vivente lui stesso, invaso da un’umanità incosciente e suicida, da una specie di parassita ben più visibile e pericoloso del virus coronato. Non sono il primo a dirlo: la terra, la natura, proprio per essere vita e fonte di vita, vuole difendere la vita stessa; la vita di tutti gli esseri viventi, creando le proprie difese, gli antidoti contro la sua malattia cancerosa: l’uomo.
Sarebbe blasfemo chiamare i vari virus, coronati o meno, il vaccino della terra nella propria difesa? E li ha mandati, la terra, i propri segnali contro l’insipienza presuntuosa dell’uomo che crede erroneamente nella propria regalità assoluta sul creato! Basta leggere la storia dell’ultimo paio di secoli, in particolare da quando l’ascesa del sapere scientifico ha iniziato a spodestare qualsiasi trascendenza, relegando i valori spirituali al cosiddetto buonismo dei baciapile e creando nell’«homo scientificus» una sicumera traballante, nella presunzione di superare ogni problema umano affidandosi al ragno famelico dell’intelligenza artificiale.
Il messaggio che viene diffuso dai disegni dei ragazzi alle finestre dei loro rifugi blindati è «Andrà tutto bene», un mantra che dovrebbe portare a una pratica meditativa capace di ottenere precisi effetti mentali, fisici, energetici, che però rimane, nella sua superficialità, un blando placebo consolatorio. E, in effetti, andrà tutto bene; lo speriamo, lo vogliamo, altrimenti a che servirebbe restare dei reclusi a tempo indeterminato? La scienza ce la farà.
Ma rimangono tante domande la cui risposta determinerà le sorti di questo pianeta e dei miliardi dei suoi abitanti dotati di intelletto. I terremoti, gli tsunami, il buco nell’ozono, le isole di plastica nei mari, l’aria, l’acqua, la terra, i cibi inquinati, le siccità e il riscaldamento globale, per citarne alcuni, non sono chiari segnali che ci sta mandando madre terra? Ce la faremo, andrà bene, ma sicuramente non tutto, qualcuno, molti, troppi cadranno nella lotta.
Vedremo il poi, se l’uomo tornerà ad essere un soggetto e non un oggetto manipolato dai potentati di turno, perché la madre terra non demorde, ha tutto il tempo che vuole per farci ragionare. Noi no.
Riccardo Ruttar
La sicumera traballante dell’«homo scientificus»
Ho smesso di contare i giorni da quando mi trovo coi cancelli sbarrati e nessuno che suoni al campanello. Sortite notturne quotidiane, quasi furtive, attraverso il cortile per depositare sul marciapiede davanti a casa i rifiuti. Tempo fa osservavo dalla cucina lo scarso traffico sulla strada e i passi frettolosi di qualcuno sempre più raro, prima che i decreti governativi estendessero il coprifuoco – come suggerisce il nuovo gergo – «h24», per ognuno che non possa mostrare, documento alla mano, quello che una volta era la parola d’ordine.
D’altronde, «siamo in guerra», ripetono glialtoparlanti dei media. Non più «il nemico tiascolta», ma «tutto ti è nemico», potenziale sì, ma nemico: l’amico, il vicino di casa, ilpassante, il fratello, tuo figlio e via elencando,fino all’esclusione totale di qualsiasi essere umano, specie colui che, senza saperlo è già divenuto nemico di sé stesso, covando in seno il veleno mortale sotto forma di
microrganismo parassita delle cellu- le umane cui, paradossalmente, si è attribuito un nome regale. Che sia un dominatore tirannico, crudele, omicida per definizione è innegabile, ma la sua specialità maligna sta nella sua invisibilità, nella sua capacità espansiva e invasiva; un ultramiscroscopico guerriero micidiale nella pancia del cavallo di Troia, dove il cavallo stesso è ogni prossimo troppo «prossimo », come dire: a distanza di starnuto o a una stretta di mano.
Come dicevo, ho smesso di contare i giorni della mia opportuna autodifesa dietro il cancello di casa e non ho alcuna pretesa di contare i giorni a venire, anche perché, se prima d’ora mi preoccupavo man mano di dare un senso ai giorni che Dio mi dà, ora mi preoccupo ancora di più di valorizzare il tempo, direi l’attimo di vita di cui posso disporre.
Ho la perfetta coscienza di questo «attimo» come discriminante tra un passato su cui ho perso ogni potere e un futuro di cui dispongo liberamente solo la direzione, come l’arrampicatore alpino che, aggrappato alla parete a strapiombo, ha la sola possibilità di trovare gli appigli, piantare i suoi chiodi nelle fessure della vita quotidiana e salire. Salire fino alla cima, pur non sapendo quanto lunga sarà la scalata. Salendo la mente può allargarsi al mondo come si estende sempre più ampio il panorama nella salita, e magari immagazzinare nell’animo, gustare nel cuore con maggiore consapevolezza il valore della vita che ferve tutt’attorno.
E io sto qui, appunto, a guardarmi dentro e a cogliere i segnali che oltrepassano il cancello di casa, entrano nella mente e smuovono le corde del cuore. È uno tsunami di notizie, di immagini, di emozioni, di pensieri e sentimenti, di paure e speranze, di illusioni e disillusioni, di frustrazioni e sensi di impotenza, di voglia di libertà nella clausura accettata; nella ricerca di un senso plausibile e compiuto nel bailamme di una tragedia universale.
La mente si allarga in pensieri che spaziano nel tempo e nello spazio, come volessero interpretare la storia e il destino di questa «nostra casa comune » – vedasi «Laudato, si’» di papa Bergoglio –, questo nostro pianeta,
vivente lui stesso, invaso da un’umanità incosciente e suicida, da una specie di parassita ben più visibile e pericoloso del virus coronato. Non sono il primo a dirlo: la terra, la natura, proprio per essere vita e fonte di vita, vuole difendere la vita stessa; la vita di tutti gli esseri viventi, creando le proprie difese, gli antidoti contro la sua malattia cancerosa: l’uomo.
Sarebbe blasfemo chiamare i vari virus, coronati o meno, il vaccino della terra nella propria difesa? E li ha mandati, la terra, i propri segnali contro l’insipienza presuntuosa dell’uomo che crede erroneamente nella propria regalità assoluta sul creato! Basta leggere la storia dell’ultimo paio di secoli, in particolare da quando l’ascesa del sapere scientifico ha iniziato a spodestare qualsiasi trascendenza, relegando i valori spirituali al cosiddetto buonismo dei baciapile e creando nell’«homo scientificus» una sicumera traballante, nella presunzione di superare ogni problema umano affidandosi al ragno famelico dell’intelligenza artificiale.
Il messaggio che viene diffuso dai disegni dei ragazzi alle finestre dei loro rifugi blindati è «Andrà tutto bene», un mantra che dovrebbe portare a una pratica meditativa capace di ottenere precisi effetti mentali, fisici, energetici, che però rimane, nella sua superficialità, un blando placebo consolatorio. E, in effetti, andrà tutto bene; lo speriamo, lo vogliamo, altrimenti a che servirebbe restare dei reclusi a tempo indeterminato? La scienza ce la farà.
Ma rimangono tante domande la cui risposta determinerà le sorti di questo pianeta e dei miliardi dei suoi abitanti dotati di intelletto. I terremoti, gli tsunami, il buco nell’ozono, le isole di plastica nei mari, l’aria, l’acqua, la terra, i cibi inquinati, le siccità e il riscaldamento globale, per citarne alcuni, non sono chiari segnali che ci sta mandando madre terra? Ce la faremo, andrà bene, ma sicuramente non tutto, qualcuno, molti, troppi cadranno nella lotta.
Vedremo il poi, se l’uomo tornerà ad essere un soggetto e non un oggetto manipolato dai potentati di turno, perché la madre terra non demorde, ha tutto il tempo che vuole per farci ragionare. Noi no.
Riccardo Ruttar
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