Riscoprire Oblizza, ovvero l’importanza della memoria

 
 
«Un tentativo di offrire a chi ancora vive in paese uno spunto per ricordare, e ai visitatori della zona una traccia per scoprire vicende e persone che il trascorrere del tempo ha fatto svanire nelle nebbie del passato». Si tratta del libro «Oblizza e dintorni — Quattro secoli di storia locale», un poderoso e ponderoso omaggio che l’emigrante «oblizzese» a Milano, Renato Predan, ha voluto offrire ai suoi compaesani e a coloro che in un modo o nell’altro si sentono collegati con questo piccolo mondo. Nella realizzazione della sua opera, per darle forma e correttezza, Renato si è fatto aiutare da Mariadora Mangini, anch’essa di salde radici materne oblizzesi. Ci vogliono passione, costanza, capacità di ricerca e attenzione eccezionali per raccogliere, catalogare, organizzare, la marea di dati, di documenti, di fotografie, di memorie e di aneddoti che vengono presentati nelle 200 pagine del volume. E per fare ciò ci sono voluti 15 anni di paziente lavoro di ricerca, di ricostruzione delle memorie famigliari, di appunti, di letture, di contatti, di quella particolare sensibilità e abilità nei rapporti con le persone che hanno permesso a Renato di accedere ai documenti, alle confidenze, ai dati anagrafici, alle immagini che la gente gli ha fornito.
Il paese di Oblizza, le frazioncine che vi gravitano, Saligoi — Šalguje, Raune, Podgora — Podguora, Dughe — Duge, diventano per Renato un sito archeologico dove, con pazienza scava con cazzuola e pennello per ritrovarne le tracce, preziosi reperti di quattro secoli di vita. Archivi parrocchiali, pubblicazioni specializzate, diari e ricerche di diversi autori offrono spunti e materiali, per ripercorrere la storia passata del luogo dai primi documenti storici, per poi ricostruire per ogni famiglia la genealogia, a partire dai primi anni del 1600. Così i cognomi Borgù, Saligoi, Bledig, Chiabai, Predan, Vogrig, Marchig, Dugaro, per citarne alcuni, si riempiono di una nuova vita e centinaia di fotografie — da quando la gente poté usufruire di questa tecnologia — danno i volti della gente che ha dato senso umano a questa piccola porzione di territorio sul confine italo-sloveno.
Il volume è concepito senza particolari pretese scientifiche — riferiscono gli autori — ma sono indubbie la validità, l’ampiezza e l’accuratezza del lavoro di ricerca.
«Seduti nel portichetto dei Na Dolin, stiamo riflettendo sul come e sul perché di una microstoria di Oblizza… Ci basta chiudere gli occhi per trovarci davanti la Goriza — Gorica di non molti anni fa», si legge sotto il capitoletto «Riscoprire Oblizza ovvero l’importanza della memoria» ed il bello sta proprio in questa riscoperta, di questo sforzo di riunire in pagine scritte tutto quanto di rilevante sia possibile rintracciare, a partire dai «casati», un mondo fatto di famiglie, di persone concrete, per molte delle quali affiorano aneddoti, informazioni spicciole, legami parentali, piccole storie di emigrazione, di disgrazie, di fatti legati alle guerre, di notiziole spicciole, che arricchiscono i singoli nudi schemi genealogici.
L’affetto, l’amore, la compartecipazione che Renato ha profuso nel suo lavoro è stato recepito dalla gente, tanto che — come mi ha riferiti egli stesso — una delle ricompense morali più significative gli è venuto come complimento da uno dei suoi informatori, forse a nome di tutti. In parafrasi potrebbe essere esplicitato in questi termini: «Sei stato un elemento pacificatore per tutti noi; uno che, ricostruendo i legami tra famiglie, ha contribuito a rinsaldarne i legami e a superare i dissidi e le incomprensioni». Una persona su cui tutti hanno posto fiducia tanto da affidargli i preziosi cimeli di famiglia, da comunicargli ricordi e confidenze.
Chi oggi non trova nel testo un ricordo particolare, la fotografia o l’aneddoto se ne rammarica, perché si sente in qualche modo escluso. Ma non per questo rinuncia a rimborsare a Renato le spese di stampa per appropriarsi di una copia del libro che contiene in sé la mappa di una piccola comunità dove tutti conoscono tutti per diverse generazioni.
Autore, fotocompositore ed editore, Renato Predan, con l’aiuto e la consulenza dell’amica Mariadora, ha fatto tutto da sé. Il libro è andato a ruba tra i compaesani, e non solo, ed egli è costretto a far stampare altre copie presso la Cromografia Roma S.r.l., cui ha fornito il proprio impaginato, confezionato con cura sul suo computer. Ha pensato «in piccolo» e forse anche per questo ha optato per una grafia «insolita» delle parole slovene. Ma questo lavoro può assumere un significato molto più vasto e pertanto qualora vi fosse un interesse nel mondo culturale sloveno, nulla vieta una scelta grafica più consona ad un documento di questa portata.
Per essere un lavoro «artigianale» non resta che fare i complimenti all’artigiano!

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