Lo spettro delle famigerate leggi razziali

 
 
Settant'anni fa, il 20 maggio 1941, la rivista «Difesa della razza», creata dal regime fascista a sostegno delle famigerate leggi razziali emanate nel 1938, riporta uno scritto nel quale il «camerata Riccardo Forti» da Genova esprime preoccupazione per la «promiscuità con la gioventù della razza nostra, i cui pericoli non c'è bisogno di sottolineare» a proposito della presenza di ebrei sulle spiagge.
«Promiscuità» è lo stesso sostantivo usato dal capogruppo di maggioranza (lista Rinnovamento Nuova San Pietro), Nicola Sturam, tra le «criticità gestionali» che si avrebbero se la scuola media inferiore dell'istituto comprensivo statale con insegnamento bilingue italiano-sloveno fosse ospitata nello stesso edificio delle medie «Dante Alighieri». È, dunque, una parola forte e il suo uso in quel contesto potrebbe avere spiacevoli conseguenze per lo stesso Sturam e gli altri 6 consiglieri comunali di maggioranza che sulla base della dichiarazione del capogruppo hanno votato. Alcuni genitori hanno annunciato l’intenzione di adire le vie legali con un esposto alla procura.
Non va dimenticato, infatti, che l'articolo 23 della legge 38/01 dispone che la convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (legge 645/75) e il decreto in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa (legge 205/93) «si applicano anche ai fini di prevenzione e di repressione dei fenomeni di intolleranza e di violenza nei confronti degli appartenenti alle minoranze linguistiche».
Questo secondo provvedimento recita: «1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione della disposizione dell'articolo 4 della convenzione, è punito: a) con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».
Sarà la magistratura a stabilire se quel «promiscuità», con l'aggravante del riferimento a minori, rappresenti un reato. Di certo rappresenta un affronto agli alunni e agli insegnati — compresi quelli della «Dante Alighieri»! —, ai genitori e all'intera comunità slovena in Italia.
Rappresenta, in primo luogo, una «vergogna» — come evidenziato già durante la seduta dal consigliere di opposizione Tatiana Bragalini — per tutto il comune di San Pietro al Natisone.
In ogni caso, nella riunione del consiglio comunale lo scorso 30 giugno, è apparso in tutta evidenza che la questione della dislocazione delle classi dell'istituto bilingue nel prossimo anno scolastico è, secondo la maggioranza di centrodestra, in primo luogo politica; non tecnica, come aveva sempre sostenuto il sindaco Manzini.
In realtà, spesso era serpeggiato il sospetto che le cose stessero così, ma era difficile crederci in un contesto democratico e di respiro europeo. Ora la maschera è caduta e si possono leggere molti avvenimenti sotto luce nuova. È un bene che ci sia stato questo «outing» e non ci siano più equivoci. A ognuno le proprie responsabilità.

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