Nel segno di una ritrovata dignità culturale

 
 
È stata la piccola Michelle, delicato germoglio di 9 mesi, la più attuale testimonianza di una vera ‘Liberazione’. Domenica 25 aprile, a Viškorša/Monteaperta, nella magia che sprigiona dal santuario della Santissima Trinità, è stata scritta una significativa pagina di storia locale che, prendendo le mosse dai nefasti bellici e post-bellici del secolo scorso, lancia un segno di speranza per il futuro prossimo delle genti di un territorio, quello della Slavia friulana, che patirono ingiustamente una demonizzazione etnico-linguistica, spacciando i suoi componenti per sobillatori, collaborazionisti, traditori di un regime insensato e successivamente violentati da un malinteso nazionalismo.
Michelle Blasutto, nipote di terza generazione dell’indimenticabile don Arturo Blasutto, è stata, infatti, battezzata in po našen (il dialetto sloveno del luogo) da don Renzo Calligaro, con un rito dai connotati spontanei, assolutamente sinceri e sereni, quasi un atto liberatorio dalle tante vessazioni patite da un sacerdote che ebbe l’‘ardire’ di celebrare la Parola di Dio e di far pregare e cantare la sua gente nell’unico idioma che conosceva, quello di matrice slovena, appunto. Una bella giornata di sole faceva rimbalzare il santuario sullo sfondo naturale delle bianche rocce del Gran Monte e di quel masso, segnato dall’impronta della Vergine Maria, dal quale sgorga l’acqua con la quale, per secoli, si dissetarono i tanti pellegrini del Nord-Est del Friuli e dei vicini territori della Slovenia, storicamente aggregati nella Chiesa-Madre di Viškorša.
La celebrazione di un battesimo è sempre un’occasione di riflessione, ma soprattutto di gioia per un nuovo ingresso nella comunità religiosa. Quello di Michelle, in particolare, ha assunto un sapore del tutto speciale, perché di lei papà Igor e mamma Patricia Rozic hanno voluto fare, sia pur in ambito familiare, il simbolo di una ritrovata dignità culturale e certamente dal cielo lo zio don Arturo Blasutto avrà abbozzato uno di quei suoi rari, quasi impercettibili sorrisi.
E quando il celebrante ha dato inizio al rito del battesimo è sembrato che fosse proprio don Arturo a dialogare con i fedeli. Palpabile l’intensa commozione, soprattutto del nipote, suo omonimo, Arturo Blasutto che con lo zio condivise tanti anni della propria infanzia e del calvario del sacerdote. Occhi lucidi anche dei parenti, quelli che lo conobbero direttamente e quanti lo portano comunque nel cuore per averne apprezzato le grandi doti e la dirittura morale dai racconti di famiglia.
Ma torniamo alla piccola Michelle, apparsa quasi consapevole di quanto stesse accadendo. Anche se sta crescendo con papà Igor che le parla in sloveno e mamma Patricia in croato, lei non avrà certo capito le parole del sacerdote, ma sicuramente le era chiaro lo spirito della cerimonia, svoltasi dapprima all’interno del santuario, quindi sul piazzale, dove, usando l’acqua della fontana della Madonna, don Renzo l’ha battezzata, e dove padrino e madrina (gli zii Ivan Blasutto e Luigia Bonini) hanno acceso la candelina e le hanno imposto la veste bianca.
Che la giornata fosse speciale se ne è avuta conferma anche al termine della cerimonia, quando tutti si sarebbero affrettati alla performance gastronomica dell’incontro. Qualcosa, invece, tratteneva parenti e amici sul piazzale del santuario, il luogo più appropriato per vivere il ricordo del caro don Arturo Blasutto. E sentirlo vicino, partecipe, non è sembrata una suggestione, perché anche lui era componente irrinunciabile di quel battesimo celebrato in po našen.

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