Lingue, regioni di confine e integrazione europea

 
 
«Il Friuli – Venezia Giulia è un'Europa in miniatura, l'esempio che la convivenza tra gruppi etnici e linguistici — latino, germanico e slavo — è possibile». Con queste parole il presidente della provincia, Piero Fontanini, ha aperto il convegno, organizzato da regione e provincia, dal titolo «Lingue ed integrazione europea. Il ruolo delle regioni di confine» tenutosi a Palazzo Belgrado, a Udine, lo scorso 16 settembre. L'assessore alla Cultura del comune di Udine, Luigi Reitani, ha ricordato che il Friuli proprio per il suo ruolo centrale in Europa è chiamato ad affrontare tre sfide: l'immigrazione, ovvero l'integrazione dei nuovi cittadini nel contesto friulano, la sopravvivenza del multilinguismo e il cambiamento di ruolo di questo territorio da zona di confine a laboratorio linguistico europeo, capace di progredire solo grazie al confronto e al dialogo con le culture vicine.
Pino Napoli, della direzione regionale alle Relazioni internazionali e comunitarie, che ha moderato l'incontro, ha affermato che la diversità linguistica, che oggi le istituzioni europee hanno il compito di tutelare, non deve diventare strumento di discriminazione e divisione, ma simbolo del rispetto reciproco all'interno di un'Europa unita. Questa diversità, ha fatto notare Guillermo Ramirez, segretario generale dell'Associazione delle regioni europee di confine (Aebr), con sede a Gronau (Germania), coorganizzatrice del convegno, può essere, inoltre, un punto di forza per i giovani delle zone di confine che, imparando la lingua del vicino, favoriscono l'abbattimento dei confini “mentali” e hanno maggiori opportunità lavorative. Guglielmo Cevolin dell'Università di Udine, ha ricordato che, dal punto di vista istituzionale, la tutela delle lingue è garantita dalla legge 482 del 1999. Il problema, però, ha fatto notare Giuseppe De Vergottini dell'Università di Bologna, è capire l'effettività di questa legge. La tutela di una lingua, ha sottolineato, dipende, all'atto pratico, da due fattori quali il regime politico e i condizionamenti economici. Aurelì Argemì del Centre internacional Escarrè per les minories etniques i les nacions (Ciemen) di Barcellona ha affermato che obiettivo dell'Europa è creare nuovi spazi europei in luogo delle frontiere. «Il confine, ormai — ha detto Argemì —, è un concetto superato. Questo non vuol dire disprezzare chi è morto per difendere l'ideale di patria; bisogna ammettere, però, che questo modello non può più esistere in un'Europa che cerca di abbattere le barriere. In questo nuovo contesto Slovenia e Italia rappresenterebbero uno spazio unico». Argemì ha sottolineato che si tratterebbe di un'Europa unita, non uniforme, in quanto non si vuole creare un unico stato globalizzato, ma un luogo in cui vengono rispettate le diversità, collettive e individuali. Perché ciò avvenga, è necessario sensibilizzare l'opinione pubblica e creare una mentalità in grado di scavalcare le frontiere. Questo è già avvenuto in Catalogna, dove sono stati realizzati diversi progetti per far conoscere la peculiarità della regione, e tra il Nord e il Sud Tirolo dove è stata creata una mutua collaborazione.
Nella seconda parte del convegno sono state presentate proposte concrete volte a promuovere un confronto diretto tra gruppi etnici e linguistici confinanti.
Harald Ehm dell'Euregio Egrensis ha illustrato i vari progetti linguistici tra le regioni bavarese e sassone da una parte e la Repubblica Ceca dall’altra, mentre Ruud Halnik della Talenakademie olandese ha affermato l'esigenza di un'innovazione tecnologica per l'apprendimento delle lingue ed ha presentato una piattaforma interattiva volta a raccogliere e a confrontare tutti i progetti linguistici.
A nome della Regione Friuli — Venezia Giulia sono intervenuti William Cisilino che ha parlato delle minoranze del Friuli — Venezia Giulia e Laura Comelli che ha sottolineato il ruolo fondamentale della Regione per promuovere la collaborazione linguistica con la vicina Slovenia.

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