Si è spento all’età di 101 anno, nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre, a Udine, mons. Ascanio Micheloni, il prete che dedicò gran parte della vita agli emigranti friulani in Germania. Classe 1909, originario di Buttrio, compagno di scuola dei mons. Gujon, Birtig, Cracina e Succaglia, all’inizio del suo servizio pastorale don Ascanio fu cappellano a San Leonardo dalla sua ordinazione nel 1933 al 1936, poi a Brischis di Pulfero dal 1936 al 1938, quando fu inviato dall’arcivescovo mons. Giuseppe Nogara in Germania, nella regione di Francoforte sul Meno, per assistere i lavoratori provenienti dal Friuli per sostituire i manovali polacchi che allora venivano espulsi in vista della guerra imminente.
In Germania don Ascanio lavorò per vari decenni salvo una parentesi, durante la seconda guerra mondiale, quando fu cappellano della marina militare.
Nel 1946 fu per qualche mese parroco a Lusevera nell’Alta Val Torre per poi riprendere la via «delle Germanie», dove rimase fino al 1977.
Del suo servizio pastorale nella Slavia mons. Micheloni conservò un profondo ricordo che conservò per tutta la vita. Nel 2003, alla vigilia del 70° di sacerdozio, rilasciò al nostro giornale una lunga intervista nella quale ricordava i suoi anni in Benecia e della quale riportiamo alcuni passi.
«Arrivai nella Slavia friulana — raccontava mons. Micheloni — proprio quando i fascisti imposero la lingua italiana nella liturgia. Lo stesso giorno che arrivai a San Leonardo il mio parroco, mons. Gorenszach, fu costretto a fare la sua predica in italiano. Lui stesso la scrisse anche a me, come si fa con un discepolo. Ho sofferto quella sistuazione con i sacerdoti locali. La vivemmo come qualcosa di cui non si aveva responsabilità e contro la quale ben poco si poteva fare. Ma ho avuto la fortuna di inserirmi così bene da essere accolto da quella comunità come amico. I primi tre anni a San leonardo sono stati davvero felici. Conoscevo personalmente mons. Ivan Trinko, perché era stato mio professore di filosofia in seminario. Ma intrecciai con tutti i sacerdoti della zona un rapporto stupendo (…)».
Alla domanda su cosa gli è rimasto nel cuore della gente e della cultura della Slavia Friulana, mons. Micheloni rispose: «La cultura con cui ho avuto contatto, era profondamente legata nella tradizione. Era meraviglioso. Godevo nel vedere ad ottobre, nel mese del Rosario, quando si diceva Messa alle 6 del mattino, venir giù i fedeli al buio con i lanternini da tutte le frazioni di San Leonardo. Quei lumicini rappesentavano davvero la fede semplice di quella gente».
Di quei primi anni di sacerdozio mons. Micheloni aveva serbato soprattutto il ricordo della fede della gente: «Nelle Valli del Natisone ho conosciuto una fede così forte quale non ho trovato più in nessuna parte del mondo».