Don Lorenzo, Pasqua è alle porte. Con quale spirito si appresta a celebrarla?
«Innanzitutto, penso di poter dire che mi sto preparando con spirito di comunione. Insieme alla comunità abbiamo iniziato il cammino di Quaresima e sarà bello giungere insieme alle celebrazioni del periodo pasquale. Mi piacerebbe, poi, insieme sostare, come ci suggerisce la Liturgia, davanti al Sepolcro vuoto, capaci di cogliere la bellezza delle parole riportate dal Vangelo: “Non è qui! È risorto come aveva detto”. Io penso che in questo tempo, particolarmente difficile per tutti noi, tempo di prova, di sofferenze inaudite a ogni livello, vorrei che fossimo capaci di leggere i segni di vita e di amore. Anche le nostre piccole comunità di montagna sanno esprimere il nome del Signore risorto».
Il messaggio della Resurrezione è dirompente e rivoluzionario, ma il mondo contemporaneo sembra non accorgersene. Lo nota anche lei?
«C’è bisogno davvero di una conversione, di una capacità di ritorno a Dio, proprio perché è facile dire “buoni” o “cattivi”, o dividere, ma io credo che dobbiamo cercare di riconquistare la capacità – come ci suggerisce, d’altra parte, in continuazione papa Francesco – di avvertire l’urgenza da parte di tutti, di tutti noi, di un ritorno, di una conversione vera, di una capacità di leggere la miseria nella quale siamo precipitati. Come pastore in una comunità, in questo periodo la domanda si ripresenta: quanti, tra di noi, sentiamo questa esigenza? Quanti giovani, quanti adulti, in questo tempo di preparazione alle feste pasquali, sentono il bisogno non solo di, come si diceva una volta, cambiare il vestito, ma di guardarsi un po’ dentro, nel profondo, e ascoltare l’Apostolo quando dice: “Vi supplichiamo, riconciliatevi, con Dio e con i fratelli”. Io avverto questa esigenza oggi, perché, altrimenti, continuiamo a dire che le cose vanno male, ma non ci impegniamo a risolvere i problemi. C’è bisogno di una spinta in avanti. È il richiamo proprio anche di queste feste pasquali».
Nei paesi di montagna la sensibilità al messaggio cristiano è maggiore o siamo allo stesso livello di tutto il resto del mondo?
«Mi verrebbe da dire che un vento gelido di scristianizzazione sta soffiando un po’ ovunque. Vorrebbe spegnere entusiasmo e impegno in tanti battezzati, però… – Ecco questo però: c’è questo piccolo gregge, ciò che rimane. Io vedo che si distingue davvero in una partecipazione più matura e più coerente al progetto di vita cristiana nella comunità. Parecchi laici sanno offrire fino in fondo il loro servizio e sanno essere testimonianza, non limitandosi semplicemente a osservare precetti. Sono sensibili, sentono. È chiaro che vanno aiutati e sostenuti. Queste persone vanno aiutate attraverso itinerari seri di formazione, come ci suggerisce il Concilio, per infondere veramente nuova forza nelle nostre piccole comunità. Dobbiamo fidarci un po’ di più di questa potenzialità che abbiamo proprio nei laici. È una risorsa davvero grande che stiamo riscoprendo e credo che dobbiamo credere fino in fondo in questa presenza».
Quali sono i suoi ricordi di bambino delle Pasque trascorse nelle valli del Natisone?
«Sono passati tanti, tanti, tanti anni. Certo che mi sono rimasti ricordi che mi accompagnano e hanno lasciato una forte, direi anche profonda, traccia dentro di me. Ricordo simbologie e riti di allora che hanno veramente segnato la mia sensibilità di bambino. Al di là della ricchezza di tradizioni che distinguono le valli della mia origine, mi piace ricordare come per esempio le liturgie del Triduo pasquale, vissuto in quel clima particolare, partecipato dai bambini e dagli adulti, si traducevano in altrettanti riti nelle singole famiglie, in cui i bambini potevano attingere vero nutrimento per la crescita nella fede. Attorno al tavolo, non solo il giorno di Pasqua, si scopriva la preziosità dei Misteri, proprio attraverso la condivisione. Questo richiamo forte anche alla famiglia mi è rimasto nel profondo. Ringrazio il Signore che anche qui a Moggio, in questi ultimi anni, attraverso la collaborazione di laici, veramente convinti, nell’ambito famiglia, viene proposta ogni anno, – l’invito è già stato mandato – ai genitori che hanno battezzato i figli negli ultimi sei anni, la festa dei battesimi nella seconda domenica di Pasqua. Questo è per me come ritornare indietro per dire: “Famiglie è a voi che spetta il compito di accompagnare questi vostri figli nel segno di questi grandi Misteri che noi celebriamo, ma che vanno in qualche maniera condivisi nelle singole famiglie”».
Qual è l’augurio che si sente di fare, che desidera rivolgere ai suoi parrocchiani e anche agli abitanti delle valli del Natisone?
«Non vorrei essere superficiale, ma è quello che sento: vorrei che in tutte le case della mia comunità attuale, ma anche nelle case delle mie valli di origine, arrivasse l’annuncio dell’Angelo a Pasqua. Quell’annuncio di cui ho parlato all’inizio, cioè che Gesù è davvero risorto e per noi è non solo riferimento, ma forza per affrontare le difficoltà della vita. Io auguro che ancora una volta la Pasqua sia per tutti noi occasione per celebrare insieme, prima di tutto, le Liturgie straordinarie e vivere poi con intensità la bellezza della nostra fede che poggia su Uno presente in mezzo a noi, in cammino con noi. Possiamo cogliere la sua presenza accanto a noi, perché è in cammino con noi: “Sono con voi tutti i giorni, fino alla fine”. È l’augurio che faccio a tutte le famiglie di questa comunità delle valli del Natisone con l’augurio che ci distingue: vesela Velika noč!».
Proprio così, «vesela»!
«Che sia gioiosa per tutti noi. Che porti serenità e speranza nel cuore di tutti noi». (Ezio Gosgnach)