Predicatori, meteorologi, pedagoghi e operatori sociali della Slavia

Tra i sacerdoti che Carlo Podrecca ricorda nella Slavia Italiana (cit., p. 99) quali personaggi illustri troviamo anche p. Michele Tomasetig e p. Antonio Banchig, gesuiti, ricercati predicatori in varie regioni italiane e all’estero, che vissero gli anni del Risorgimento e i primi decenni del Regno d’Italia con una profonda sofferenza nel vedere la Chiesa e il proprio ordine emarginati quando non apertamente angariati nel corso dei moti risorgimentali e dalle leggi del nuovo Stato.
P. Michele Tomasetig, nacque a Sorzento, parrocchia e comune di San Pietro degli Slavi, nel 1837; entrò nella Compagnia di Gesù nel 1858. Studiò a Gorheim (Germania), a Feldkirch (Austria) e a Roma. Per un breve periodo insegnò nel collegio dei gesuiti a Zara poi fu destinato a Gorizia, dove venne accolto a braccia aperte perché conosceva tutte le lingue che si parlavano nell’arcidiocesi: sloveno, tedesco, italiano. Per un breve periodo fu anche a Praga. P. Tomasetig fece parte della comunità gesuitica goriziana per ben 26 anni, esercitò il ministero di predicatore principalmente nelle diocesi di Gorizia e di Udine (nell’agosto del 1876 a Liessa). Nel dicembre del 1874 con p. Banchig predicò le missioni nel Canale di S. Pietro in Carnia. Morì il 22 ottobre 1898. Fu da tutti considerato un santo.
Anche se di p. Antonio Banchig (Tarcetta 1814 – Gorizia 1891) è già stato più volte scritto su queste pagine, va lo stesso ricordata la sua straordinaria missione di predicatore di missioni al popolo, di esercizi spirituali, tridui, quaresimali, novene sia nelle cattedrali che nelle più sperdute chiese di montagna di tutta la provincia veneta della Compagnia di Gesù e nelle regioni vicine, così come in Dalmazia e Slavonia e perfino nel cuore della Compagnia, la chiesa del Gesù a Roma. Memorabili sono rimaste le missioni predicate nelle parrocchie di San Leonardo, San Pietro e Drenchia. Raggiunse l’apice del suo ministero nel giugno del 1863 quando pronunciò l’orazione ufficiale nella manifestazione conclusiva delle celebrazioni del terzo centenario della fine del Concilio di Trento (1545-1563) tenuta nel duomo di quella città. Memorabili sono, inoltre, P. Banchig che compì gli studi nel seminario di Udine e fu consacrato sacerdote nel 1837. Dopo alcuni anni di cura pastorale nelle parrocchie del Friuli, nel 1844 entrò nella compagnia di Gesù. Oltre alla sua attività di predicatore p. Banchig va ricordato per aver fondato ed essere stato superiore della prima residenza dei gesuiti a Udine (1865) che però rimase attiva per soli nove mesi, cioè fino al luglio del 1866, quando all’entrata delle truppe italiane a Udine con i confratelli si rifugiò  a Gorizia. Qui rifondò la comunità gesuitica, assente da molti anni, ed oltre a svolgere il suo ministero si dedicò  alle opere caritative e sociali promuovendo la presenza dei cattolici nella vita politica e culturale.
Nella sua Slavia Italiana Carlo Podrecca ricorda ricorda due Clodig, originari dell’omonima borgata dove si trova il municipio del comune di Grimacco. Il più anziano, che si chiamava Giovanni, fu, tra l’altro, un convinto sostenitore del Risorgimento . Nacque nel 1828, compì gli studi superiori a Udine, poi si iscrisse all’Università di Padova dove studiò matematica, fisica e meteorologia. Nel 1848 combattè contro gli austriaci a Montebello e l’anno seguente si distinse nella difesa di Venezia. Conseguì il dottorato nel 1852 e nel 1864 anche la laurea in ingegneria civile. Dal 1854 insegnò nelle scuole superiori di Udine. Giovanni Clodig è ricordato per aver organizzato il servizio meteorologico in Friuli che aveva la sua sede a Udine e quattro osservatori a Pordenone, Tolmezzo e Pontebba, che poi furono portati a dieci. Sull’argomento ogni anno pubblicò il bollettino Le osservazioni meteorologiche e gli Annali scientifici del R. Istituto tecnico di Udine. Diede alle stampe altre pubblicazioni scientifiche, tra le quali Livellazione barometrica del monte Matajur nel Friuli (1870). Clodig fu molto attivo nella vita culturale udinese; fu socio, segretario e presidente dell’Accademia di Udine; collaborò con numerosi contributi agli Atti dell’Accademia stessa. Morì nel 1898. Nel discorso funebre Francesco Musoni sottolineò che Giovanni Clodig non dimenticò mai la terra natia e si adoperò per il suo progresso.
Il secondo famoso Klodič/Clodig si chiamava Antonio, nato nel 1836 e noto con il titolo nobiliare conte Sabladoski, cognome adottato dalla madre Ana, il cui padre Aleksander, polacco, fu ufficiale di Napoleone e per qualche tempo si stabilì a S. Floriano del Collio / Števerjan. Il fratello di Ana, Josip, fu per 30 anni parroco a Livek / Luico, dove sotto la guida dello zio Anton iniziò gli studi che continuò a Caporetto e a Gorizia, prima nel ginnasio e poi nel seminario, da dove uscì nel 1857 per iscriversi all’Università di Vienna. Nel 1861 si laureò in filologia classica ed iniziò ad  insegnare prima a Graz poi a Spalato, Trieste, Gorizia, dove si inserì nell’ambiente culturale sloveno. Nel 1869 divenne ispettore per le scuole del Goriziano, in seguito dell’Istria e della Stiria. Si adoperò in particolare per l’organizzazione e la modernizzazione delle scuole popolari e medie anche in lingua slovena, che da lui ricevettero un grande impulso. Diede alle stampe alcune importanti pubblicazioni su argomenti pedagogici e didattici. Anton Klodič fu autore di una grammatica greca, di opere letterarie in latino (si dedicò allo studio delle satire di Orazio) e sloveno. Nel 1870 pubblicò a Pietroburgo il trattato O narečjih Beneških Slovencev (Sui dialetti degli Sloveni della Benecia) e tre racconti nel dialetto del Natisone. Conobbe e collaborò con il noto linguista Bauduin de Courtenay. Pubblicò in tre volumi gli scritti di suo suocero J. Pagliaruzzi-Krilan di Caporetto. Fu autore di poesie, satire, racconti, testi teatrali in sloveno. Nel 1912 fu data alle stampe la sua opera epica in 8.197 versi dal titolo Livško jezero (Il lago di Livek) ambientata all’epoca delle crociate sull’isola del lago di Livek, dove il nobile Srečko aveva il suo castello. Per la sua attività di pedagogo Anton Klodič ricevette numerosi riconoscimenti da parte dell’imperatore d’Austria. Morì nel 1914 a Trieste.
Nel 1836 nacque a Pulfero Giuseppe Manzini. Fu sindaco di Rodda, poi si trasferì a Udine, dove fu per lunghi anni segretario dell’Istituto tecnico. Ma Giuseppe Manzini è ricordato per la sua strenua lotta contro la pellagra, malattia che colpiva i contadini e i ceti sociali più deboli dovuta alla carenza della vitamina B2 nell’alimentazione. Per combattere questa piaga sociale promosse l’istituzione dei forni rurali e si rivolse con petizioni alle autorità civili e religiose; scrisse perfino a Garibaldi, allora deputato del parlamento italiano. Nel 1875 diede alle stampe il Manuale del contadino, nel quale scrive della pellagra e dei metodi di allevamento del baco da seta. Nel 5. centenario della morte di Giovanni Boccaccio (1875) tradusse nel dialetto sloveno di Rodda (in una grafia slovena un po’ incerta) una novella del Decamerone, la IX della prima giornata Il re di Cipri, da una donna Guascogna trafitto, di cattivo valoroso diviene, che fu pubblicata a cura di Giovanni Papanti nel volume I parlari italiani (qui a fianco pubblichiamo il testo come scritto dal traduttore). Giuseppe Manzini morì a San Daniele del Friuli nel 1920.

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