Come entrare in Parlamento_Pot v Parlament

Si presenta problematico il voto di un cattolico, adulto e criteriato, per le prossime elezioni politiche. Il quadro sbiadito che i numerosi partiti presentano, rende confuse le idee a chi vuol rendersi conto della realtà in cui viviamo. Per ripetere le critiche che diversi giornali stanno facendo da tempo, dai partiti non vengono programmi precisi, ma indicazioni generiche, che non permettono di capire quale sia l’opzione più adatta per affrontare il complicato oggi e un domani che si annuncia ancora più difficile. Vediamo, allora, di orientarci in questa nebbia.
A centrodestra sembrano prevalere posizioni estreme che non manifestano quel minimo di solidarietà e di apertura che, da cristiani, ci aspettiamo. Che cosa sono quelle chiusure che battono il tasto sul «prima noi», quando non si può vivere senza gli altri e senza l’apertura alla collaborazione europea ed internazionale?
Questa idea dell’autarchia sa troppo di vecchio e tramontato per essere presentata in nuove forme. E, seppure non emergano posizioni di chiusura e ostilità nei confronti della tutela della comunità di lingua slovena, non è chiaro quale piega possano prendere le politiche nei confronti delle minoranze linguistiche.
Da parte sua, il centrosinistra ribadisce l’impegno per gli sloveni, concretamente anche nelle candidature. Del resto prima la sinistra (Pci e Ds) e poi il centrosinistra (Pd) hanno sempre portato alla Camera o al Senato uno sloveno. Ciò non toglie che alcuni punti caratterizzanti il programma della coalizione di centrosinistra siano fortemente problematici per il mondo cattolico e i valori che esso esprime.
Il nuovo Centro, poi, è nato da una costola del centrosinistra e nel programma non propone una chiara alternativa alla destra, come alla sinistra. Pare stare affacciato alla finestra e attendere un esito delle elezioni tale da potergli fare l’ago della bilancia nella formazione del prossimo Governo.
C’è poi il Movimento 5 stelle: dopo la forte affermazione del 2018 non ha saputo (o potuto) mantenere la promessa di rivoltare come un calzino la politica italiana e stavolta si ripropone nel ruolo di outsider.
In questo quadro si pone anche la questione, per noi fondamentale, di un rappresentante sloveno a Roma. Essere presenti in Parlamento vuol dire avere anche visivamente il senso della nostra presenza nello Stato, come contributo alla ricchezza culturale, sotto ogni aspetto.
La legge statale di tutela per la minoranza slovena parla di un meccanismo di elezione facilitata per garantire esponenti di lingua slovena in Parlamento. In più di vent’anni, quella disposizione non ha trovato seguito concreto (ed efficace) nelle leggi elettorali. Oltretutto la questione si è ancor più complicata dopo la drastica riduzione del numero di deputati e senatori, con conseguente aumento dei voti necessari per la loro elezione.
Con tutta probabilità, la soluzione ottimale potrebbe essere quella adottata nella Repubblica di Slovenia per assicurare un seggio agli italiani e uno agli ungheresi, indipendentemente dal numero dei votanti, tramite candidature al di fuori delle liste di partito e il doppio voto per gli appartenenti alla due comunità linguistiche, uno per scegliere il rappresentante della minoranza e uno per la forza politica preferita.
Ricalcando quel modello, la nostra presenza in Parlamento sarebbe garantita e le nostre necessità avrebbero un sostegno, anche perché indipendente da partiti e schieramenti, dunque al di sopra dei giochi di parte. E gli elettori che si riconoscono nella comunità slovena sarebbero tolti dall’imbarazzo di dover fare una scelta anche partitica per essere rappresentati a Roma.
Ma domenica, 25 settembre, dovremo ancora una volta votare per un partito e/o una coalizione. Con tutta la difficoltà di scelta delle quali si diceva in premessa.
R. D.

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