Dalle comunità montane all’unione dei comuni

 
 
Lo schema del disegno di legge della giunta regionale di riforma delle comunità montane, che porta il titolo «Riordino e semplificazione dell’ordinamento locale in territorio montano. Istituzione delle unioni dei comuni montani», mette definitivamente nell’archivio della storia degli enti locali regionali le comunità montane.
Da tempo sul loro conto gravava una serie di epiteti irriverenti: carrozzoni, inefficienti, case di riposo, voragini a fondo perso, ma saranno le unioni dei comuni, che prenderanno il loro posto, a dimostrare se le accuse erano fondate o meno.
Quindi non più comunità montane ma unioni di comuni. Cambiamento solo di nome o anche di fatto? Riordino e semplificazione, termini contenuti nel titolo del ddl, mettono già sulla buona strada, in quanto, come si legge nella relazione, lo schema «deriva dalla volontà di dare soluzione mediante un solo livello istituzionale aggregato sia all’esigenza di succedere all’esperienza, ormai esaurita, delle comunità montane sia all’esigenza di sopperire all’inadeguatezza dei piccoli comuni». Come a dire che le unioni da una parte sostituiranno i vecchi enti, dall’altra prenderanno in carico funzioni dei comuni che, per le loro piccole dimensioni, non riescono a fare fronte ai compiti loro assegnati.
Alcuni amministratori della montagna hanno più volte espresso l’esigenza che i territori da includere nei nuovi organismi amministrativi fossero veramente montani, cioè rispondessero a veri criteri di ‘montanità’ e non si allargassero a comuni che dei disagi di quanti abitano in quota non hanno la minima esperienza. Su questo punto il ddl ha mantenuto le cose come stavano poiché, come precisa la relazione «le consultazioni effettuate sul documento del 5 novembre 2009 hanno fatto emergere un interesse dei comuni pedemontani, anche quelli di maggiori dimensioni (leggi Cividale e Tarcento, ndr), ad essere parte di questo processo di riforma. Ciò non esclude che , alla luce del testo normativo completo, siano espresse richieste diverse che l’amministrazione regionale dovrà attentamente valutare per giungere ad una soluzione che equilibri condivisione e sostenibilità, evitando, ad esempio, di creare assetti istituzionali “a macchia di leopardo”».
Su questo punto appare più chiaro il testo del ddl. L’articolo 5 (c. 4) prevede che i grandi comuni della pedemontana, tra i quali Cividale, Gemona, Tarcento, Tarvisio e Tolmezzo «hanno la facoltà e non l’obbligo di aderire alle unioni dei comuni montani».
Ci sono però anche dei chiari criteri di montanità che verranno tenuti in debito conto «ai fini dell’erogazione di benefici ed incentivi a cittadini, imprese ed altri soggetti», che sono: «altitudine, acclività dei terreni e fragilità idrogeologica, condizioni demografiche, attività produttive insediate, livelli occupazionali, livello dei servizi».
Quali dimensioni avranno le unioni dei comuni che interesseranno la Slavia Friulana? I comuni montani sono stati aggregati in sei ambiti territoriali, ognuno dei quali corrisponde ad un ente locale associativo denominato unione dei comuni. Nell’ambito 3 sono compresi i comuni della Canal del Ferro e della Val Canale; l’ambito 5 comprende i comuni di Attimis, Faedis, Lusevera, Magnano in Riviera, Nimis Povoletto, Taipana e Tarcento; l’ambito 6 si estende su Cividale, Drenchia, Grimacco, Pulfero, San Leonardo, San Pietro al Natisone, Savogna, Stregna, Torreano e Prepotto.
Si tratta, in fin dei conti, della riedizione dal punto di vista territoriale delle comunità montane delle Valli del Torre e delle Valli del Natisone, in veste rinnovata e, si spera, più efficiente e incisiva.
L’unione dei comuni è basata sul modello già consolidato delle vecchie unioni, con la differenza che l’aggregazione degli enti non è facoltativa ma obbligatoria e che la nuova unione obbligatoriamente assume le funzioni delle comunità montane, mentre il patrimonio dei comuni non viene alterato, ma affidato in gestioni alle unioni. La vera novità in questo ambito è costituita dalla diretta attribuzione all’unione di una quota dei trasferimenti ordinari spettanti ai comuni. Come a dire che i vecchi comuni si vedranno tagliate le finanze a favore delle unioni nella speranza che questa si accolli anche le relative uscite.
Il funzionalento dell’unione è, inoltre, caratterizzato dal trasferimento di tutto il personale dei comuni al nuovo ente.
Come verrà il passaggio dalle vecchie comunità alle nuove unioni?
L’esigenza di snellire il processo di costituzione dei nuovi enti, si legge nella relazione, ha comportato la necessità di impegnarvi i commissari straordinari ai quali spetta il non facile compito di precostituire, seppure in via provvisoria, l’organizzazione delle nuove unioni in modo da consentire il funzionamento da subito.
Quali saranno, invece gli organismi che governeranno i nuovi enti montani lo vedremo sul prossimo numero.

Deli članek / Condividi l’articolo

Facebook
WhatsApp