Vendiamo armi, arrivano profughi_Prodajamo orožje, prihajajo begunci

Ciascuno di noi, nella propria sensazione di pochezza, se si confronta con la realtà che percepisce del mondo di oggi, qualche domanda se la fa: dove stiamo andando? Comprensibile il disorientamento che sente in se stesso come riflesso di ciò che vede, che sente, che lo opprime guardandosi attorno confrontando la propria insicurezza scoraggiante di fronte ai fenomeni che la natura ribelle e la conflittualità politica, militare, economica e sociale ci presentano quotidianamente. I detentori dei poteri, quelli che dovrebbero collaborare per il bene ed il benessere comune del genere umano, appaiono essi stessi allo sbando nelle loro presunzioni e irresponsabilità verso la casa comune e disinteresse al bene sociale.

Purtroppo la storia lo insegna, anche se pochi lo imparano, che ogni azione, comportamento, fatto porta dietro di sé le relative conseguenze. E più grande, più importante, più invasivo ed esteso è il fenomeno, di maggiore impatto saranno le conseguenze. Chi si preoccupa del caos, della crisi mondiale presente, se non ne cerca l’eziologia, ossia le cause anche remote, ben poco può fare per trovare rimedi efficaci. Sarebbe come incaponirsi a mettere un tappo a una bottiglia piena di buchi; la perdita è costante e crescente. Basti considerare il fenomeno epocale delle migrazioni dette clandestine in crescendo parossistico nel nostro Paese, paventando invasioni catastrofiche.

Io vedo un mondo globalizzato, stanco e scarso di forza vitale come il nostro, e un altro, più vasto, immenso e variegato che invece vuole non solo sopravvivere, ma vivere dignitosamente. Fato, destino, punizione divina? Nemesi, nemesi storica, direi!

«La locuzione nemesi storica si usa quando una serie di eventi storici, considerati negativi, alla fine si ritorcono sugli attori degli stessi; come se la storia, il fato o il destino compissero una specie di vendetta sulle malefatte di un tempo. Nella mitologia greca Nemesi era delegata dagli dei a ristabilire il giusto equilibrio punendo la hybris, l’arroganza dell’uomo che crede di poter travalicare certi limiti. Indicava la giustizia riparatrice che ricade inesorabile sui discendenti dei responsabili di un torto, di un’ingiustizia, di un delitto… Espiamo una pena se a scontare le nostre colpe siamo noi, subiamo una nemesi e, pur innocenti, veniamo puniti per le colpe di nostri predecessori o antenati» (Wikipedia).

Non credo possano esserci dubbi per riscontrare una effettiva nemesi storica nei fenomeni epocali in cui, nostro malgrado, siamo coinvolti e travolti. Quello che sconcerta è constatare che questo nostro mondo italiano ed europeo ha fatto e cerca di tutto per coprire, dimenticare, negare sistematicamente un passato di sopraffazione e rapina che, purtroppo, continua nel presente ancor più rapace. Cosa hanno perpetrato nel passato le nazioni europee nei Paesi africani, nel medio e lontano Oriente, nelle Americhe? Violenza, oppressione, rapina, sfruttamento, discriminazione, e giù elencando.

Tanto per passare al concreto ho sottomano un ritaglio de «Il venerdì», con un recente articoletto della rubrica Cronache celesti di Filippo di Giacomo. Non so quanti e quali organi di stampa e mass-media abbiano avuto il coraggio di pubblicare almeno in parte il senso di una lettera di padre Alex Zanotelli, 85enne missionario Comboniano, indefesso combattente per la pace e la giustizia sociale, capace di denunciare il «sistema che permette al 10 per cento del mondo di consumare il 90 per cento dei beni del pianeta».

Nel rapporto con i Paesi africani l’Italia, soprattutto attualmente, farebbe bene a fare un mea culpa clamoroso e cambiare strategia, soprattutto per dare senso reale alla lotta contro l’escalation dei cosiddetti immigrati illegali. Ci son ragioni precise che coinvolgono non solo il nostro Stato ma si estendono a tutti quelli che lucrano sulla vendita delle armi. «Lo stupefacente in questione – scrive Di Giacomo citando padre Zanotelli – è costituito dai 14 miliardi di armi esportate dall’Italia nel 2022 proprio verso quei Paesi africani da dove provengono buona parte dei disperati che tentano di attraversare il Mediterraneo dopo aver affrontato innumerevoli Via Crucis». Padre Zanotelli ha tentato, invano, di far giungere la questione sui media italiani quest’estate. Ma pare che sia un argomento tabù. Comanda il soldo non il raziocinio. «È inaccettabile il silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere a questi Paesi che non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi».

Secondo Zanotelli, a fare le orecchie da mercante non sono solo i politici, ma a fare lo gnorri sono anche gli organi di informazione. Guerre di sterminio in Sudan, guerra civile in Somalia e in Eritrea e Centrafrica… silenzio sugli 11 milioni di morti in Congo, tanto per citare alcune delle tante tragedie. Qui, per evitare queste carneficine e la fuga di chi ha il coraggio di farlo sfidando la sorte, dovrebbe impegnarsi ogni Stato europeo e smettere di scaricare il peso di un mondo in fuga sulla sola Italia, che ha sì le sue colpe, ma le condivide abbondantemente con tutto il resto del mondo.

Immaginiamo solo cosa sarebbe possibile realizzare per il bene dell’umanità se almeno una considerevole parte di quel denaro dedicato alla distruzione bellica fosse impegnato in opere di promozione della dignità umana in tutte le sue forme.

Lo so che le mie possono essere viste come farneticazioni di uno che sogna l’impossibile, ma ho paura che se qualcosa non cambia, qui e dovunque nel mondo, le conseguenze di una inevitabile nemesi storica per i Paesi cosiddetti sviluppati, peggioreranno senza che muri, fili spinati, chiusure di frontiere, respingimenti e quant’altro possano calmare il mondo in subbuglio spinto a cercare alternative positive per il proprio destino, privo com’è di una prospettiva già a breve termine. L’Italia, comunque, la sta già pagando la sua nemesi, e per giunta, anche per le colpe perpetrate da altri.

Riccardo Ruttar

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