Nikoli več meje med nami_Mai più confine tra noi

Kàr se je v petak, 12. junja arzglasila novica, de bojo od naslednjega dne prebivauci Furlanije Julijske krajine spet mogli v Slovenijo, je v Benečiji, Reziji, Kanalski dolini in Posočju zavladalo veliko veseje. V vič krajeh nieso počakali punoči, de bi dali proč kamane, betonske ziduove in druge zapore, ki so od 11. marča branili prehod ljudi, in spet šli k sosedam. Tuole se je zgodilo tudi na ciesti med Polavo in Livkom, kjer so bli zasuli ciesto s debelimi kamani in je bla tista fotografija tri miesce simbol zapartega konfina med Italijo in Slovenijo. Takuo je pretresla ljudi, de je samuo na spletni strani Doma imiela čez 40 tavžint ogledu. Novico o odparju konfina narpriet za prebivauce Furlanije Julijske krajine je sporočiu sam slovenski premier Janez Janša po telefonu predsedniku naše dežele Massimilianu Fedrigi, kar kaže, kakuo so dobri odnosi med vladama Slovenije in FJK. V saboto, 13. junija, je bluo v Kobaridu in drugih krajih Posočja že veliko Benečanu in Furlanu. V pandiejak, 15. junja, je Slovenija odparla konfin za vse Italijane, v torak še Avstrija, takuo de spet živimo v deželi brez konfinu. Le tist dan, smo na uredništvu parjeli tole sporočilo od Zdravka Likarja, predsednika Fundacije Poti miru iz Kobarida in velikega prijatelja Benečanu. Takuo je napisu: »Donas zjutra sam šu na konfin gledat, kakuo je sada, kar je spet vse normalno in promet teče nemoteno. Stau sam tam in se zmisnu vsega našega težkega skupnega diela lieta nazaj, de bojo fraj poti med nami. Zmisnu sem se veselja ob vstopu Slovenije v Evropsko unijo lieta 2004 in magične dičembrske noči lieta 2007, kàr smo prežagali konfin in ga vargli v Nedižo. Tekrat smo jali: ”Nikoli vič!!!” A paršlo je lieto 2020 in med nas so se spustile zapornice, ki so nas ločile ku nikoli dosada. Še celuo po vojski nie bluo takuo. Tela kriza nam je pokazala, kakuo močnuo smo povezani in kakuo zlo potrebujemo adan drugega. Kriza je ustavila stike prijatelju in žlahte, prekinila je tudi vsakdanjo prepletenost življenja ljudi, ki žive par konfinu. Nazaj muoramo reči: ”Nikoli vič konfina!” Smo ku velika družina. Zato varvimo naše zdravje, de bomo nimar kupe in v meru živeli. Upam, de se kmalu vidimo in se poveselimo. Nasvidenje!« In parložnost za se spet videti med Benečani in Onejci je paršla preca. Inštitut za slovensko kulturo je povabu šindike in predstavnike ustanov in društev z obeh strani konfina, s katerimki sodeluje, v soboto, 27. junja, v Špietru v Slovenskem kulturnem domu. Lepuo je bluo se spet ušafati med sosiedi in parjatelji, de bi začeli spet hoditi kupe za dobro vsieh ljudi na obieh straneh Matajura, Kolovrata, Kanina in Predela. Trieba pa je dodati, de iz Benečije, Rezije in Kanalske doline v Slovenijo in obratno gredo lahko le italijanski in slovenski daržavljani. Vsi ostali muorajo skuoze kontrolno točko na Vrtojbi pri Gorici al’ na Fernetičih, Krvavem potoku in Škofijah na Taržaškem.

Fino a ieri «ci separavano le grandi potenze mondiali che hanno costruito i loro interessi su economie, su sistemi e ideologie diversi, oggi ci ha separato un essere microscopico – però sempre con la corona in testa – dominandoci in questi mesi». Così il presidente dell’Istituto per la cultura slovena, Giorgio Banchig, ha introdotto, ringraziando innanzitutto per la loro partecipazione i sindaci presenti e il presidente della fondazione «Poti miru», Zdravko Likar – «che rappresenta la storia dei nostri rapporti sul confine» –, l’incontro all’insegna dell’amicizia tra i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni della fascia confinaria tenutosi nella mattinata di sabato, 27 giugno, nella casa della cultura slovena a San Pietro al Natisone.

«Avevamo in progetto vari incontri alla fine di febbraio, avevamo altre iniziative in cantiere e dobbiamo ricominciare da dove abbiamo interrotto la nostra collaborazione – ha proseguito Banchig –. L’augurio è che sia gli amministratori sia le organizzazioni culturali e turistiche della Benecia e dell’alta valle dell’Isonzo riprendano questa collaborazione che è vitale; ci siamo accorti della vitalità di questi rapporti quando non ci sono stati. Ci siamo ritrovati soli, chiusi di nuovo da una barriera che, questa volta, non è stata voluta dalla politica, ma da un virus che non perdona». Da esperto e appassionato di storia, Banchig ha trovato in Internet un documento sulla peste del 1598 arrivata, però, all’epoca dalla Valle dell’Isonzo, da Livek, che non interessò i beneciani, ma solamente Cividale. «Adottarono le stesse misure che sono state introdotte oggi», ha concluso, invitando a guardare al futuro con ottimismo, pur nel rispetto dei provvedimenti, senza desistere, ma continuando sulla strada della collaborazione. «Sono tre mesi che non ci vediamo, ma noi sindaci abbiamo fatto un grandissimo lavoro in questo periodo: siamo riusciti a costruire il nuovo ente Torre-Natisone che a breve sarà operativo – ha annunciato il sindaco di San Pietro, Mariano Zufferli –. Questo nuovo ente riguarda tutto il versante di confine e ora avremo ancora più bisogno di collaborazione. Prima con le Uti non c’erano né rapporto né dialogo, inoltre le esigenze erano completamente diverse; i nostri Comuni non venivano considerati, ma, soprattutto, rappresentavano un peso. Adesso, invece, siamo un gruppo e, ritengo, anche ben affiatato », ha dichiarato il sindaco, rispolverando anche l’idea del cluster che potrebbe avere adesso, in forma ridimensionata, una nuova possibilità di vedere la luce. In conclusione Zufferli, ringraziando per l’invito, ha indicato questo momento come l’inizio di un nuovo lavoro per tutti. «In veste di sindaco del comune di Kobarid ho sentito una sorta di reale necessità che ci vedessimo e incontrassimo, anche a me è parso un periodo veramente lungo – ha raccontato il sindaco di Kobarid, Marko Matajurc –. Il coronavirus ha lasciato forse alcune conseguenze, ma in me ha suscitato una maggior consapevolezza di cosa voglia dire trovarsi dall’altro lato… non dirò del confine, ma di una barricata, senza possibilità di comunicare a causa di questo Covid- 19». «In qualità di sindaco, ma soprattutto perché il mio cognome è dato dalla montagna che ci unisce, il Matajur, dove mi sento a casa perchè sono sia in Benecia che nella valle dell’Isonzo, mi dico che devo lavorare per tutti noi che viviamo su questo territorio, per contribuire a salvaguardare la cultura e la lingua slovena, in modo che questo si sviluppi anche in qualcosa di più», ha proseguito il sindaco di Kobarid, facendo riferimento all’aspetto economico e invitando a essere uniti. L’economia, ha detto ancora, permette lo sviluppo, ragion per cui è necessario sostenersi a vicenda, di modo che, dal punto di vista turistico, ad esempio, si riesca a invogliare i turisti che affollano la valle dell’Isonzo a visitare anche la Benecia. «Grazie a voi che vi impegnate affinché da questo versante del Matajur si conservi la parlata di lingua slovena e per quanto mi sarà possibile e per quanto sarà possibile al Comune che rappresento lavoreremo anche noi da questo punto di vista per esservi d’aiuto », ha concluso Matajurc. «Purtroppo tutti questi mesi ci hanno tenuti lontani, avevamo diversi programmi da intavolare anche con i sindaci di Tolmin e di Kobarid. Vorrà dire che li riprenderemo adesso con maggior vigore e forza», ha affermato il sindaco di Drenchia, Francesco Romanut. «All’inizio di marzo mi avete te-terske lefonato e mi avete inviato mail, invitandomi a guardare cos’era successo sulla strada tra Polava e Livek, dove erano stati collocati dei massi – ha raccontato Zdravko Likar –. Ma poteva essere successa una cosa del genere? Ebbene, è durata tre mesi e in questi tre mesi si è sentito quanto ci siete mancati. A me siete mancati molto! Camminavo sul Matajur e non c’era anima viva, nessuno nemmeno al rifugio Dom na Matajure. Sono arrivati la fine di aprile e l’inizio di maggio, un paio di volte ho incontrato Božo e Paskval Zuanella e poi anche i Marsinci. Piano piano siete diventati coraggiosi. Diverse volte Germano Cendou e io ci siamo trovati a Polava, ognuno dal suo lato di quei massi, ci siamo anche abbracciati, anche se non si sarebbe potuto. Ci siete mancati molto e ci auguriamo che non accada mai più qualcosa di simile», ha concluso Likar. Come lo stesso Banchig ha suggerito all’inizio dell’incontro, si dovrebbe aggiungere un nuovo capitolo nella storia del nostro confine e magari, come altri hanno detto scherzosamente, anche al libro «Rojaki-Pol stoletja sodelovanja med beneškimi in posoškimi Slovenci». Dopo l’incontro, al quale erano presenti anche la sindaca di Grimacco, Eliana Fabello, e il vicesindaco di Savogna, Fabio Trinco. Si è poi aggiunto il primo cittadino di Stregna, Luca Postregna, per l’inaugurazione della mostra di fotografie antiche curata da Amerigo Dorbolò dal titolo «Le nostre Valli attraversate dalla guerra 1915-1918». La mostra sarà visitabile fino alla fine di agosto negli orari di apertura del museo Smo, ossia ogni giorno dalle 10 alle 13 e dalle 14.30 alle 17.30.

Veronica Galli

 

Deli članek / Condividi l’articolo

Facebook
WhatsApp