La convulsione politica interna agli Stati, ad iniziare dal nostro, la pandemia che butta all’aria ogni sicurezza per la sua pervasività e voracità incontrollata e, per certi versi, incontrollabile, fanno da specchio ad un’umanità che si interroga, finalmente, sul senso della propria esistenza. La paura della sofferenza, della malattia e della possibile nefasta prematura soluzione finale fa da sfondo ai più svariati comportamenti che vanno dal panico all’incoscienza, dalla rabbia al cinismo, dalla sfida presuntuosa al menefreghismo della propria ed altrui sorte.
Molti, troppi, dalle convulse e contradittorie valutazioni sulla pericolosità del Covid 19, estrapolano una propria idea in merito, assumen- do atteggiamenti e proprie personali convinzioni al di là di ogni corretta razionalità e buon senso. Effettivamente stiamo assistendo, nell’era della scientificità imperante, cui si affidano certezze e prospettive di vita e di sviluppo, atteggiamenti irrazionali, paragonabili alle credenze di popolazioni primitive preistoriche e medioevali.
Tanto per parlare della pandemia, che dilaga per l’incoscienza e l’irresponsabile menefreghismo di molti e che costringe le autorità preposte a vincoli personali e sociali sempre più stretti, si tentano tutte le strade per giustificare atteggiamenti velleitari, fino alla negazione dell’evidenza più banale prima che scientifica.
Ospedali al collasso, servizi sanitari arrancanti, carenza di strutture e dei relativi operatori, aumento dei decessi e quant’altro a molti paiono invenzioni, come se i fenomeni pandemici originassero da una famigerata regia occulta di oscuri poteri.
Mi viene in mente la massima medioevale latina «Mors tua vita mea», espressione che meglio rispecchia l’egoismo umano, un maldestro istinto di conservazione, il quale, se necessario, non esita a calpestare ogni vincolo di parentela, ogni rapporto di amicizia. Oggi, quella massima, sembra non limitarsi al singolo e tende a divenire progetto per una società dominata dal materialismo edonista fondato sul denaro.
Il cinico «cinguettio» su Twitter del presidente della Giunta regionale ligure, Giovanni Toti, sui «pazienti molto anziani» colpiti dal Covid-19, definiti «non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese», la dice lunga: fa presagire prospettive raccapriccianti sulla scia del già vissuto nell’Olocausto. Ma oggi, «Mors tua, vita mea» si traduce in «Mors tua, mors nostra» in cui, nel «nostra», sei incluso anche tu, perché il Covid 19 ha nel suo Dna il passaggio dal tuo al nostro e al vostro. I miei ricordi di studi classici mi riportano ad «Alcesti», a una delle opere scritte dal tragediografo greco Euripide 2.500 anni fa, tanto per dire che non c’è nulla di nuovo nel comportamento umano: «Homo homini lupus«, tanto per tornare, col commediografolatino Plauto, a citazioni classiche. Il re Admeto, colpito da un morbo che non perdona, ottiene dagli dèi la grazia di non morire, purché trovi qualcuno disposto
a morire al suo posto. Ovviamente non lo trova, se non nel sacrificio volontario della moglie Alceste. Ercole scende nell’Ade e la riporta in vita. Lieto fine? In teoria sì, ma, mi domando, che senso ha la vita assieme ad un marito assurto a simbolo dell’egoismo più cinico?
C’è da chiedersi: quanti «Admeti» circolano spavaldi e irresponsabili nelle «movide» cittadine di oggi, coll’illusione o la sciocca pretesa della propria incolumità a scapito dei più deboli e degli anziani destinati a soccombere in attuazione «coatta» alla «selezione naturale» ipotizzata da Darwin.
Non so se sia stata la principale ragione scatenante del «Fired – licenziamento » del presidente Donald Trump la sua gestione della tragedia Covid- 19, ma, secondo me, l’evento ha evidenziato ancora una volta il suo cinismo affermando che ognuno avrebbe potuto sconfiggere il virus così come ne è uscito vittorioso lui. Che muoiano i deboli, i poveri, gli etnicamente indesiderati, i profughi. Pulizia sociale affidata ad un nemico/amico, una volta venuto a patto con lui.
La vittoria di Biden, per un popolo che si attribuiva il merito di una democrazia esemplare, dà una spinta al ripensamento, a una riflessione più matura sulle sorti umane che hanno una possibile salvezza solo con l’inclusione, con la corresponsabilità, con il senso del «noi», quando la vita propria e quella degli altri è possibile solo legati nella sorte comune. Per i credenti cristiani, ma anche per atei, agnostici, scettici, razionalisti e quant’altri, in fondo, è un riconoscimento della validità intrinseca dell’insegnamento evangelico. Riccardo Ruttar