No, non siamo a quei tempi, ma oggi sappiamo che i nostri Comuni sono ancora, storicamente e oggi, ben lontani dagli standard regionali e nazionali in quanto al benessere economico, civile e demografico. Chissà, forse una vera unità sociale, unità di intenti, di programmi e progetti solidali – senza per forza richiamarci ai tempi identitari della nostra storia millenaria ante Napoleone –, potrebbe ridare alla nostra comunità valligiana un minimo di vigore per resistere all’assimilazione culturale, alla pura folclorizzazione della nostra lingua, all’inesorabile svuotamento demografico dei piccoli borghi montani. Un ritorno di solidarietà, un recupero di identità, una nuova consapevolezza dei propri valori culturali tradizionali, potrebbero perlomeno ridare un po’ di dignità ad una ex compagine sociale sull’orlo della perdita complessiva dei valori tradizionali di lingua, cultura, di memoria storica, in un processo involutivo inarrestabile.
Ho iniziato il mio scritto parlando di scadenze fiscali accennando ad un punto particolare, quello delle scelte a chi destinare una parte infinitesimale del nostro reddito: l’8, il 5 e il 2 per mille. Solo di questi spiccioli siamo liberi di disporne direttamente. Non entro di certo coi miei commenti nelle scelte religiose e politiche degli 8 e 5 millesimi, ma mi soffermo su quel piccolo importo di 2 miseri centesimi su ogni mille. Spiccioli destinati alle associazioni per fini culturali ed ognuno di noi può scegliere l’associazione preferita. I più tuttavia rinunciano anche a questa possibile scelta.
Il due per mille trascurato
In fin dei conti non fa tanto colpo una cifra come un misero due su mille. Quasi non ci facciamo caso quando, anche quest’anno, ci tocca compilare il 730. Purtroppo non è da tutti sapersela sbrogliare tra Spid, modelli informatici e complicazioni varie. Ci sono comunque i Caf e servizi similari che liberano il vecchietto dubbioso o la casalinga perplessa dalla paura del fisco, non senza pretendere come obolo qualche decina di euro, senza contare i costi per chi si trova nella necessità di ricorrere ai commercialisti.
Sono riflessioni, queste, che mi vengono pensando a tanti nostri anziani e meno anziani nelle valli della Slavia e mi chiedo come se la cavino in questi frangenti tra tutte le gabelle cui sono sottoposti tra Tari, Tasi, Imu, 730 e quant’altro. Certo non siamo in tempi remoti, come quando le Banche di Antro e Merso e l’Arengo delle Convalli del Natisone non pagavano tasse alla Repubblica di Venezia perché neppure le esigevano dai loro amministrati. Non siamo, per fortuna, neppure nei tragici decenni dopo l’annessione della Slavia al Regno dei Savoia descritti da Francesco Musoni, il quale denunciava senza mezzi termini come «dai registri degli esattori comunali risulta che pochissimi riescono a pagare in tempo le tasse senza incorrere nelle multe di legge; da quelli delle banche, che pochissime sono le famiglie senza debiti. I più tirano avanti a furia di espedienti, mal sostenendosi in mezzo a mille difficoltà e con la prospettiva di un avvenire sempre più incerto, sempre più fosco» (F.M. Sulle condizioni economiche, sociali e politiche degli Slavi in Italia – Roma 1895).
No, non siamo a quei tempi, ma oggi sappiamo che i nostri Comuni sono ancora, storicamente e oggi, ben lontani dagli standard regionali e nazionali in quanto al benessere economico, civile e demografico. Chissà, forse una vera unità sociale, unità di intenti, di programmi e progetti solidali – senza per forza richiamarci ai tempi identitari della nostra storia millenaria ante Napoleone –, potrebbe ridare alla nostra comunità valligiana un minimo di vigore per resistere all’assimilazione culturale, alla pura folclorizzazione della nostra lingua, all’inesorabile svuotamento demografico dei piccoli borghi montani. Un ritorno di solidarietà, un recupero di identità, una nuova consapevolezza dei propri valori culturali tradizionali, potrebbero perlomeno ridare un po’ di dignità ad una ex compagine sociale sull’orlo della perdita complessiva dei valori tradizionali di lingua, cultura, di memoria storica, in un processo involutivo inarrestabile.
Ho iniziato il mio scritto parlando di scadenze fiscali accennando ad un punto particolare, quello delle scelte a chi destinare una parte infinitesimale del nostro reddito: l’8, il 5 e il 2 per mille. Solo di questi spiccioli siamo liberi di disporne direttamente. Non entro di certo coi miei commenti nelle scelte religiose e politiche degli 8 e 5 millesimi, ma mi soffermo su quel piccolo importo di 2 miseri centesimi su ogni mille. Spiccioli destinati alle associazioni per fini culturali ed ognuno di noi può scegliere l’associazione preferita. I più tuttavia rinunciano anche a questa possibile scelta.
Mi sono chiesto: vediamo quante associazioni, enti, strutture, bande musicali, circoli e quant’altro appartenenti al nostro territorio, già riconosciuto come sloveno, hanno fatto richiesta quest’anno per poterne usufruire. Non ne mancano anche nei nostri comuni. Sembra niente la piccola quota millesimale, ma di fatto, a pensarci, se mille persone che denunciano un reddito di lavoro o pensione di 10 o 20 mila euro scegliessero di destinare il proprio soldino al Circolo Rečan di Grimacco (tanto per citare l’unico che ho trovato in un elenco sui circa 13.000 pubblicato dal Ministero), questi si troverebbe un gruzzoletto annuo di 20 o 40 mila euro per le proprie iniziative. Lo so, non li troverà mai il meritevole Rečan, e so che il mio è un discorso privo di senso; ma lo dico, tanto per suggerire una piccola idea in più utilizzabile come gesto solidale e segno di un’unità di intenti da ritrovare. Un valore di solidarietà, di collaborazione, di un nuovo senso di appartenenza. Magari ad iniziare dalle associazioni slovene e dagli enti che le coordinano.
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