Miriam in Matteo na Nebeški poti_Miriam e Matteo sul Cammino celeste

Miriam e Matteo a Resia/Miriam in Matteo v Reziji

Undici tappe in undici giorni. O dieci tappe da Aquileia a Lussari/Svete Višarje, più il prologo da Barbana, a essere fiscali. Da giovedì, 1, a domenica, 11 luglio, Miriam Macorig e suo figlio Matteo hanno deciso di vivere in prima persona le esperienze che hanno sentito raccontare al crescente numero di pellegrini di passaggio lungo il Cammino celeste.

«Facendo anche il prologo, Matteo e io siamo partiti da Barbana – spiega Miriam –. Da lì il traghetto ci ha riportato a Grado alle 11.30, così abbiamo avuto un inizio di Cammino a piedi impegnativo, sotto il sole fino ad Aquileia. Ma in generale, poi, abbiamo avuto fortuna, perché la pioggia ci ha più che altro solo sfiorato. Ad esempio a Resia, quando è iniziato a piovere davvero solo quando già eravamo a Prato».

Di certo, nella scelta di cimentarsi nel Cammino celeste, Miriam e Matteo sono stati stimolati dal fatto di risiedere entrambi a Masarolis/Mažeruola. La piccola frazione montana del comune di Torreano rappresenta il punto d’arrivo della quarta tappa del percorso di devozione, in arrivo da Castelmonte/Stara Gora, e quello di partenza del quinto, in direzione di Montemaggiore/Brezje.

Miriam spiega: «Siamo partiti per il Cammino celeste proprio perché abitiamo lungo il percorso e non lo conosciamo. Chi era passato per Masarolis ne era entusiasta, così mi sono detta che avrei potuto farlo anch’io. Mi sono presa delle ferie, perché per me aveva senso farlo in modo continuativo». Malgrado le tappe del Cammino possano anche essere intervallate nel tempo, infatti, Miriam è convinta che ci si renda davvero conto della fatica solo facendolo ogni giorno. «Il senso della fatica impiegata nel dedicarti al Cammino in modo continuativo ti fa apprezzare e rivalutare tante delle cose in cui t’imbatti, che magari in giornata non apprezzeresti nella stessa maniera, sapendo di rientrare a casa e ritrovare un bagno caldo e le tue comodità. Se intervalli le tappe nel tempo, magari non ti trovi a dormire in un rifugio dove l’acqua è poca e devi misurare un po’tutto, dove senti le storie di chi magari rifornisce la struttura a spalla, perché altrimenti la gente non mangia e non beve».

Lussari la sera/Svete Višarje zvečer

Assieme a Matteo, Miriam ha già da un po’ rivalutato il tempo trascorso in montagna. Anche da questo punto di vista, ritiene l’esperienza del Cammino celeste estremamente positiva.

«Da un lato va detto che io la cercavo, perché lavoro in ambito sanitario e nel mio ambiente l’anno trascorso è stato difficile. Sentivo il bisogno di qualcosa nel bosco, in solitudine e tranquillità. Per me il Cammino è stato caratterizzato anche dal rapporto con mio figlio Matteo, che ha accettato di accompagnarmi. Ho constatato come si adattasse a una situazione in cui le comodità sono meno e come apprezzasse le cose che abbiamo trovato e incontrato». Matteo ha 13 anni, mentre Miriam ne ha 43. «Lungo il Cammino molti mi hanno detto che in genere è affrontato perlopiù da adulti. E lui lungo il percorso è rimasto contento, malgrado la fatica di portare lo zaino e camminare su sentieri in salita e discesa. Ha imparato a camminare in montagna anche su percorsi impegnativi, senza mai lamentarsi». Qualche osservazione, dice Miriam, Matteo la ha avuta solo sulla segnaletica, che in alcuni punti è carente.

«Ad esempio, a causa dei pochi segnali a Cormons abbiamo camminato sette chilometri in più. Se ci fosse stato qualche cartello del Cammino celeste in più in qualche altro punto, avremmo evitato di perderci su altri percorsi e di dovere scendere a Brazzano per poi rientrare sul percorso in una giornata di grande calura». In generale, secondo Miriam la segnaletica andrebbe integrata soprattutto in corrispondenza di alcuni incroci. «Nella zona di Dogna e altrove sul sentiero i segnali del Cammino erano sì presenti, ma assenti in corrispondenza di alcuni bivi».

In undici giorni sul «Cammino celeste», Miriam e Matteo hanno conosciuto anche zone di cui quasi non conoscevano l’esistenza. «Mi sono resa conto di quanti posti abbiamo dietro casa e non conosciamo. Un po’ li trascuriamo, andando lontano a cercarne altri. Ti rendi anche conto dei servizi che questi posti, che magari a prima vista ritieni privi di tutto, riescono a darti e offrirti».

Ne è un esempio il rifugio Ana Gran Monte di Monteaperta/Viškorša, che quest’anno resterà aperto fino a metà settembre. «I gestori portano lì le vivande con lo zaino. Non hanno acqua corrente e usano quella piovana». Là i soldi guadagnati sono messi da parte col proposito di installare docce a gettone. «Proprio perché l’acqua c’è solo se piove a sufficienza e va scaldata a fuoco nel boiler, con legna che bisogna portare a mano. Alcuni visitatori non si rendono conto di ciò che questo significhi», nota Miriam. Camminando, si conoscono anche altre storie.

Le credenziali/Žigi

«A Dogna sono organizzati molto bene, la casa del pellegrino è una struttura fantastica. È convenzionata con la locale osteria e, così, a me e Matteo hanno portato la cena. E ci è stato fornito qualcosa anche per l’indomani. Ma anche alcuni giorni prima, a Cormons, siccome partivamo presto e chiaramente per la colazione non ci sarebbe stato niente di caldo, ci è stato lasciato un cestino pronto».

A qualche arrivo di tappa, invece, in alcune strutture andrebbero introdotti ulteriori miglioramenti. «Ma comunque spesso si recupera attraverso l’accoglienza da parte della gente del posto, che è ottima. Ad esempio a Montemaggiore. Al mattino una signora ci ha preparato la colazione».

Certo, Miriam ritiene che a volte ci vorrebbe maggiore chiarezza sull’offerta riservata ai pellegrini, ma per le località lungo il Cammino celeste tiene anche a fare alcuni elogi. «Complimenti a chi ha allestito buone strutture di ricezione per pellegrini e camminatori quasi nel nulla. Al Rifugio Ana Gran Monte, o alla struttura di Dogna, come anche a quelle persone che incontrano i pellegrini e che sono molto disponibili a indicare la strada, che ti parlano e che ti chiedono da dove arrivi. Anche perché c’è sempre qualcosa da imparare e ognuno ha una storia da raccontare».

Alcune di queste aprono a una speranza di rinascita per le attività tradizionali nella zona montana del Friuli-Venezia Giulia, in assenza delle quali uno sviluppo turistico stabile non è possibile. «Lungo il tratto del percorso in Val Resia – ricorda Miriam –, alcuni ragazzi raccontavano di avere 30 mucche al pascolo e 80 in paese. Tre o quattro volte al giorno devono occuparsene, dopodiché devono lavorare il latte… Si tratta di ragazzi giovani. Se c’è la loro volontà di dedicarsi a queste attività, perché non incentivarli a proseguire?».

Miriam e Matteo sulla Cima del Cacciatore/Miriam in Matteo na Kamnitem lovcu

Anche Matteo è rimasto colpito da molti tra gli incontri avuti durante il percorso, che ha portato lui e sua madre fino alla chiesa mariana del Monte Santo di Lussari/Svete Višarje passando per Valbruna/Ovčja vas e Camporosso/Žabnice.

«Di alcune persone che ho incontrato mi è rimasto impresso il senso di accoglienza. Tra i vari luoghi attraversati, ricordo Aquileia e Aiello, ma anche altri posti che non avevo mai visto prima, semplicemente perché non ci ero mai stato… Non dimenticherò il panorama all’arrivo al Rifugio Ana di Monteaperta, perché è davvero qualcosa di speciale ».

A 13 anni, Matteo ha un po’ rivalutato anche la routine quotidiana. «Per percorrere il Cammino, infatti, ci siamo svegliati ogni giorno al mattino presto, alle 4.30 o alle 5.00, e ogni giorno ho portato il mio zaino. Il confronto col peso di quello che porto ogni giorno a scuola è stato naturale». (Luciano Lister – Foto/Slike: Miriam Macorig)

Od čertka, 1., do nedelje, 11. julija, sta Miriam Macorig in njen sin Matteo prehodila Nebeško pot. V tem članku opisujeta svojo izkušnjo po vse bolj znani romarski poti, ki poteka od Barbane in Ogleja preko Aiella, Krmina, Stare gore, Mažeruol, Brezij, Špik, Ravance, Dunje, Ovčje vasi vse do Svetih Višarij. Izhodišče za odločitev, da bi letos dopust preživela kot romarja, so bila pogosta srečanja z romarji. Miriam in Matteo, ki sta stara 43 in 13 let, bivata namreč prav v Mažeruolah, vasi, ki okviru Nebeške poti predstavlja hkrati konec četrte etape in začetek pete. Izkušnja je novopečenima romarjema ponudila priliko, da bi obiskala veliko prej nepoznanih krajev in primerjala tamkajšnje razmere. S prve roke sta med drugim lahko ugotovila stanje v zvezi s ponudbo za romarje in turiste po poti.

Miriam in Matteo sta ugotovila, da ponudba v nekaterih krajih izstopa; tu pa tam bi bilo vsekakor treba nekaj izboljšati. Na splošno sta s svojo izkušnjo zelo zadovoljna. V lepem spominu jima bo ostal še posebej sprejem s strani domačinov, ki je v vseh krajih bil dober in spodbuden.

Deli članek / Condividi l’articolo

Facebook
WhatsApp