Uno degli argomenti principali all’attenzione dell’imminente Terza conferenza regionale sulla tutela della minoranza linguistica slovena sarà il cosiddetto «bilinguismo visibile», cioè la presenza dello sloveno su cartelli stradali, targhe, insegne, scritte. Nella relativa relazione scientifica, predisposta dell’Istituto di ricerche sloveno-Slori, non si fa cenno, tuttavia, al «pasticcio» sorto nell’estate 2020, quando anche lungo la strada statale 54, che da Cividale porta a Stupizza/Štupca, l’Anas ha posizionato indicatori di direzione bilingui, mentre in precedenza la denominazione dei paesi in italiano e sloveno era presente solo sui cartelli toponomastici all’inizio e alla fine di località e territori comunali e sulle strade comunali ed ex provinciali.
Il «pasticcio» sta nel fatto che i toponimi riportati da Anas sui cartelli non corrispondono a quelli sui cartelli installati in precedenza. In pratica non si è tenuto conto che oltre vent’anni fa, quando si è iniziato a installare sistematicamente cartelli bilingui a seguito dell’approvazione delle leggi di tutela, con una decisione condivisa tra Comuni interessati, l’allora Provincia di Udine, e le organizzazioni slovene, è stato scelto di riportare sui cartelli i toponimi nello sloveno locale. «Špietar» e non «Špeter», «Podbuniesac» e non «Podbonesec» e via discorrendo. Nel caso di «Landar/Spaša» si è arrivati addirittura a una denominazione completamente diversa, adottando un «Sveti Ivan v Čele», facendo evidentemente confusione tra il nome del paese e quello della chiesetta in grotta.
Il problema è stato subito sollevato dal Comune di Pulfero. Con una lettera, in data 13 agosto 2020 ha fatto presente all’Anas che «alcuni toponimi non corrispondono in parte o per nulla a quelli indicati sulle tabelle comunali». Ne è seguita una corrispondenza, fornitaci dal sindaco di Pulfero, Camillo Melissa, che permette di risalire alle origini del «pasticcio».
In concreto, l’Anas risponde che la nuova cartellonistica «è stata realizzata a seguito della verifica della correttezza dei toponimi condotta dall’ARLEF, Agenzia regionale per la lingua friulana». Questa, da parte sua, precisa che i toponimi sloveni «sono stati vagliati e asservati dall’Ufficio centrale per la lingua slovena della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia».
L’Ufficio centrale fa sapere, infine, di aver «effettuato innanzitutto una ricerca approfondita partendo dalle fonti scritte», quindi di essersi rivolti «all’Istituto per la cultura slovena/Inštitut za slovensko kulturo e al Circolo di cultura Ivan Trinko/Kulturno društvo Ivan Trinko di Cividale chiedendo loro parere e conferma delle soluzioni da noi formulate». Le due organizzazioni slovene non concordavano solo su «Črni Vrh», «Trčet» e «Videm», proponendo rispettivamente «Čarni Varh», «Tarčet» e «Viden». Tuttavia l’ufficio regionale, consultato l’Istituto di ricerche sloveno di Trieste e la Commissione per la standardizzazione della toponomastica della Repubblica di Slovenia, oltre a non meglio precisati «rappresentanti» di Skgz e Sso, è restato sulle sue, tranne che per «Tarčet».
«Nel caso di Viden/Videm – precisa – abbiamo tenuto invece conto della diffusione e della presenza del toponimo Videm nelle più svariate fonti scritte in lingua slovena». Peccato per loro, però, che già nel 1999, nel manuale «Slovenska krajevna imena v Italiji», il massimo esperto di toponomastica slovena in Italia, Pavle Merkù, avesse spiegato come la versione corretta fosse «Viden», mentre la forma «Videm» rappresentasse una «spačenka», cioè un termine importato non in linea con la corretta lingua letteraria, in quanto «storicamente ed etimologicamente il nome non ha niente a che fare con le località Videm nei confini dello Stato sloveno».
Sono state ignorate, dunque, le peculiarità del territorio e da più di un anno il «pasticcio» fa bella mostra di sé. Chi vi porrà rimedio?
V okviru Tretje deželne konference o varstvu slovenske jezikovne manjšine bodo razpravili tudi o izvajanju vidne dvojezičnosti, oziroma o slovenščini na tablah in javnih napisih. Vendar poročilo, ki ga je o tem vprašanju pripravil Slovenski raziskovalni inštitut, ne omenja zmešnjave iz lanskega poletja, ko je po državni cesti 54 iz Čedada proti Štupci vsedržavno cestno podjetje Anas postavitilo dvojezične kažipote. Prej so dvojezični bili le toponimi na tablah, ki so jih svojčas postavili na začetku in koncu vasi ter občinskih ozemelj. Na dvojezične kažipote so domačini naleteli le po občinskih in pokrajinskih cestah.
Zmešnjava je nastala, ker edino table, ki jih je postavilo cestno podjetje Anas, ne upoštevajo toponimov, ki jih lahko beremo na že postavljenih tablah. Dejansko se ne upošteva sklepa izpred več kot 20 let, ko so se domače občinske uprave, Pokrajina Viden in slovenske organizacije dogovorile, da bodo v Benečiji dvojezične table in kažipoti upoštevali toponime v krajevnem narečju.
Na to je takoj opozorila Občina Podbuniesac, ki je že avgusta cestnemu podjetju Anas naslovila pismo. Razložila je, da se nekateri toponimi ne ujamejo s tistimi, ki so že na tablah, ki jih je postavila Občina. Iz prejetih odgovorov lahko razberemo, da se je svojčas za pravilne toponime cestno podjetje Anas obrnilo na deželno agencijo za furlanski jezik Arlef, ki se je nato obrnila na Centralni urad za slovenski jezik Dežele Furlanije-Julijske krajine. Slednji se je posvetoval z raznimi ustanovami tako v Benečiji, kot v ostalih predelih Furlanije-Julijske krajine in Sloveniji, a je na koncu pri izbiri krajevnih imen upošteval predvsem svoje kriterije. Tako je prišlo do zmešnjave. Kdo bo poskrbel za rešitev?