Aveva rappresentato per qualche secolo il luogo di incontro, quasi uno stimolo all'aggregazione, sicuramente il simbolo di una comunità vivace e attiva. Il grande tiglio (velika lipa) di Monteaperta/Viškorša, che da tempo aveva concluso la sua lunga vita vegetativa, è diventato un monumento alla diaspora del secolo scorso, un flagello che colpì soprattutto la Slavia friulana.
Cimato, sramato, ridotto nelle sue maestose forme, il tronco dell'albero era stato affidato allo scultore maianese Franco Maschio che ne ha ricavato un'artistica rappresentazione di un vecchio emigrante, seduto su una panchina con tanto di valigia, in atteggiamento di raccontare le sue vicissitudini a quanti avranno il piacere di sedergli accanto.
All'inaugurazione dell'opera hanno partecipato il sindaco di Taipana, Elio Berra, l'assessore provinciale Adriano Piuzzi, l'artista Franco Maschio, il capogruppo dell'Ana di Monteaperta, Ivano Carloni, con il vice Arturo Blasutto, braccio operativo della rimozione del tiglio e strenuo difensore della sua trasformazione in monumento all'emigrante.
ÛÈ stato l'arcivescovo emerito mons. Alfredo Battisti a benedire l'opera e a sottolineare la validità di «una iniziativa che ripropone i profondi valori del territorio e che si lega anche a un'azione di salvaguardia della sua storia, ancorché tristissima come quella legata all'emigrazione».
E mentre Carloni incamerava i complimenti ufficiali e vestiva i panni di anfitrione per un brindisi finale, un velo di tristezza non sfuggiva ad Arturo Blasutto, che ha ancora nel cuore il maestoso tiglio dal quale ha preso forma l'effigie dell'emigrante. «Velika lipa — ha ricordato —, così come sempre raccontato dai nostri vecchi, aveva sicuramente più di quattrocento anni. Attorno a quella pianta, simbolo di un preciso contesto socio-culturale, si consumava la vita degli abitanti di Viškorša, una vita intrisa di sacrifici, di povertà, ma di grande socialità e dignità, un mondo che, con i ritmi attuali, ha oggi il sapore delle fiabe».
Ma sicuramente Blasutto crede nei ricorsi storici. Infatti, proprio lui, per conto dell'Ana, fu il promotore per la messa a dimora di una giovane pianta di tiglio, mlada lipa che, germoglio dopo germoglio, potrebbe indurre alla riscoperta di quella identità etnica, storica e linguistica che per secoli contraddistinse l'area montana del Nord-Est.
«Mettere a dimora un nuovo tiglio — ha detto ancora Arturo Blasutto — è stato come recuperare la magia dei giorni della nostra infanzia, ma anche la presunzione di salvaguardare antichi valori».
Un giovane tiglio, insomma, nella speranza di riproporre la favola della vita di un tempo, con le sue storie liete e tristi, come quella tristissima che potrebbe raccontare l'emigrante della «velika lipa».