Minoranze, fede e cultura_Manjšine, vera in kultura

Il 5 luglio, si è svolto il convegno organizzato dal centro Veritas di Trieste, sotto la direzione di p. Mario Vit, che nel frattempo ci ha lasciati per entrare nel mistero di Dio. Ci aveva riflettuto a lungo negli anni trascorsi nella zona di Pulfero e se n’era fatto una ragione di vita per sé e per tutti noi. Il tema è stato svolto su due piani, quello biblico, affidato al prof. Rinaldo Fabris e quello teologico culturale, al sottoscritto.
Il prof. Fabris ha collegato due eventi biblici, Babele e Pentecoste, per evidenziare la contrapposizione dialettica tra i due eventi. Con Babele abbiamo da una parte l’esaltazione politica dell’assolutismo statale, che impone a tutti una sola lingua, una sola cultura, nella piena assimilazione. E dall’altra il giudizio di Dio che pone fine a quella politica di sudditanza a senso unico, per avviarla in un’altra direzione. Questa è data dalla Pentecoste cristiana.
Il dono dello Spirito Santo si esprime nella valutazione positiva di tutti i popoli sulla terra, come pure delle loro lingue. Infatti, tutti sentivano parlare gli Apostoli nelle loro lingue. Non c’è evento più forte e significativo di questo per tendere all’incontro di tutti i popoli nel rispetto, nell’accoglienza e nella condivisione cordiale. Questo avviene nella linea dell’incarnazione, cioè dell’inserimento totale del Figlio di Dio nella nostra umanità e nella nostra storia. È la legge dell’incarnazione che deve guidare ogni scelta e attività della nostra chiesa.
Nel mio intervento ho ricordato brevemente la svolta importante data da papa Giovanni XIII con l’enciclica Pacem in Terris del 1963 e interventi successivi a partire dal concilio e con l’altra importante enciclica di Giovanni Paolo II Slavorum Apostoli sull’attività dei santi Cirillo e Metodio e sulla forza del Vangelo che valorizza ogni lingua e cultura. Trattando della nostra storia passata e recente, ho voluto ricordare il ruolo delle Amministrazioni civili ed ecclesiastiche nella Benecìa.
Sul piano civile c’è stato un grave ritardo, per non parlare degli ostacoli, a motivo di una assente o addirittura errata formazione civile sulle minoranze linguistiche, non tanto in sede teorica – c’è la Costituzione che parla chiaro agli artt. 3 e 6 – ma in sede operativa. È sempre in agguato un nazionalismo, magari di segno contrapposto, che non è in grado di apprezzare la realtà e di farla sua, sposandola letteralmente.
La chiesa udinese non ha fatto migliore figura fino all’arrivo, nel 1973, del vescovo mons. A. Battisti.
È stato il primo ad apprezzare il lavoro dei sacerdoti, che già dall’inizio del secolo XX, con il giovane I. Trinko e poi con i suoi allievi Čedarmaci, avevano alzato la voce per difendere la dignità del nostro popolo.
L’orizzonte dal Matajur in giù si è aperto, ha bisogno di consolidamento e di presenza attiva e convinta. Anche l’iniziativa della messa del sabato nella chiesa di S. Pietro al Natisone è un segno di questo cambiamento, tanto più efficace, quanto più seguito.

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