Per la montagna partorito un topolino

 
 
Questa volta non è stata la montagna a partorire un topolino. Ma, dopo tanto rumore, è stata la maggioranza di centrodestra che governa la Regione a partorire un topolino per la montagna. Hanno proprio ragione i consiglieri regionali Franco Iacop, Enzo Marsilio e Sandro Della Mea — tutti del Pd — a evidenziare che la nascita delle Unioni dei comuni montani, come delineato nel testo uscito dalla Quinta commissione, non attua «alcuna semplificazione, considerato che dalle attuali quattro comunità montane si passa a nove enti intermedi, producendo aumento dei costi, delle strutture burocratiche e dei centri decisionali».
E il fatto che questo appesantimento della macchina amministrativa in tempi in cui la crisi economica richiede sacrifici a tutti è un’ulteriore aggravante alla clamorosa retromarcia innestata sul tema dal presidente Renzo Tondo. Fu lui, infatti, nel suo primo mandato, ad accorpare le Comunità di allora in Comprensori montani. Ora incomprensibilmente torna all’antico.
Se davvero si fosse voluto snellire gli enti locali e attuare nei fatti una politica più efficace per la montagna, sarebbe bastato togliere dalle Comunità montane i Comuni che di montano hanno poco e niente per territorio nonché per condizione sociale ed economica.
In realtà il disegno di legge n. 150 che va all’esame dell’aula, al terzo comma dell’articolo 2, a certe condizioni dà la possibilità ai Comuni di non aderire all’Unione o di passare a una adiacente.
Ad esempio, Cividale potrebbe restare fuori dall’Unione del Natisone, mentre potrebbero aderirvi Faedis, Attimis, Taipana, Nimis e Lusevera. Nascerebbe così una «Magnifica comunità della Slavia», omogenea territorialmente ed etnicamente, che potrebbe dare risposte davvero efficaci alle valli del Natisone e del Torre, fugando anche i fondati timori di emarginazione espressi sulla riforma dagli eletti di lingua slovena.
Per arrivare a questo, i nostri amministratori dovrebbero mettere da parte divisioni e interessi di parte, ponendo al primo posto il bene dei loro cittadini attraverso scelte rigorose e lungimiranti. Temiamo, a ragion veduta, che non ne siano capaci.

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