Le comunità montane devono rinascere più forti

 
 
Non si sa come si chiameranno e quali funzioni verranno loro attribuite, ma le comunità montane, intese come enti di secondo grado, devono essere mantenute in vita. È quanto sta emergendo dalle riunioni — quattro finora, l’ultima risale a martedì 21 settembre — del tavolo di lavoro, formato da una quindicina di sindaci della Carnia, della Valcanale e del Canal del Ferro, del Gemonese, della Slavia, del Collio e della montagna pordenonese, che sta lavorando ad una sintesi delle proposte pervenute dalle diverse amministrazioni locali a integrazione e miglioramento del disegno di legge della Giunta regionale sul riordino e la semplificazione dell'ordinamento locale in territorio montano.
Il presidente della Regione, Renzo Tondo, aveva auspicato di arrivare alla fine dell’estate con un disegno di legge «in grado di accogliere il consenso non solo della maggioranza, ma di tutta l’aula consigliare». L’estate è finita e il testo non c’è ancora. Ma il gruppo dei sindaci sta lavorando costruttivamente e senza divisioni tra maggioranza e opposizione. Il clima è positivo.
«L’orientamento è pressoché unanime: un ente di riferimento per lo sviluppo del territorio montano è assolutamente indispensabile — fa sapere il sindaco di Faedis, Cristiano Shaurli, che fa parte del tavolo di lavoro —. Dunque, le comunità montane vanno rifatte. E meglio di quelle che erano una volta. Si tratta, cioè, di assegnare loro funzioni esclusive, al fine di evitare doppioni e sovrapposizioni con i comuni o altri enti».
Se così fosse, resterebbe lettera morta la proposta dei sindaci delle valli del Natisone, escluso Pulfero, che hanno chiesto di trasferire le competenze per la montagna al comune di Cividale quale capofila di una vasta associazione di servizi comprendente molte municipalità della pianura friulana.
Secondo Shaurli — ma questo è una linea ampiamente condivisa — vanno ripristinati gli enti montani nei confini ante riforma del 2002. Per ciò che riguarda la Slavia, quindi, Valli del Torre da una parte e Valli del Natisone dall’altra. «Se vi fossero comprese anche le cittadine Tarcento e Cividale — è la convinzione del primo cittadino di Faedis — entrambi gli enti sovracomunali avrebbero massa critica sufficiente per essere autonomi e avere peso politico».
Shaurli è il segretario provinciale del Partito Democratico, ma non sono dello stesso avviso tutti gli esponenti del centrosinistra della Slavia. Ad esempio, Giuseppe Firmino Marinig, già sindaco di San Pietro al Natisone e presidente della comunità montana, spinge per un ente di secondo livello che comprenda solo i territori davvero montani e nei quali è presente la comunità slovena. Come lui la pensano molti altri amministratori nelle Valli del Natisone e nelle Valli del Torre.
Ma quello delle dimensioni e dei confini non è l’unico nodo irrisolto al tavolo di lavoro sul riordino degli enti montani. Strettamente collegato è il concetto di “montanità”. Il ministro Roberto Calderoli nel disegno di legge statale ha previsto di classificare come montani solo i comuni che abbiano i due terzi del territorio sopra i 600 metri sul livello del mare. Mentre in Europa il criterio è quello della media sopra i 400 metri. Il tavolo dei sindaci ha deciso di lasciare ancora buona la delimitazione attualmente in vigore in Friuli-Venezia Giulia, non escludendo di riprendere in mano la questione.
Di certo, è problematica — e non poco — pure l’introduzione del “voto ponderato” nel governo dei nuovi enti prevista dal disegno di legge della Giunta regionale.
Vale a dire che ogni comune conterebbe a seconda della sua consistenza demografica e dell’ampiezza del territorio. Per fare un esempio, nell’eventuale ricostituita comunità delle Valli del Natisone Cividale peserebbe per il 44 per cento e Torreano per l’11 per cento.
Assieme i due comuni di pianura avrebbero la maggioranza assoluta e potrebbero decidere a proprio piacimento. Con tanti saluti alla montagna vera e propria.

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