l Ilaria Banchig
Il Medioevo, contrariamente a quanto si crede, non fu affatto un'epoca buia e, per quanto riguarda la Slavia friulana e dell'Isonzo, l’«oscurità» è dovuta soprattutto alla scarsità di documenti e all’assenza di adeguate indagini archeologiche. La quarta lezione dei Beneški kulturni dnevi, tenutasi il 17 dicembre scorso a San Pietro al Natisone, ha mirato a mettere in luce i caratteri peculiari di quest'epoca tramite un'accurata presentazione delle opere fortificate nelle Valli del Natisone e dei palazzi patriarcali della vicina Slovenia.
Il professor Maurizio d'Arcano Grattoni, docente all'Università di Udine, ha spiegato che sui luoghi, dove vennero costruite le fortezze medievali, sorgevano, molto probabilmente già in epoca romana, delle vedette che svolgevano la funzione di controllare la strada che portava oltre i passi alpini e di segnalare eventuali movimenti sospetti. Le stessa esigenza si era resa urgente in epoca posteriore a causa delle invasioni barbariche che premevano da oriente e settentrione e che mettevano in pericolo il seppur instabile e precario assetto sociale ed istituzionale della regione.
In epoca medievale, il territorio delle Valli del Natisone costituiva la gastaldia di Antro, che confinava con quella di Cividale, al limite tra le due giurisdizioni sorgevano due possenti fortificazioni: il castello di Uruspergo o Guspergo (nei pressi di Sanguarzo), di cui sono rimaste pochissime rovine, e quello di Gronumbergo, sulla sponda sinistra del Natisone. La prima era un feudo del conte di Gorizia che dal 1305 lo “subfeudò” a Giovanni di Villalta. Cividale che più volte aveva tentato di espugnare il castello, ci riuscì solamente nel 1364, anno in cui venne distrutto.
La seconda, nei pressi dell'odierna Purgessimo, era costituita dal castello di Gronumbergo. Il nome di origine tedesca (in italiano: Monte Verde) fa pensare che le sue origini risalgano già al X secolo, ma probabilmente si trattava di un luogo di difesa romano. Possedimento della famiglia De Portis nel 1266, Gronumbergo passò ai Fomentini. Nel 1776 fu acquistato dai Remondini di Bassano del Grappa, proprietari della stamperia che si trovava a San Pietro. Questo insediamento castellano, i cui resti sono ancora imponenti, è abbastanza atipico: è di forma rettangolare ed è ancora visibile parte della sua struttura interna. Evidenti sono le tracce di merlatura e nelle mura si notano dei fori per le travi, che sostenevano i pavimenti dei vani superiori e dei solai. Le finestrelle che fungevano da punto luce, denotano un gusto piuttosto raffinato e fanno pensare che questa fortezza fosse utilizzata anche come abitazione.
Salendo la val Natisone si incontra la Grotta di San Giovanni d'Antro che è il punto di controllo più alto, mentre a Biacis si ergeva il castello di Ahresberg. In realtà, secondo il prof. d’Arcano, questo toponimo, di origine tedesca e che potrebbe significare “nido dell'aquila”, era preesistente al castello. Nei documenti, infatti, non viene mai riportata l'espressione “castello di Ahresperg”, bensì “castello presso Ahresperg”. La sua esistenza è testimoniata a partire dal 1051. Anche se non è nato come feudo familiare, nel 1262 fu dato in abitanza ad Ermanno gastaldo di Antro. Nel 1306 fu assediato dal conte di Gorizia e nel 1364 fu demolito, probabilmente per volere del patriarca. Di esso sono rimasti alcuni frammenti della torre e la pietra attorno al quale si riuniva il tribunale della gastaldia d'Antro.
Il punto più alto delle fortificazioni nella valle del Natisone era la Grotta di Antro che ebbe un ruolo strategico fondamentale già dal neolitico. Nel 1477 perse definitivamente la sua funzione militare e da quel momento fu usata solamente come luogo di culto. La chiesetta della grotta, come del resto la maggior parte delle chiese di questa vallata, è stata progettata e decorata dai mastri architetti e pittori della vicina Slovenia. La cappella, con le volte a ragnatela, è opera dell'architetto Andrea di Škofja Loka che fu incaricato di sistemare l'interno. L'altare ligneo è opera, invece, della scuola di Caporetto e risale alla fine del XVII secolo. Il prof. d’Arcano ha poi presentato il nucleo abitativo, pobabilmente anch’esso fortificato, del paese di Biacis, che di recente è stato restaurato ed arredato in stile medievale.
Procedendo verso la Slovenia, invece, troviamo numerosi castelli o palazzi patriarcali di epoca medievale. Silvester Gaberšček del ministero sloveno della Cultura, nel suo intervento, ha riferito che di queste strutture, in Slovenia al giorno d'oggi, si è conservata solamente la metà.
In seguito alla diffusione del cristianesimo, attorno al IX secolo, l'area venne divisa tra il patriarcato di Aquileia, che aveva anche potere amministrativo, e la diocesi di Salisburgo. Il patriarcato di Aquileia possedeva otto castelli, frutto delle donazioni da parte degli imperatori ai vescovi, che comprendevano castelli e intere porzioni di territorio. Sappiamo, infatti, che Škofja Loka era di proprietà dei vescovi di Bressanone e Bled di quelli di Frisinga.
Dal XIII secolo in poi sullo scenario sloveno si impose la presenza sempre più importante della dinastia dei duchi di Celje. Essi dominarono l'area per circa cent’anni tra il XV e il XVI secolo e furono gli unici che riuscirono a mettere in discussione il potere degli Asburgo, ma in seguito ad un intrigo riguardante le successioni, caddero in disgrazia. All’inizio del XVI secolo, gli Asburgo nel primo anno del loro dominio distrussero la strada di Tolmino e Caporetto, per orientare nuovamente i traffici verso Gorizia.
Gaberšček ha poi preso in esame i castelli patriarcali in terra slovena: da quello di Tolmino, che fungeva anche come residenza estiva dei patriarchi, a quello di Bokenschtein, edificato sui resti di una fortezza romana e gestito dal patriarcato di Aquileia prima del 1077. Proseguendo troviamo il castello di Vipacco, menzionato per la prima volta nel 1228. Inizialmente appartenente ai conti d'Istria, nel 1444 divenne proprietà del patriarcato di Aquileia. Il castello di Predjama, nei pressi di Postumia, aveva, invece, una posizione strategica in quanto era molto vicino alla strada di collegamento tra la pianura friulana e le regioni danubiane. Questa fortezza leggendaria fu di proprietà del patriarcato dal 1274 alla fine del XIVsecolo .
Sulla via che da Postumia porta a Fiume si trova il castello patriarcale di Snežnik menzionato per la prima volta nel 1268, che si trova sotto l'omonimo monte e domina il Golfo di Fiume. È giunto fino a noi integro ed è stato interamente ristrutturato. Su questa via si trovava, inoltre, anche il castello di Loč del XII secolo, di cui oggi sono rimaste solo poche rovine. Esso diventò di proprietà patriarcale nel 1274, per poi passare nel 1470, prima nelle mani dei conti di Celje e poi degli Asburgo. In prossimità del confine con la Croazia si trova invece il castello Kastel che fu di proprietà patriarcale fino al 1436.
Gaberšček ha concluso il suo intervento sottolineando la necessità di preservare la cultura, scoprendone i suoi valori. Nel corso dei secoli il Friuli e la Slovenia sono stati uniti da denominatori comuni, che ne facevano un’Europa in miniatura. Ora la sfida, ha concluso, è la collaborazione nello studio delle fonti storiche comuni per una conoscenza reciproca.