nuove prospettive, lavoriamo insieme per dare un senso meno onirico al futuro di questo territorio, visto come nucleo centrale di un’Europa che, comunque, non dimostra nel presente l’auspicata unità? Diamo un esempio e sfruttiamo l’occasione? In effetti l’occasione è ottima e dovrebbe essere colta dai mass media nell’ampiezza e nell’importanza dei protagonisti: i due capi di Stato e nel significato simbolico del gesto.
Ma, mi domando, è stato così? Non ho consultato l’altro quotidiano regionale più specifico per la cronaca goriziana, «Il Piccolo», suppongo tuttavia, che vi siano stati riportati i medesimi servizi giornalistici.
Sono rimasto non poco meravigliato per non aver trovato neppure il più piccolo accenno all’incontro dei due Capi di Stato e una sola parola sulla Capitale europea della cultura sul quotidiano «la Repubblica». Non un accenno sui notiziari nazionali che seguo normalmente. E qualcosa, come disillusione, rammarico, smarrimento, mi hanno turbato l’animo. Non è stato un evento che meritasse l’interesse della grande Italia; una questione marginale come estremo e marginale quel confine stesso. Gorizia, Capitale di che cosa? Della cultura. Quale cultura? Paginate sul marasma politico italiano e mondiale sono senz’altro argomenti pregnanti, ma magari, visto che c’è su «la Repubblica» la rubrica Cultura, il fatto goriziano avrebbe meritato un trafiletto.
Personalmente ho rivissuto il disagio di chi si vede dimenticare, tralasciare, emarginare, come non esistesse per privilegiare cronache turbolente. Spazio ai No-vax, ai libertari anarchici della martoriata Trieste…
Riccardo Ruttar
Ecco come si unisce davvero l’Europa_Ta je prava pot, da res združimo Evropo
«Caro Sergio, l’anno scorso a Basovizza e a Trieste, mano nella mano, ci siamo rivolti al nostro doloroso passato », dice Borut Pahor, presidente della Repubblica di Slovenia, nel suo saluto all’amico Sergio Mattarella, ripetendo tra l’altro: «Stala sva tam, ne da bi spregovorila besedo in vendar sva povedala vse – Stavamo là, senza una parola, ma abbiamo detto tutto». Mi pare significativo questo richiamo per dare un senso più compiuto e universale all’incontro dei due presidenti a Nova Gorica + Gorizia, città idealmente unificata, dichiarata Capitale europea della Cultura per l’anno 2025. Una sutura tra Roma e Lubiana che vorrebbe essere un segno, direi, emblematico, di richiamo mondiale per possibili riappacificazioni tra Stati specie tra quelli che hanno vissuto tragedie belliche immani.
Che carico di storia è quello rappresentato dal confine goriziano, vicende che si conclusero, dopo due guerre mondiali, con una città, con piazze, orti, case e perfino cimiteri divisi a metà da un confine passato alla storia come Cortina di ferro!
Un confine militare, ideologico, manicheo, come se tutto il bene stesse da un lato e dall’altro tutto il male. Una stretta di mano che si ripete, un segnale inequivocabile, dunque: Roma e Ljubljana, che nel gesto ripetuto dai massimi rappresentanti dei due Stati, si dichiarano rispetto, amicizia, riappacificazione, ribadendo l’impegno «per giungere a un definitivo superamento delle incomprensioni del passato e per costruire insieme un futuro di ancor più intensa e feconda collaborazione». Sono parole del presidente Mattarella.
Che aggiunge tra l’altro: «L’esperienza, di cui nel 2025 Slovenia e Italia saranno congiuntamente protagoniste, contribuirà senz’altro all’ulteriore consolidamento dei già strettissimi legami che ci uniscono, grazie anche al prezioso concorso delle rispettive comunità di cittadini sloveni di lingua italiana e di cittadini italiani di lingua slovenaı».
Gli fa eco Borut Pahor: «Lo scorso anno abbiamo rivolto l’attezione al doloroso passato, oggi è all’orizzonte un glorioso futuro. E nulla, nella prospettiva di questo fortunato futuro, oggi è di più sloveno-italiano e di più europeo, di questo comune progetto, delle due Gorizie in una, come capitale della cultura per l’anno 2025. La meraviglia e l’unicità di questo avvenimento sta senza dubbio nel fatto che esso rappresenta la convivenza di due culture, di due lingue, di due tradizioni, la comprensione di due passati, ma anche l’instaurazione di un futuro comune su tutto quanto ricollega come europei gli sloveni e gli italiani di Gorizia». Leggo alcuni titoli del «Messaggero Veneto» del 22 ottobre, che riporta la cronaca dell’incontro presidenziale della giornata precedente; titola in grande: «Spirito europeo». Mattarella: «Processo d’integrazione per i Balcani »; Pahor: «Lo sguardo a un futuro glorioso». Per il governatore Fedriga: «La diversità è ricchezza»; per i sindaci, Ziberna di Gorizia e Miklavič di Nova Gorica, il comune intento: «Qui si costruisce l’integrazione».
Parole sintetiche per dire: abbiamo belle intenzioni,
nuove prospettive, lavoriamo insieme per dare un senso meno onirico al futuro di questo territorio, visto come nucleo centrale di un’Europa che, comunque, non dimostra nel presente l’auspicata unità? Diamo un esempio e sfruttiamo l’occasione? In effetti l’occasione è ottima e dovrebbe essere colta dai mass media nell’ampiezza e nell’importanza dei protagonisti: i due capi di Stato e nel significato simbolico del gesto.
Ma, mi domando, è stato così? Non ho consultato l’altro quotidiano regionale più specifico per la cronaca goriziana, «Il Piccolo», suppongo tuttavia, che vi siano stati riportati i medesimi servizi giornalistici.
Sono rimasto non poco meravigliato per non aver trovato neppure il più piccolo accenno all’incontro dei due Capi di Stato e una sola parola sulla Capitale europea della cultura sul quotidiano «la Repubblica». Non un accenno sui notiziari nazionali che seguo normalmente. E qualcosa, come disillusione, rammarico, smarrimento, mi hanno turbato l’animo. Non è stato un evento che meritasse l’interesse della grande Italia; una questione marginale come estremo e marginale quel confine stesso. Gorizia, Capitale di che cosa? Della cultura. Quale cultura? Paginate sul marasma politico italiano e mondiale sono senz’altro argomenti pregnanti, ma magari, visto che c’è su «la Repubblica» la rubrica Cultura, il fatto goriziano avrebbe meritato un trafiletto.
Personalmente ho rivissuto il disagio di chi si vede dimenticare, tralasciare, emarginare, come non esistesse per privilegiare cronache turbolente. Spazio ai No-vax, ai libertari anarchici della martoriata Trieste…
Riccardo Ruttar
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