Festa della montagna senza la festeggiata

 
 
Una festa della montagna organizzata e gestita da persone che la montagna, con i suoi terribili problemi, la fatica quotidiana e — perché no — le piccole e grandi gioie e soddisfazioni, non la vivono sulla propria pelle è un paradosso. Ma nelle Valli del Natisone di questi tempi succede anche questo.
Domenica 4 settembre al rifugio «Pelizzo» i relatori del convegno sul ruolo dei territori montani erano l'assessore regionale Violino, quello provinciale Marcuzzo, il sindaco di Paularo, Faleschini, il (dimissionario?) commissario della comunità montana, Tirelli, e il commissario di Savogna, Damele. Non invitati al tavolo gli amministratori locali e privati del diritto di parola quelli presenti in platea.
Questi ultimi erano appena quattro: un sindaco, due vice e un consigliere di opposizione, quando la comunità montana conta ben 25 comuni.
Evidenti, dunque, il boicottaggio alla tavola rotonda dei «visitors» — per usare un’efficace definizione dell’ex sindaco di Udine, Cecotti — da parte della quasi totalità dei politici autoctoni e l’assenza — per solidarietà, hanno fatto sapere — dei colleghi dell’alta valle dell’Isonzo in Slovenia.
Portavoce del dissenso si è fatto il sindaco di Pulfero. «Le Valli del Natisone si sono ritrovate completamente escluse: tutte le iniziative in programma erano a cura di realtà e persone estranee all’area della Slavia friulana. Dov’erano, per esempio, i nostri gruppi corali? Sono indignato. La situazione creatasi è l’evidente dimostrazione di come la nostra sia terra di conquista», ha tuonato Domenis. Sottolineando, in aggiunta, che per l’organizzazione sono stati consumati quest’anno 10.000 euro, quasi il doppio di quanto si spendeva in passato.
Un appunto va fatto anche all’assessore Violino. Nel suo pur ottimo intervento in vetta ha affermato che «fino al 1989 qui finiva il mondo». Niente di più sbagliato, perché il Matajur ha sempre unito le popolazioni di entrambi i versanti, anche quando la politica cercava di dividerli durante gli anni difficili del secondo dopoguerra. Non si può farne una colpa all’assessore, che ha ripetuto un ritornello sempre in voga. Lui è della Bassa friulana. Ma chi conosce la realtà locale non si sarebbe mai espresso in quei termini.

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