Paisii Velichovsky sulla via dei Padri della Chiesa

 
 
Santità, spiritualità e monachesimo: è in queste tre parole che può essere riassunta l’intera vicenda umana di Paisii Velichkovsky che dedicò gran parte della sua vita nella traduzione in slavo delle opere più significative dei Padri della Chiesa d’Oriente, in particolare Giovanni Crisostomo, Isaac il Siro ed Efrem il Siro: ciò che colpì maggiormente l’attenzione di Paisii furono le pagine dedicate alla preghiera e alla pratica ascetica, le due componenti principali per poter raggiungere le vette di quell’illuminazione interiore che funge da catalizzatore nel rapporto con Dio. L’amore di Dio si estrinsecò ben presto attraverso una intensa attività teologica e letteraria.
Nato nel 1722 in una famiglia molto pia (la madre Irina entrò in monastero nell’ultimo periodo della sua vita, così come avevano fatto altre donne della famiglia) e devota di lunga tradizione clericale (il padre, il nonno e il bisnonno erano infatti sacerdoti della Chiesa d’Oriente), il giovane Peter (il futuro Paisii) già da piccolo mostrò una particolare predilezione per l’introspezione e l’isolamento, al punto che era difficile poterlo sentire parlare. All’età di tredici anni varcò le soglie dell’Accademia Teologica di Kiev e venne affidato alle cure spirituali di due grandi teologi dell’epoca: l’arcivescovo Simon di Pskov e il metropolita Arsenii di Rostov.
A 19 anni venne ordinato monaco, avendo scelto questo modo — il monachesimo — per dedicare la propria vita a Dio. La ricerca dell’isolamento per poter pregare senza distrazioni e del misticismo più intenso, lo spinse a lasciare un luogo super affollato come l’Accademia per cercare nelle grotte degli eremiti e nelle piccole chiese rupestri delle foreste della Moldavia chi aveva scelto il silenzio e la vita eremitica per migliorare la propria preghiera. Qui venne in contatto con molti anacoreti e monaci esicasti, tra cui lo staretz Vasili di Poiana Marului che ebbe grande importanza per il completamento della sua formazione mistica e per l’esempio di obbedienza a Dio, di umiltà e di preghiera profonda, quella appunto tipica del movimento esicasta. Sempre alla ricerca di un più alto grado di spiritualità, Paisii giunse nel Monte Athos, il più grande centro del monachesimo e della spiritualità orientale, per affinare non solo il proprio bisogno di preghiera, ma anche per fare ulteriore esercizio di compunzione e di obbedienza.
Le sue qualità spirituali e la profondità della sua fede lo posero al centro dell’attenzione dei confratelli che lo elessero a guida spirituale.
Il gradino più alto della sua vita monastica lo raggiunse però nel monastero moldavo di Niamez che, sotto la sua guida, divenne uno dei centri maggiori della spiritualità della Chiesa d’Oriente in Romania, convogliando all’interno delle sue mura oltre mille monaci provenienti da tutto l’Oriente slavo. Il compito che Dio aveva riservato fin da subito al giovane Paisii divenne lo scopo dell’intero monastero e la traduzioni delle opere fino ad allora poco o per nulla conosciute dei Padri della Chiesa d’Oriente proseguirono alimentate dall’incoraggiamento che Paisii, neo rettore del monastero, tributava ai suoi monaci. Nel disegno della Provvidenza, questa attività fu preziosa per la rinascita della vita spirituale monastica in rapido declino a seguito delle ordinanze anti religiose dello zar Pietro e della zarina Caterina e del giro di vite da loro imposto sull’intera Chiesa d’Oriente: il famoso monastero di Optina, a sud-ovest di Mosca, ad esempio, riprese vita attraverso il bagno di spiritualità che gli insegnamenti dei discepoli di Paisii portarono al suo interno.
L’importanza di Paisii nell’ambito della Chiesa slava d’Oriente non dipende solo dalla santità della sua vita, né dal fatto che insieme a Gregorio di Palamas seppe difendere l’esicasmo e portare la preghiera a livelli altissimi, né dall’aver saputo ricostruire la spiritualità monastica riportandola ai fasti iniziali. La sua impagabile attività fu quella di aver saputo ricondurre la Chiesa d’Oriente e i suoi fedeli direttamente alle fonti della spiritualità e della cristianità, quelle che in pratica devono ispirare la vita di ogni credente, laico o religioso che sia.
È il Kondak nell’ottavo tono della celebrazione in suo onore il 15 di novembre che fa capire meglio l’importanza del suo lascito: «Al pari di un’ape laboriosa, sei stato un pugnace propagatore della vita monastica, fornendo alle nostre anime gli scritti dei Padri con cui ci guidi lungo la strada della salvezza. È per questo che ti diciamo: ‘Gioisci, o saggio Paisii, poiché per tuo tramite gli insegnamenti dei Padri spirituali sono giunti fino a noi’».
Dobrotolyubiye, la Filokalia, l’amore per il bene / per il bello, è l’apporto teologico di Paisii Velichkovsky e buona parte della sua attività riguarda il modo di comportamento di chi è chiamato ad essere pastore degli altri: «I nostri santi Padri hanno dato testimonianza — scrive il Santo — che non è giusto né per i monaci né per i laici vivere senza una guida spirituale che, nel caso dei primi, possa trasformarli in pastori per portare le anime dei confratelli nel pascolo della salvezza. La base e il fondamento di ogni sacerdote deve essere l’umiltà e la mitezza, senza malizia, in grado di dare esempio di pazienza e di castità ai suoi figli spirituali. I fedeli, da parte loro, dovrebbero essere nelle mani del sacerdote come uno strumento nelle mani del maestro o come creta tra le mani del vasaio».

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