Sarà la pianura a governare la montagna?

 
 
Sarà la pianura a governare la montagna? La domanda non solo è legittima, ma è anche impellente. Perché se venisse approvata l’attuale proposta di riforma delle Comunità montane elaborata dalla Regione, i Comuni di Cividale e Torreano avrebbero da soli permanentemente la maggioranza assoluta dell’assemblea del nuovo ente. E lo stesso accadrebbe facilmente per Tarcento rispetto agli altri comuni del comprensorio del Torre.
«C’è un grande problema di democrazia e partecipazione — sostiene Firmino Marinig, presidente regionale dell’Uncem (Unione comuni, comunità ed enti montani) —. Gli organi previsti nelle nuove Unioni dei comuni sono solo quelli del presidente, del vicepresidente (senza giunta e assessori) e dell’assemblea. Quest’ultima è formata dai sindaci e da un rappresentante della minoranza per ciascun comune i quali possono intervenire, ma non hanno diritto di voto. E questo a mio avviso è un elemento molto grave in termini di rappresentatività democratica delle minoranze. In genere nei nostri comuni della Slavia il rapporto maggioranza minoranza è del 55% contro il 45%. Quindi si toglierebbe la possibilità di essere rappresentata a poco meno della metà della popolazione».
Ancor più serio è il tema del voto ponderato. «Nell’assemblea — aggiunge Marinig — non varrà più il criterio “una testa un voto”, ma ciascun sindaco esprimerà un “voto ponderato”, legato all’ampiezza delle popolazione e del territorio». Cosa significa questo concretamente? «Prendiamo ad esempio le Valli del Natisone — illustra Marinig —. Basterebbe che Cividale e Torreano si mettano d’accordo per avere permanentemente il 55% dei voti in assemblea. Gli altri comuni non conterebbero nulla. Drenchia, per esempio, conterebbe per l’1,90%, contro il 44% dell’assemblea che varrà Cividale. S. Pietro al Natisone, il capoluogo delle Valli del Natisone, “pesa” per il 10,9%, mentre Torreano l’11%. In Carnia, Tolmezzo avrà il 40% dei voti ponderali e con la sola alleanza di Paularo potrebbe governare la Carnia. Spilimbergo e Maniago guiderebbero la comunità montana del Pordenonese, Tarcento quella del Torre, Questo significa che i piccoli comuni non avranno più voce in capitolo per la gestione del territorio».
Che significa anche finanziamenti, progettualità europea, assetto dei servizi pubblici condivisi. Insomma la vera montagna sarà governata dai grandi comuni di pianura e di fondovalle.
Per la verità, la proposta di legge prevede che i comuni più grandi di 4500 abitanti possano decidere di stare fuori dalle Comunità montane nelle quali erano inseriti. Ma chi rinuncerà alla possibilità di guidare i nuovi enti e di gestire le relative risorse? «Sono dell’idea che solo Tolmezzo dovrebbe rimanere tra i comuni montani, perché in effetti rappresenta il centro della comunità della Carnia — sostiene Marinig —: Cividale, Tarcento, Povoletto, Gemona, Spilimbergo e Maniago invece hanno poco a che spartire con i territori veramente montani. Invece col voto ponderato governeranno la montagna».
Critica l’Uncem anche sull’eccessivo spezzettamento, che porterà in pratica al ritorno alle vecchie comunità montane ante riforma. «Sono dell’idea che le Valli del Natisone e del Torre debbano restare insieme per realizzare il territorio omogeneo della Slavia Friulana, da Prepotto fino a Taipana e a Lusevera, magari anche fino a Resia — evidenzia Marinig —. Si parla solo di federalismo fiscale e non di vero federalismo, che è quello che dà autonomia ai popoli diversi, valorizzando non solo le diversità orografiche del territorio ma anche quelle culturali e linguistiche delle popolazioni residenti. Tra l’altro a questo proposito, la proposta di legge dice che le Unioni dei comuni gestiranno i fondi per lo sviluppo previsti dalle legge di tutela degli sloveni, ma non fa alcun cenno all’esistenza della minoranza stessa e all’esigenza che essa sia valorizzata».
Naturalmente c’è anche del positivo. «Finalmente — spiega Marinig — con le unioni obbligatorie si comincia sul serio ad aggregare l’offerta dei servizi e la gestione del territorio da parte dei piccoli comuni, pur rispettando l’autonomia e l’indipendenza dei piccoli municipi. Inoltre è positivo che alle nuove Unioni dei comuni vengano attribuiti tutti i poteri già in capo alle comunità montane, più alcune competenze che vengono tolte ai comuni». Insomma, Tondo non ha ascoltato le sirene della Provincia di Udine, che rivendicava a sé competenze e patrimonio delle Comunità montane.
«Mi spaventa molto un ente guidato solo da un presidente — evidenzia da parte sua l’assessore provinciale alla Montagna, Ottorino Faleschini —. È vero c’è l’assemblea dei sindaci, ma difficilmente può dare degli indirizzi concreti. Ci vuole qualcuno che affianchi il presidente per mediare le esigenze dei diversi territori. Oppure deve essere la stessa legge a stabilire sulla base di criteri oggettivi la suddivisione dei finanziamenti. È vero, ci sono tanti amministratori di buon senso. Ma la legge deve prevedere anche il caso che il buon senso possa mancare, o che ci siano forti contrapposizioni di interesse tra territori».
Faleschini indica poi anche altri elementi da considerare: «I Comuni devono rimanere i caposaldi della gestione del territorio. Non vanno espropriati automaticamente di alcuni servizi, ma solo se non sono in grado di svolgerli già efficacemente da soli. In tutto questo manca poi un soggetto che abbia la regia dello sviluppo della montagna. Io non faccio una difesa d’ufficio della Provincia, ma qualcuno, sia esso anche la Regione o l’Agemont, ci deve essere. E poi va fatto un riordino delle funzioni che eviti le sovapposizioni: che senso ha dire che le nuove Unioni di comuni montani potranno fare capannoni, se c’è già un consorzio industriale che lo fa sul territorio montano?».
Rimangono i problemi da risolvere. Gli spazi per rimediare ci sono ancora, perché si susseguono i contatti e gli incontri. Mercoledì 9 giugno l’assessore Garlatti ha incontrato il direttivo dell’Uncem; martedì 22 giugno la Regione ha convocato i sindaci per spiegare loro la proposta di legge, e sarà una buona occasione per confrontarsi sui problemi aperti. L’assemblea dei sindaci dopo avrà un mese per esprimere un parere.

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