caso specifico e sulla strategia – si fa per dire – che sottintende l’ipotesi di sviluppo delle nostre valli.
La ristrutturazione del fabbricato appartenente ad una famiglia del posto trasferitasi, come tante altre, in luoghi ritenuti più vivibili, è affidata in comodato al comune di Pulfero fino al 2018. Qualcosa che riguarda la ristrutturazione di questo fabbricato, l’ho trovata su un sito internet che, tratta di “castelli patriarcali” cioè di questioni ben più “elevate”, che non di abitazioni del “volgo servile”. Si tratta di un Progetto della Provincia di Udine realizzato con fondi Europei Interreg IIIA 2000/2006 consistente nella «ricostruzione di un ambiente di ristoro pubblico all’interno di due pregevoli edifici di architettura minore presenti nel borgo di Biacis, restaurati nel rispetto delle strutture originarie e arredati ricostruendo gli interni secondo la tradizione locale del secondo Quattrocento: una locanda comprendente una taverna per la consumazione di prodotti locali e una camera da letto».
Il recupero architettonico effettuato e l’ambientazione, progettati da esperti non avrebbero nulla da eccepire, tranne che per un semplice e banale difetto: la previsione del “poi”. Questo “poi” è stato esposto così come progetto: “La Locanda di Biacis costituisce un punto di sosta di qualità in una zona di altissima suggestione…», e come tale è stata presentata nella conferenza stampa del 18.11. 2008, a palazzo Belgrado alla presenza del presidente Fontanini. A rileggere i progetti di poco più di un anno fa, espressi in quell’occasione, nel confronto col crudo presente, riporta alla proverbiale dicotomia tra il dire ed il fare, al risveglio della la consapevolezza della realtà al risveglio dal sogno. Il sogno mostrava: «All’interno degli edifici restaurati hanno trovato spazio un punto di accoglienza e informazione turistica, alcune stanze con nove posti letto, una locanda del Medioevo dove degustare i prodotti enogastronomici del luogo, un laboratorio di produzione di tessuti medievali “a capi blavi” con un telaio d’epoca. Da Biacis si dipartono 4 itinerari, anche a cavallo, che collegano i vari castelli patriarcali, come Cergneu e Gronumbergo, con alla mano la carta turistica predisposta e con la disponibilità di un sito internet in aiuto del turista».
Poi c’è il risveglio. Passo per caso di lì, nella parte alta del borgo, in una giornata semiprimaverile che invita ad aprire le finestre e le porte: ciò che ha fatto l’abitante del cortiletto davanti alla Locanda di cui sopra. Entro e osservo: un bel lavoro, davvero. L’anziano mi guida e mi mostra la muffa, le infiltrazioni, la porta che non si apre per l’unidità che gonfia il legno. Ecco la locanda, le camere, le sale e i ballatoi, i resti dell’arredamento modellato sul Quattrocento rustico. Non sono che i resti ammuffiti di un sogno ed io, non da solo, mi chiedo che cosa non va. Purtroppo questa non è la sola Locanda/cattedrale nel deserto, cometa luminosa solo il giorno dell’inaugurazione, che, dopo le fanfare e le campane a festa viene nuovamente inghiottita dal “deserto” di un progetto globale ed unitario di rinascita della Slavia.