La battaglia di Stupizza e l’avanzata dei francesi nella Valle dell’Isonzo

 
 
Fedia Klavora, ingegnere e noto ricercatore e autore di studi storici, attraverso le sue numerose iniziative e pubblicazioni si dedica alla valorizzazione del patrimonio culturale di Bovec – Plezzo. Nel volume «Bonaparte ob Soči 1797» (Bonaparte sull’Isonzo 1797) descrive l’arrivo delle truppe francesi in Friuli e la loro avanzata nella Valle dell’Isonzo e gli scontri che ebbero con l’esercito imperiale austriaco. Di questo interessante volume riportiamo, in traduzione italiana, il capitolo che riguarda la battaglia di Stupizza e la penetrazione dei francesi nella Valle dell’Isonzo.

Per illustrare più chiaramente l'ultima parte dell’avanzata [dell’armata napoleonica tra il 22 e il 25 marzo 1797, ndr] nella valle dell'Isonzo, è necessario tornare alla ritirata dell'esercito imperiale austriaco dal Tagliamento. In quei giorni l'arciduca [Carlo d’Asburgo, ndr] aveva inviato da Palmanova il generale Koblos con un battaglione di soldati croati e cinque cannoni, attraverso Cividale e Caporetto, alle chiuse di Bovec, con l'ordine di rinforzare e preparare alla difesa la postazione fino ad allora trascurata. Già prima della battaglia di Gradisca, anche il contingente di 1700 uomini del generale Bajali¾ con l'artiglieria leggera fu inviato in tutta fretta nella valle del Natisone e, attraverso il Predil, a Tarvisio. Poco prima della caduta di Gorizia, quando si rese conto che la posizione era persa mandò nella valle dell'Isonzo anche le brigate Graffen e Gontreuil, che vennero seguite, probabilmente per errore, dalla restante artiglieria pesante.
Le tre brigate, che complessivamente contavano circa 6500 uomini e 400 soldati di cavalleria, il pomeriggio del 21 marzo si riunirono a Caporetto.
I generali austriaci si stupirono non poco quando vennero a sapere che i francesi avevano già raggiunto la Val Canale e che con l'avanguardia si stavano avvicinando a Tarvisio. Fu deciso allora che Gontreuil con quattro battaglioni di fanti, due squadroni di ussari e tutta l'atiglieria valicasse velocemente il Predil. A Tarvisio avrebbero dovuto aggregarsi, il prima possibile, alle altre unità dell'arciduca e così uniti avrebbero potuto fermare l’avanzata della divisione francese. Attraverso il territorio di Bovec verso l’innevato Predil il gruppo di Bajali¾ procedeva lentamente, attardato com’era dai carriaggi e dai disertori goriziani. La sua retroguardia, composta da soldati croati, durante la ritirata da Cividale, si fermò a Stupizza.
A questo punto è opportuno presentare l’inseguitore di Bajali¾, il generale Guieu che si trovava proprio sulla strada che porta dal Friuli in Carinzia, passando per Caporetto.
I compiti più difficili nella valle dell'Isonzo attendevano proprio le sue brigate. Il suo rapporto sui saccheggi a Trivignano, mette in luce il suo senso della giustizia e dell'ordine. Durante la spedizione in Italia, come generale di brigata diede il proprio apporto in molte battaglie nella divisione del generale Augereau. Quando questi da Palmanova fu mandato a Parigi con le bandiere di guerra conquistate, fu Guieu a prendere il comando. A ciò è dovuto il fatto che in alcuni ordini vengono scambiati i nomi della divisione (secondo la prassi di allora questi reparti prendevano il nome del loro comandante).
Da Palmanova la divisione Guieu mosse, attraverso Cividale, lungo il Natisone e si accampò in tutti i paesi e le case del circondario a San Pietro. Il parroco di Cividale descrisse in modo molto interessante il loro aspetto, che destava stupore, al loro arrivo, il 21 marzo, prima di sera.
«Ogni divisione (probabilmente si itrattava di brigata, nota di F. K.) era formata da ufficiali, alfieri, da sei a otto tamburini che suonavano incessantemente e alla fine c'era il gruppo dei bandisti militari; nelle prime file c'erano i soldati più piccoli, che avevano un aspetto di mendicanti, la maggior parte era scalza o con scarpe consunte; erano stremati dalla fame e dal lungo viaggio; seguivano unità che si presentavano meglio, sia per la corporatura sia per l'attrezzatura (…)».
Più di tutte, attirarono l’attenzione del parroco i reparti di cavalleria:
«I soldati di cavalleria procedevano in ordine, in file di sei. Tutti avevano mantelli bianchi, sciabole arcuate, grandi cappelli di tela cerata a tre punte oppure berretti di corda, da sotto i quali cadevano sulla schiena i lunghi capelli come le criniere di cavallo… Il mattino successivo arrivò il seguito, composto da gruppi di donne sfinite, malate, c'erano sei carri di feriti, circa quaranta tra cannoni e carri trainati da cavalli con vettovaglie, vino e carne (…)».
In base alla testimonianza del parroco, anche a Cividale ci fu un grande saccheggio. I soldati, senza alcun riguardo, entravano nei cortili, nelle case, rubavano e saccheggiavano soprattutto cibo, pollame e carne di maiale, biancheria e vestiti, molti estorcevano anche denaro, orologi e altri oggetti di valore. Tagliavano gli alberi più belli per fare il fuoco e i bivacchi negli accampamenti.
Il 21 marzo, a notte inoltrata, Guieu ricevette da Gorizia l'ordine di mettersi in marcia da Cividale e di andare verso Caporetto. Seppure Dessaix, comandate francese di un battaglione della 27 brigata, già da un anno viaggiasse in diverse regioni, successivamente, come generale di brigata, iniziò il suo rapporto con una descrizione delle Valli del Natisone molto ispirata:
«In data odierna, 2 germinale, il Friuli, per la prima, ha visto i soldati francesi in marcia attraverso le sue strette valli. Sembrava che la natura si fosse unita all’arte e al nostro arrivo ci avesse rivolto la parola. Ma i soldati della repubblica, che non conoscono né stanchezza né pericoli, non hanno avuto paura (…)».

1. continua – traduzione
di Ilaria Banchig

Deli članek / Condividi l’articolo

Facebook
WhatsApp