Erano le 10,15 di mercoledì14 febbraio 2001 quando il vice presidente del Senato, Domenico Contestabile di Forza Italia, annunciò dallo scranno della presidenza che i senatori avevano approvato per alzata di mano la legge di tutela della minoranza slovena del Friuli – Venezia Giulia.
In quel giorno la Chiesa, oltre a fare memoria di san Valentino, patrono degli innamorati, celebrava la festa dei santi Cirillo e Metodio, apostoli degli slavi, proclamati dal papa polacco Karol Wojtyla compatroni d'Europa. Chissà per quale disegno arcano o semplicemente per quale strana coincidenza, la Camera dei deputati aveva approvato il disegno di legge il 12 luglio dell'anno precedente, festa dei santi Ermacora e Fortunato, fondatori della Chiesa di Aquileia, madre delle Chiese del Friuli, della Slovenia e della Carinzia e patroni dell'arcidiocesi di Udine.
A parte questa simbolica coincidenza, tra quelle due date maturò nei partiti del centro sinistra al governo presieduto da Giuliano Amato l'imperativo di dare una soluzione definitiva ad una questione che si trascinava da troppo tempo. L'opposizione, in particolare Alleanza nazionale e Forza Italia con la complicità della Lega Nord, mise in campo tutte le forze per impedire l'approvazione del provvedimento proponendo ben 1700 emendamenti al testo.
A sostenere la compattezza dei partiti al governo e la determinazione del presidente del senato, Nicola Mancino, di far approvare la legge, nelle settimane precedenti si manifestò l'apertura dell'allora presidente della Regione, Roberto Antonione, e arrivò la petizione a favore del provvedimento firmata dal vicario episcopale per la cultura dell'Arcidiocesi di Udine, mons. Duilio Corgnali, del sindaco di Udine, Sergio Cecotti, del rettore dell'Università friulana, Marzio Strassoldo, e dell'on. Arnaldo Baracetti.
Viste le difficoltà, l'iter travagliato, la determinata opposizione del centro destra e delle forze nazionaliste locali, ancora bene organizzate e influenti, l'approvazione della legge quel 14 febbraio di dieci anni fa, ebbe il sapore di una grande vittoria, di una conquista di civiltà, di cultura. Soprattutto per gli sloveni della provincia di Udine: quegli slavi, che per il Giornale di Udine si dovevano eliminare già 135 anni prima, venivano riconosciuti a pieno titolo come minoranza slovena e con tutti i diritti previsti dalla legge. A dire il vero un primo riconoscimento lo avevano avuto due anni prima con la legge 482/99 di tutela delle minoranze linguistiche storiche, un provvedimento quadro che per la prima volta in Italia regolava la complessa materia della protezione delle comunità linguistiche disseminate da Nord a Sud e alle isole che in molti casi erano sostenute da provvedimenti regionali o provinciali.
Ma la legge 38/2001 metteva la parola fine ad una vicenda legislativa senza precedenti per la lunghezza dell'iter (le prime mosse risalivano al 1971!), la ferrea opposizione delle forze nazionaliste alleate alle organizzazioni segrete, le implicazioni internazionali, l'insostenibilità delle tesi contrarie (gli sloveni della provincia di Udine non erano considerati sloveni), il riproporsi di tensioni ereditate dalla guerra fredda… Si è trattato di un traguardo raggiunto con fatica e grazie alla tenacia, alla compattezza e alla determinazione delle organizzazioni slovene di ogni tendenza e delle forze politiche che hanno creduto nel progetto di riconoscere i diritti costituzionali alla comunità slovena dandole l'opportunità di porsi come essenziale elemento di dialogo e di collaborazione con la Slovenia che aveva intrapreso la strada dell'integrazione europea.