Non ha motivazioni il ddl di tutela del resiano, po našen e natisoniano

 
 
Se esistono ragioni per considerare separati dalla lingua slovena i dialetti presenti nella parte orientale della provincia di Udine sicuramente non si tratta di ragioni linguistiche. Lo ha affermato il prof. Han Steenwijk (nella foto), docente di slavistica all'Università di Padova, interpellato da Federico Rossi, conduttore della trasmissione Gj‰l e copasse di Radiospazio 103, andata in onda lo scorso 19 febbraio. Temi della seguita trasmissione sono stati la nuova grafia del resiano, adottata di recente dall’amministrazione comunale di Resia, e il disegno di legge dal titolo «Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico del Natisoniano, del Po-nasen, del Resiano e della loro specifica identità culturale e storica» presentato il 10 febbraio scorso in consiglio regionale» dai consiglieri di Pdl e Lega Novelli, Colautti, Baritussio, Franz, Picco, De Mattia.
Alla constatazione del conduttore che nel disegno di legge non si fa alcun riferimento ad una identità linguistica slovena, il prof. Steenwijk ha affermato che «linguisticamente quei dialetti nascono con la lingua slovena, con cui hanno condiviso una storia anche di parecchi secoli. Le ragioni di separazione non sono linguistiche ma storiche, in quanto quella parte della provincia di Udine ha una storia separata dal restante territorio linguistico sloveno, poiché non ha fatto parte dell’Austria».
Le varianti linguistiche di Resia, del Torre e del Natisone sono espressioni della lingua slovena?
«Dal punto di vista linguistico fanno sicuramente parte della lingua slovena. L’area slovena è molto diversificata, ci sono tanti dialetti anche molto diversi tra di loro. In questo senso il resiano, il torriano e il natisoniano non sono differenti rispetto ai dialetti che si trovano per motivi storici all’interno dei confini politici della Slovenia. Qualcuno potrebbe sostenere che il resiano sia un po più diverso, ma neanche tanto, mentre i dialetti del Torre e del natisone sono vicini allo sloveno centrale. Almeno fino al 1400 il dialetto di Resia ha condiviso gli sviluppi linguistici con le altre aree slovene, soprattutto con la Val canale e la Carinzia occidentale, in Austria».
La proposta di legge presentata in consiglio regionale ha un approccio corretto con queste varianti della lingua slovena?
«Dal testo non appare una motivazione e ci si chiede perché è stata fatta una simile proposta. Ma è interessante che alla fine si fa riferimento alla legge 26 del 2007 di tutela della minoranza linguistica slovena e vuole mantenerne i benefici…».
La grafia del resiano, adottata dall’amministrazione comunale corrisponde, alle indicazioni da lei fornite, in particolare sulla possibilità di usare la ‘c’ o la ‘z’ per indicare la zeta?
«È vero che nel 1994 ho lasciato questa possibilità di scelta, ma poi il consiglio comunale di allora ha optato per la variante “slovena” (che poi non è neanche slovena) e sono andati avanti così per 15 anni. La possibilità di optare era intesa per quella volta. Oggi invece hanno cambiato ed hanno scelto la soluzione “italiana” (che non è neanche italiana). Non è indice di progresso optare per l’una o per l’altra soluzione ogni volta che si vuole. La lingua non cambia se scriviamo in un modo o nell’altro, cambia quello che vogliamo far pensare di quella lingua».

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