Arrivano le Unioni dei comuni montani e i Comuni di vallata

 
 
Uscita dalla porta della manovra finanziaria dello Stato, la chiusura dei piccoli comuni rischia di tornare dalla finestra della riforma delle Comunità montane. Nella legge regionale che porterà alla nascita delle Unioni dei comuni montani, in base a un accordo tra Pdl e lega Nord, è stata aggiunta la previsione di istituire i «Comuni di vallata». Saranno nuove istituzioni, con almeno 3 mila abitanti. Ma la decisione non verrà calata dall'alto. Saranno le amministrazioni locali a decidere di aderirvi (e quindi di sparire) dopo un referendum tra le comunità coinvolte.
È questa la grande novità emersa dalla ripresa della discussione nella Quinta commissione del Consiglio regionale sul riordino degli enti locali presentata dall'assessore alle Autonomie locali, Andrea Garlatti. «I Comuni di vallata son l'unica istituzione logica e che comporterebbe significativi risparmi senza intaccare la qualità della vita dei comuni della montagna friulana. La politica deve progettare il futuro, non gestire il presente. La riforma Garlatti, allo stato attuale, non ha né coraggio, né lungimiranza. Dà una mazzata ai comuni piccoli, che diventano piccoli satelliti dei centri più grossi (Tolmezzo, Gemona, Maniago, Cividale) e non tocca i comitati di affari che si sono ormai consolidati», ha affermato il consigliere leghista Enore Picco.
«È un primo provvedimento di riforma delle Autonomie locali di ampio respiro — ha commentato il capogruppo del Pdl, Daniele Galasso —, che porta a superare le vecchie Comunità montane lasciando le competenze alla Montagna. Al tempo stesso, inoltre, mette in rete i piccolissimi Comuni perché possano far fronte in modo sostenibile ed efficace alla realizzazione dei servizi che diversamente si troverebbero in difficoltà a erogare. In più apre alla prospettiva di costituzione dei Comuni di vallata su ambiti omogenei, che saranno individuati dalla giunta regionale attraverso i referendum».
E l'idea sembra piacere anche a parte dell'opposizione. «Il superamento dei comuni di poche centinaia di abitanti deve essere una priorità per la nostra Regione, pertanto l'emendamento che introduce il percorso volontario per l'istituzione dei Comuni di vallata ci vede favorevoli», ha fatto sapere il consigliere regionale Enio Agnola dell'Italia dei valori. «Anche se in molti fanno fatica a rendersene conto — ha detto il dipietrista — quando un territorio scende sotto una certa soglia anche la rappresentatività democratica perde valore. La struttura amministrativa obbligatoria rappresenta un costo e non avanzano risorse per programmare l'ammodernamento e lo sviluppo dei territori, necessarie specie in situazioni di superfici ampie e complesse».
Dopo l'esame della Quinta commissione, la riforma dovrebbe giungere in aula entro la fine di settembre.
Fortemente critico sul testo di Garlatti resta il Pd. «Se non si modifica la legge avremo maggiori costi e minore efficienza», hanno detto i consiglieri Franco Iacop, Enzo Marsilio, Alessandro Tesini e Mauro Travanut, che hanno presentato propri emendamenti con lo scopo di migliorare il testo in discussione e correggere le diverse incongruenze.
La prima questione sollevata è stata la richiesta della reintroduzione della previsione esplicita (abrogata da parte della maggioranza all'inizio di luglio) che la norma in oggetto costituisse attuazione dell'intesa tra Regione e Conferenza dei sindaci. Il secondo tema posto con forza da parte del gruppo del Pd è stato quello della esigenza di definire in modo compiuto le funzioni assegnate ai comuni e agli enti, per evitare inutili doppioni tuttora esistenti e per salvaguardare le prerogative dei municipi.
Inoltre, il gruppo del Pd ha rimarcato la necessità di una vera e non presunta semplificazione del quadro istituzionale, con l'obiettivo di contenere i costi degli apparati e di maggiore efficienza delle azioni amministrative.
La questione dei costi non è certamente di secondaria importanza, nel momento in cui il disegno di legge prevede l'istituzione di direttori che faranno aumentare le spese degli enti locali già abbastanza appesantiti. A questo riguardo il Pd ha proposto che i direttori delle future Unioni non siano soggetti esterni ma scelti tra i segretari dei comuni già presenti.
Infine, in una fase così turbolenta a livello statale, con scelte che si susseguono e modificano continuamente sul tema dell'assetto istituzionale, il gruppo del Pd ha chiesto maggiore attenzione all'evoluzione del quadro complessivo e alla sua ricaduta anche per la nostra regione, con effetti importanti a breve che costringeranno ad adeguamenti forzati di vasta portata. Da qui il tema della esigenza di individuare un ente intermedio tra comuni e Regione una volta che le province così come le conosciamo saranno abolite.

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