Tisočem ljudi grozijo poplave_In migliaia a rischio alluvione

Paolo Grosso (a destra)/Paolo Grosso (na desni strani)

«State sereni, ma sempre allerta per capire i cambiamenti climatici in atto!». L’invito alla tranquillità, ma anche alla prontezza e all’attenzione, viene da Paolo Grosso, coordinatore del Distretto di Protezione civile delle Valli del Natisone e responsabile del gruppo comunale di Moimacco. Il Distretto unisce 12 comuni della montagna e della pedemontana, un esempio riuscito di sinergia tra pianura e montagna (si estende da Drenchia a Remanzacco, alle porte di Udine) che in altri ambiti amministrativi ed economici raramente è riuscita. Una solidarietà più che logica, anche se per nulla scontata: se la montagna è in dissesto idrogeologico, non drena l’acqua e non la rallenta, più velocemente si alza il livello dei torrenti in pianura che lambiscono i grossi centri abitati della pedemontana cividalese.

«Il cambiamento climatico, il ripetersi sempre più frequente di bombe d’acqua, precipitazioni molto concentrate in poche ore, eventi alluvionali – spiega Grosso – non devono lasciare indifferenti i cittadini. Chi vive sul territorio può intuire e segnalare situazioni nuove di pericolo generate dai nuovi parametri climatici. Ma allo stesso tempo i cittadini possono stare sereni, perché sul territorio opera un efficace sistema di Protezione civile che si addestra e si attrezza continuamente per rispondere alle nuove situazioni».

Grosso ha avuto una esperienza diretta del dramma vissuto dalle popolazioni dell’Emilia Romagna: «Come Distretto Valli del Natisone abbiamo organizzato una squadra di 13 volontari per andare ad aiutare nella zone del disastro. Ciò che caratterizza il Distretto Valli del Natisone è un forte sentimento di solidarietà tra i comuni e verso l’esterno. Il 20 e 21 maggio avevamo già organizzato una grande esercitazione proprio simulando un’alluvione, con il coinvolgimento di tre territori comunali, ma l’abbiamo prontamente annullata per poter partecipare a questa missione di solidarietà per contrastare l’emergenza in Emilia Romagna».

Che situazione emergenziale avevate ipotizzato in questa esercitazione?

«Tre esondazioni di fiumi (l’Alberone e il Cosizza) in tre comuni e una frana in un quarto comune con una evacuazione della popolazione e conseguente montaggio dei ricoveri per metterla in sicurezza. Inoltre si ipotizzava a Moimacco il posizionamento di sacchi per elevare gli argini alla confluenza dei torrenti Chiarò e Grivò a rischio esondazione».

Quando lei a Moimacco vede il Matajur col «klobuk», coperto da minacciosi nembo cumuli, a quale zona del territorio va la maggiore preoccupazione?

«Sicuramente la parte sud del comune di San Pietro al Natisone, alla confluenza del Natisone, del Cosizza e dell’Alberone, poi lo Judrio a Prepotto e i torrenti che solcano i territori di Faedis, Torreano, Moimacco e soprattutto Remanzacco, dove il Malina scorre a due passi dal centro cittadino».

Cosa accade quando si verifica un rischio alluvione?

«Il Piano comunale di emergenza, che tutti possono consultare sul sito internet della Protezione civile del Friuli-Venezia Giulia, prevede già il luogo in cui viene costituito il Centro operativo comunale (Coc) da cui dipendono tutte le decisioni sulle operazioni da effettuare e partono gli ordini per le squadre di soccorso. Sono già previsti, all’occorrenza, i luoghi di raccolta della popolazione nel caso in qualche zona sia necessario abbandonare le case. Abbiamo una dotazione significativa di mezzi di soccorso come pick up e furgonati ed ora ci hanno finanziato anche l’acquisto di un camion allestibile con una gru, un modulo antincendio da 6 mila litri e un container per il trasporto di materiale. Laddove non sia sufficiente l’intervento della protezione civile a livello di distretto, viene allertata la sala operativa regionale a Palmanova, coordinata con i vigili del fuoco, che invia mezzi e uomini da altre zone della regione e, se serve, anche oltre».

In che misura queste nuove situazioni alluvionali sono prevedibili?

«I bollettini e le allerte meteo vengono sempre emessi e in caso di pericolo siamo sempre in allerta anche se apparentemente splende il sole. Sempre più spesso il meteo ci sorprende. È successo in passato, ad esempio, che a Moimacco splendesse il sole, mentre a soli 2 km la vicina frazione di Ziracco fosse sommersa dall’acqua».

Quanto addestramento fate in un anno per contrastare gli effetti del cambiamento climatico?

«Circa 40 ore tra addestramento intercomunale ed esercitazioni che sono più complesse perché coinvolgono mezzi di diversi comuni e della Protezione civile regionale e simulano situazioni operative concrete. Inoltre ci troviamo spesso assieme, proviamo diverse situazioni operative, ci conosciamo per affinare le procedure operative, l’attrezzatura è uguale in ogni comune perciò siamo pronti ad usarla a vantaggio di tutti indipendentemente dal comune in cui scatta l’emergenza, abbiamo un modus operandi tra noi molto rodato ed efficace».

Quanti sono i volontari di Protezione civile in servizio nel Distretto?

«Circa 200, la gran parte sempre pronta e disponibile per le emergenze. Non è poco, perché ovviamente i volontari hanno un lavoro da cui sono dispensati solo in caso di emergenze proclamate dal Dipartimento nazionale. Per tutto il resto dell’attività (la maggior parte) usano esclusivamente il loro tempo libero o le ferie».

Qual è l’identikit del volontario di Protezione civile?

«In alcuni comuni, come a Moimacco, l’età media è bassa e si attesta sui 35 anni, ma non tutti hanno questa fortuna. I comuni piccoli di montagna fanno fatica a trovare ragazzi disponibili, anche perché il numero assoluto di queste classi di età e già di per sé basso. Tra i giovani conta molto il passaparola: se ne entra uno appassionato e motivato poi ne porta dietro altri. Posso dire con orgoglio che lo scorso anno ho mandato due ragazzi di 22 anni, molto ben addestrati, a supportare le squadre per lo spegnimento del grande incendio boschivo sul Carso. Sono situazioni delicate per gli operatori di Protezione civile, perché è un attimo trovarsi in difficoltà, ma quando si hanno giovani ben preparati ci si può fidare. Quello degli incendi è un settore molto rilevante: d’estate ma anche a febbraio e marzo, stiamo con i mezzi antincendio carichi pronti ad intervenire». (Roberto Pensa)

Treba je biti stalno pozorni do  morebitnih vremenskih sprememb. Tako svetuje Paolo Grosso, koordinator Okraja za Civilno zaščito Nediških dolin in odgovorna oseba za skupino Civilne zaščite v Mojmagu, v intervjuju za petnajstdnevnik Dom. Okraj, ki ga koordinira, združuje dvanajst občin od gorskega območja do nižine (od Dreke do Remancaga). Občutek solidarnosti vseh teh občin izvira iz dejstva, da so vse med sabo povezane. Če prevelike količine vode ne ustavijo že na gorskem območju, se bodo poplave hitro širile tudi po vaseh na nižini.

Klimatske spremembe in vse večje število kratkotrajnih in zelo močnih padavin so dejstvo, vendar v Furlaniji Julijski krajini razpolagamo z učinkovito mrežo Civilne zaščite.

Z Okraja za Civilno zaščito Nediških dolin so med drugim pred kratkim šli pomagat poplavljencem v deželi Emiliji-Romanji, in sicer s skupino 13 prostovoljcev.

Kadar se na vrhu Matajurja obetajo močne padavine, Grosso misli najprej na morebitne posledice v južnem predelu občine Špietar ob sotočju Nadiže, Kosce in Oborne, nato na Idrijo v Prapotnem in potoke v občinah Fojda, Tavorjana, Mojmag in Remancag.

Tveganje za poplave je vsekakor že zdavnaj spodbudilo pripravo občinskih načrtov Civilne zaščite za ravnanje v izrednih razmerah. V vsaki občini razpolagajo prostovoljci s podobno tehnično opremo; to ob potrebi olajša pomoč tudi v okoliških občinah.

V primeru, da sama pomoč Okraja za Civilno zaščito ni dovolj, priskočijo na pomoč še iz deželnega sedeža v Palmanovi, ki je v stiku z gasilci in lahko pošlje prostovoljce tudi iz drugih krajev.

V celem Okraju deluje okoli 200 prostovoljcev. Njihova povprečna starost je nižja v nižinskih občinah, višja pa na gorskem območju. Letno opravljajo okoli 40 ur vaj, na katerih simulirajo tudi pomoč v izrednih razmerah.

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