Una democrazia sempre più debole_Vse bolj šibka demokracija

Diversi sono i modi e complesse le interpretazioni del termine «politica». A cercarne su internet il sistema spara in 0,26 secondi circa 42 milioni di risultati. Tanto vale selezionare il primo che mi restituisce il sito: «Politica: Scienza e tecnica, come teoria e prassi, che ha per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica». In termini più espliciti, adattati ai tempi che stiamo vivendo, preciserei così : «La politica è l’attività che riguarda l’acquisizione, l’organizzazione, la distribuzione e l’esercizio del potere nell’ambito di uno Stato, ovvero fra gli Stati. Il potere è politico quando le sue decisioni possono essere fatte valere nei riguardi di ciascun componente di una collettività anche con il ricorso alla forza» (Pasquino 1995).

In democrazia, come nella nostra, la base, l’ispiratore di ogni scelta dovrebbe essere la Costituzione repubblicana e, a mio avviso, va ribadito che ogni tentativo di limitarne i principi, i diritti civili in essa contenuti e sanciti, tende a deformarla e a trascinare il potere verso la riduzione dei suoi contenuti caratterizzanti, snaturandola fino agli eccessi dei poteri di leader dittatoriali.

I mutamenti marasmatici di crisi delle istituzioni sociali, che la nostra politica sta vivendo si evidenziano nello smarrimento, nella confusione, quasi nell’apatia della maggioranza dei cittadini verso una politica mal intesa e mal gestita, dando la sensazione che essa in quanto tale abbia perduto ogni senso. Da cittadino che, comunque non vuole rassegnarsi al «non mi interessa»; al «tanto è tutto inutile»; al «è tutto un magna magna»; al «votare è inutile», al«tanto non cambia nulla»… il processo sociale in atto non va affatto bene. A parte che rimanere estranei o indifferenti alle possibiliopzioni offerte dalla «democrazia», così comedefinita dalla nostra Costituzione repubblicana,oltre che un comportamento stupido, è anche altamente autolesivo e masochistico.

L’esercizio del potere conferito a pochi, e soprattutto da pochi, progressivamente si irrigidisce e l’esercizio del potere stesso perde la sua matrice come espressione della reale volontà dei cittadini in un processo di metamorfosi autoritaria. Se politi-ca e potere sono in simbiosi è il caso di chiedersi qual è, quale sarà, come si evolverà l’esercizio del potere in questo nostro Paese dove la metà della popolazione rinuncia all’esercizio del voto elettivo. 

Come dire che un quarto di elettori, quelli risultati maggioritari, possono decidere sulle sorti di tutti e in condizioni di debolezza di un contropotere alternativo capace di limitarne o mitigarne i possibili abusi, possono fare oggettivamente quello che vogliono. Il che non può non destare serie preoccupazioni sapendo che la preoccupazione di ogni singolo o gruppo al potere fa di tutto per mantenerlo e rafforzarlo con ogni mezzo, anche con mezzi discutibili. Ovviamente tutti sappiamo che il mezzo più efficace in questo processo è l’uso e spesso l’abuso del potere informativo dei mass-media, tv, stampa, social nelle reti informatiche. Che libertà di opinione, di scelte basate sulla conoscenza dei reali termini e delle dimensioni dei fenomeni sociali può avere la società se è il potere costituito a gestirne la diffusione con la facoltà di alterarne, falsificarne, impedendone i contenuti. L’esperienza insegna che, tanto per dire, basta un segnale stradale invertito per provocare uno scontro frontale o magari finire in un budello senza uscita. Fare promesse ingannevoli, creare consapevolmente aspettative irrealizzabili, fomentare paure e discordie per poi proporsi come deus ex machina ai cittadini esasperati è un gioco perverso che il potere spesso usa comemetodo. Per quel che ci riguarda, a seguire l’informazione servile di troppi divulgatori,

il sistema informativo accentratore di oggi fa apparire facilmente il potere politico costituito come una serie crescente di successi nazionali e planetari di stampo quasi taumaturgico. Scendendo al reale, tuttavia, superate le fantasie affabulatorie e le proiezioni stroboscopiche delle promesse, gli eventi concreti suggeriscono immagini di ben altra natura constatando il progressivo deterioramento del bene sociale complessivo. Tanto, a pagare i conti salati dei successi annunciati, a navigare nella bufera tra il dire al fare, ai remi stanno sempre i più deboli, quelli privi di voce e di forza rivendicativa. Voci giornalistiche estere esprimono apprezzamenti sul nostro Paese, costretti dalle circostanze, ben sapendo che ogni costruzione su diverse colonne se crolla una portante va a rischio tutto l’edificio, specie in situazioni di costante e crescente rischio sismico.

Facile intuire il senso politico del discorso in riferimento alla crisi non solo politica «a 360 gradi sull’orbe terraqueo». Possiamo trovare soddisfacente a sapere che la valutazione dei grandi europei da parte di «Politico Europe»abbia inserito nella categoria dei «Doers», cioè i leader più fattivi e concreti, la nostra presidente – pardon: il presidente – del Consiglio e che le sia stato attribuito il simpatico epiteto di camaleonte. Quale il sensodi un simile attributo identificativo? Specie definendo per se stessa come chiave imprescindibile del proprio comportamento la «coerenza».

Intendiamoci, specialmente oggigiorno, possiamo dire che ogni vocabolo può assumere un qualche significato ed il suo contrario, pertanto anche il simpatico animaletto mutevole e cangiante nell’aspetto a seconda delle varie situazioni e contesti in cui si trova, rimane pur sempre se stesso, furtivo, con le sue zampette, capace di sparare una pericolosa lingua retrattile a ventosa per acchiappare ogni possibile preda. Alquanto bizzarra mi è sembrata l’associazione di questo particolare elemento della fauna terracquea, umanizzando il camaleonte e viceversa. Scherzoso, ironico, dispregiativo, offensivo, diffamatorio, azzeccato? Comunque un ghiotto bocconcino per i satirici di professione ed elemento di dibattiti, battute e magari anche di riflessioni sulle sorti del nostro Paese tra capitani irrequieti, camaleonti e cittadini definiti a ragione «sonnambuli».

Riccardo Ruttar

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