La messa non è finita _ Maša še ni končana

I nostri amici friulani, e noi con loro, aspettavamo il regalo di Natale della Conferenza episcopale italiana, ma siamo rimasti a mani vuote perché la generosità non alberga neanche nei vertici della Chiesa italiana. Con la votazione del 16 novembre scorso, ivescovi italiani hanno gettato nel cestino ventianni di lavoro per la traduzione in friulano del Messale romano, preceduti da altrettanti per latraduzione della Bibbia, che ha unito le forze di pre Checo Placereani e pre Antoni Bellina,assieme alla consulenza biblico-teologica di una apposita commissione. Un lavoro di grande impegno e di uguale passione, dettato dall’amore alla lingua friulana che doveva avere il suo posto nella liturgia. Tutto questo è risultato inutile dinanzi alla insensibilità culturale e umana di troppi vescovi.

Noi Sloveni del Friuli ci teniamo alla nostra lingua, ma ci teniamo anche ai diritti dei nostri amici Friulani, che da anni combattono per avere riconosciuti i loro diritti anche in chiesa. Siamo due popoli che devono lottare quotidianamente per i loro diritti e anche per questo ci sentiamo fratelli e portatori degli stessi destini.

Ora, ciò che suscita incredulità è la differenzadel comportamento dello Stato e della Chiesa. Il primo ha riconosciuto il diritto costituzionaledelle lingue minoritarie, sloveno e friulano, einvece la Chiesa ha chiuso la porta. Incredibile!Sarebbe stato più verosimile il contrario. È proprio vero ciò che diceva il cardinale Martini: la Chiesa è indietro di duecento anni! E li dimostra tutti. I numeri della votazione sono impietosi. Avevano diritto di voto 226, ma erano presenti 202, ne mancavano 24. Era richiesta una maggioranza qualificata dei 2/3, stabilita in 151. Hanno votato in 173, quindi altri 53 in meno. A favore 114, contrari 50 e 9 astenuti. Il bello o piuttosto il brutto che il numero dei 2/3 era calcolato sulla totalità, un assurdo, ma così dicono le regole che si sono imposte. Il voto degli assenti è ritenuto contrario, non si sa con quale logica.

Si dà il caso che i vescovi hanno criticato spesso i parlamentari italiani per il loro assenteismo, ma sembra che nel frattempo abbiano imparato la lezione. Si assentano, certamente per nobili motivi. 

Adesso bisogna rimboccarsi le maniche e continuare nel lavoro, uniti, Friulani

e Sloveni, perché siamo tutti nella stessa barca,minacciata da onde impetuose o, al contrario, relegata in un porto abbandonato, quasi non avesse nessun valore. Friulani e Sloveni ci sentiamo tanto più amici e fratelli perchéportatori di valori storici, culturali e religiosiche nessuna votazione potrà cancellare. Non so se è il caso, ma forse è da rispolverare il motto friulano: Di bessòi. Magari con qualche aiuto dall’alto.

Marino Qualizza

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