Se non è possibile trapiantare il modello trentino sulla tutela delle minoranze linguistiche in altre realtà a causa delle diversità storiche e politiche, è possibile tuttavia coglierne lo spirito, l'atteggiamento positivo e propositivo e farne un paradigma in tutte le situazioni in cui vivono comunità portatrici di valori culturali e linguistici minoritari.
È questo quanto emerso nel corso dell'incontro con Marco Viola, dirigente del Servizio per la promozione delle minoranze linguistiche locali presso la provincia autonoma di Trento, che ha avuto luogo lo scorso 17 novembre a San Pietro al Natisone su iniziativa dell'Istituto per la cultura slovena e il patrocinio del comune di San Pietro e la provincia di Udine. L'incontro è seguito ad una visita che alcuni rappresentanti delle organizzazioni slovene della provincia di Udine hanno avuto, la scorsa primavera, con i ladini, i tedeschi, i cimbri e i mocheni sparsi tra Veneto e Trentino – Alto Adige, e ad un incontro con lo stesso Viola presso la provincia di Trento.
L'alto livello di tutela delle minoranze in Trentino, ha sottolineato Viola, deriva da una scelta politica che è stata possibile grazie alle vastissime competenze dell'amministrazione provinciale e alla disponibilità di mezzi finanziari, assicurati dal trasferimento alla provincia autonoma del 90 per cento delle entrate. «Si tratta — ha sottolineato l'alto funzionario provinciale — di dare le priorità alle risorse e la provincia di Trento ha scelto di privilegiare le minoranze» perché le lingue rappresentano un valore aggiunto per la cultura, l'economia ed il turismo.
Viola ha tracciato un rapido excursus sul perrcorso seguito dalla provincia e dalle minoranze in materia di tutela linguistica e culturale. Negli anni '60 si è rafforzata la coscienza del valore delle lingue minori presso le amministrazioni pubbliche e le minoranze stesse. Negli anni '70 sono stati fondati gli Istituti di cultura il quali, grazie alle leggi provinciali, hanno acquisito personalità giuridica, sono governati da un consiglio di amministrazione e dispongono dipendenti a tempo indeterminato. In virtù delle competenze quasi statali della provincia in materia di istruzione, i programmi scolastici prevedono in ogni ordine e grado l'insegnamento della e nella lingua della minoranza, della storia e delle tradizioni locali.
Ma il perno attorno al quale ruota il sistema di tutela sono le amministrazioni pubbliche, in particolare i comuni. Essi, ha sottolineato Viola, rappresentano la garanzia che ai cittadini sia assicurato il diritto di esprimersi in tutte le situazioni nella propria lingua; di rivolgersi all'amministrazione pubblica e di avere da essa risposte nella propria lingua. «È un simbolo di dignità, uguaglianza, riconoscimento di un diritto» ha chiarito Viola.
Altro pilastro su cui poggia la tutela delle minoranze in Trentino è l'informazione che viene sostenuta e promossa perché considerata un diritto fondamentale sancito anche dalla Carta europea per le lingue regionali o minoritarie. Sul quotidiano locale è pubblicata ogni settimana una pagina in ladino; alternativamente in cimbro e mocheno; nelle tre lingue ci sono notiziari radio e tv, mentre i ladini pubblicano un settimanale di 40 pagine.
I trasferimenti e l'utilizzo dei mezzi finanziari sono concordati nell'ambito di una conferenza alla quale partecipano rappresentanze della giunta provinciale, dei sindaci, dei presidenti delle comunità montane, dei dirigenti scolastici, dei presidenti degli istituti culturali e dal rappresentante (di diritto) dei ladini in consiglio provinciale. A controllare questo complesso sistema è stato istituito dalla legge e nominato dal consiglio provinciale, con una maggioranza di due terzi, un organismo che ha i poteri del difensore civico.
L'intervento di Marco Viola in sala consigliare è stato preceduto da un incontro, presso il centro sloveno di San Pietro, tra i rappresentanti delle organizzazioni slovene della provincia di Udine, lo stesso Viola e Marco Potrich, del Servizio minoranze linguistiche della provincia di Trento, accompagnato da alcuni ragazzi che impiegheranno l'anno di servizio civile per la realizzazione di un database, vale a dire di una banca dati quale strumento per la conoscenza delle minoranze e di dialogo tra le stesse.