Oblietnice lahko pomagajo!_Meno male che abbiamo la nostra Costituzione

costituzione_italiana_70anniZa novo lieto 1948 je paršla v veljavo naša donašnja ustava (kostitucion). Kàr se ima 70 liet, se gre v penzijo, takuo de nie bluo velikega praznovanja ob okouni oblietnici. Ustavi pa muoramo dati veliko pozornost an spoštovanje, ne samo zak’ je glavni zakon daržave, ampà, zak’ ima v sebé, posebno v parvih 16 členih (artikolnah), glavne pravice, v katerih je dostojanstvo vsakega človieka. Prù tele človiekove pravice so glavni kaman, na katerem se more zazidati vso hišo an v njo sparjeti vsakega človieka. Posebno za nas vajata dva člena, 3. an 6. V trečjem so zapisane osnovne človekove pravice, ki so enakopravnost moških an žensk, brez gledati kateri so njih jeziki, mišlenje, farba kože an kjek takega. Vsi so vriedni le tistega spoštovanja. V šestem pa je pravica jezikovnih manjšin, se pravi ljudi, ki na guoré po italijansko, de so varvane an ovrednotene (valorizane). Daržava muora skarbieti, de, kar je zapisano, na ostane samuo besieda na karti, a de se uresničuje v vsakdanjim življenju. Lahko smo veseli za vsebino ustave, ne takuo pa za uresničevanje. Vemo, kakuo težkuo se je paršlo do enakopravnosti med moškimi an ženskami. Če pa pogledamo na našo slovensko jezikovno manjšino, videmo, de je dobila realno priznanje samuo 14. febrarja lieta 2001. Tala zamuda je bla zelò škodljiva za nas, zak’ v 50 liet se je naša domovina sparznila. V tuolim smo tudi mi nomalo krivi, zak’ niesmo imieli tarkaj poguma, tarkaj kuraže, da bi se odkrito pokazali pred vsiemi, za kar smo. Muoramo žalostno ponoviti, de je tolo pomanjkanje poguma tudi pomanjkanje zavesti. V nekaterih – an jih je previč – prevlada nestarpnost an zanikanje svoje identitete. Sada pa, kàr se na more zatajiti slovanskih korenin, se je rodiu razkol, ki je arzspartiu naš narod v dva tabora. Vsi guoré le tist jezik, a ga kličejo drugač. Vse tuole, da bi špalili an preprečili pravo rast našega naroda. Pa nie vse izgubljeno. Nam manjka še adna štopinja, de se zavedamo, da smo adni an drugi, tuo je vsi, iz le tiste družine, iz le tiste žlahte. Če bomo uspoštevali, kar ustava prave, bomo imieli tudi parložnost, de ratamo nazaj adna sama družina, takuo ki je bluo pred 150. lieti. Oblietince pomagajo! (Marino Qualizza)

Mi sono chiesto anche altre volte per quale arcano motivo l’art. 116 della Costituzione italiana dichiari: «Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/ Vallée d’Aoste dispongano di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale ». Qualche ragione particolare per ognuna di esse c’era se la Costituente ritenne di inserire quell’articolo nel dettato costituzionale. Guarda caso il Friuli V. G. apriva la serie, ma mentre gli statuti delle altre regioni ebbero la loro brava Legge costituzionale già il 26.2.1948, – ancora, guarda caso – la nostra dovette attendere il 31 gennaio 1963. Tre lustri. Raramente si sente accennare al fatto che la nuova Repubblica dava per scontato che la ragione principale della specialità delle Regioni del Nord fosse legata alla presenza di minoranze nazionali/linguistiche; bisogna prendere atto che così dava senso all’art. 6 (la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche). Non si dimentichi che nella nostra regione, allora, di minoranze autoctone riconosciute c’era solo quella slovena, certo non amata neppure dopo la proclamazione della Costituzione di cui celebriamo i 70 anni. Per una legge dello Stato, anche se raffazzonata e per nulla risarcitoria, che riconoscesse il vero diritto alla tutela degli sloveni in Italia si dovette attendere la soglia del terzo millennio, ben 53 anni. Meno male che ce l’abbiamo la nostra Costituzione! Essa ha riconosciuto oggettivamente e giuridicamente le minoranze linguistiche come parti integranti del popolo italiano, come propri cittadini e se esse non avessero avuto bisogno di tutela sarebbe stato inutile discuterne per inserirlo nel sesto dei suoi principi fondamentali. In teoria sarebbero bastati, opportunamente interpretati, già gli art. 2 e 3. Nel secondo si garantiscono i «diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali…». E qui segue una precisazione che ci interessa da vicino: «Formazioni sociali… ove si svolge la sua personalità». Non solo il diritto del singolo ma del gruppo sociale in cui nasce, cresce, si evolve; ove costruisce la sua identità assimilando dalla «formazione sociale» cui appartiene la lingua, i valori, le tradizioni, la cultura, le abilità, i legami simbiotici con la propria gente e il proprio territorio. L’art. 3 stabilisce non solo i diritti ma parla di dignità: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». L’articolo prosegue impegnando la Repubblica a «rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini ed impediscono il pieno sviluppo della persona umana». Potremmo dire: cosa richiedere di meglio? Per noi di minoranza e per tutti? Semplice: fatti, azioni concrete, leggi che attuino gli intenti dichiarati, provvedimenti che portino chiunque al raggiungimento di quella dignità che fa di ognuno una vera persona umana. Qualcuno ha detto che la Costituzione italiana rappresenta il top tra quelle degli Stati sovrani… Sarà anche vero, ma 70 anni fa uno spirito diverso pervadeva il popolo italiano; bisognava ricostruire tutto. Oggi da ricostruire materialmente c’è ben poco; da riscoprire, da far rinascere è proprio un nuovo senso civico, sono i valori di moralità, di giustizia, di onestà, di collaborazione, di senso di responsabilità; in pratica di una nuova dignità di cittadini; quella indicata dalla Costituzione. (Riccardo Ruttar)

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