Solovki, dove la Madre di Dio ha casa

 
 
Ad Agosto la Chiesa slava non va in ferie. Il mese è infatti molto ricco dal punto di vista liturgico e pur essendo per quasi la sua totalità impegnato nella pre-festa, festa e post-festa relativa alla Dormizione della Madre di Dio, presenta un certo numero di celebrazioni di grande impegno.
Il giorno otto, ad esempio, sono ricordati alcuni santi la cui vita e le cui opere contribuirono nel XV secolo a rinsaldare il concetto di Tebaide del Nord attribuito alla Rus’ dell’epoca in virtù del fiorire ovunque di esempi di monachesimo e di ascetismo. Nonostante la volontaria scelta di vita eremitica da parte di questi monaci — spesso infatti erano le inospitali foreste del nord a costituire il naturale rifugio e l’ambito di preghiera ottimale — l’esempio della loro profonda spiritualità oltrepassava rapidamente i confini naturali che essi avevano posto come segregazione dal mondo e convogliava un numero sempre crescente di fedeli presso le piccole cappelle lignee dove gli eremiti si riunivano nella preghiera.
È appunto il caso dei tre monaci ricordati l’otto di Agosto, German, Sawwatj e Zosima: i primi due sono considerati tra i fondatori del Monastero della Trasfigurazione (1429) nell’arcipelago delle sei isole Solovki nel Mar Bianco e di uno dei più famosi cenobi di tutta la Russia. Ed è appunto con la storia russa che il Monastero delle Solovki è strettamente connesso: non solo per il rifiuto da parte dei suoi monaci di seguire la riforma liturgica voluta dal Patriarca Nikon, rifiuto che culminò nell’assedio al Monastero posto dalle truppe dello Zar Alexii che si concluse nel 1676 dopo ben sette anni di resistenza; ma anche per aver costituito il luogo estremo di punizione per dissidenti, prima solo nei riguardi della Chiesa, poi anche e soprattutto per quelli verso il regime comunista. Nel 1920 infatti fu istituito il GULag tristemente noto come «campo per scopi speciali» (Solovetzkij Lager' Osobogo Naznachenia) per detenuti politici che soprattutto nel ventennio fino al 1939 ospitò centinaia di migliaia di prigionieri vittime delle repressioni di Stalin e della sua polizia politica. Chi ha avuto modo di vedere qualche immagine delle Solovki avrà certamente avuto modo di notare come la serenità e la incontaminata tranquillità della natura strida violentemente con quanto invece vi è accaduto. A chi poi voglia approfondire questo argomento vorrei consigliare la lettura del libro di Jurij Brodskij Solovki. Le isole del martirio, pubblicato nel 1998 dalle Edizioni La Casa di Matriona (Seriate): testo che si configura come un appassionante racconto svolto in prima persona dalle testimonianze degli ex detenuti, cui si aggiungono documenti ufficiali e, in contrappunto, le voci del regime e della stampa ufficiale dell'epoca che inneggiavano al valore «educativo» del lager, presentandolo al paese e al mondo come «isole di distensione». Le testimonianze (tra cui compaiono anche poesie e canzoni scritte in reclusione, lettere e appunti presi durante il soggiorno nel lager e fortunosamente recapitati nel mondo libero) sono in parte materiali raccolti dallo stesso Brodskij dalla viva voce degli ormai pochi testimoni, in parte rinvenuti in archivi privati e statali, in parte presi da pubblicazioni uscite sia in Russia sia in Occidente.
Il Monastero delle Solovki per fortuna risuona anche delle voci della mistica religiosa, quella che ognuno può intuire presente in filigrana ai capolavori d’arte sacra di cui il Monastero è particolarmente ricco e che, in buona parte, riguardano il culto della Madre di Dio, fortemente sentito in tutto l’Oriente cristiano e dunque anche nella sua componente slava: una antica icona della Madre di Dio ‘Odigitria’; un’altrettanto antica icona della Assunzione della madre di Dio; un’altra icona della Madre di Dio Zapechnaya, rivelatasi a S. Filippo nel luogo dove successivamente verrà costruita la Chiesa della Natività. La Theotòkos, la Madre di Dio appunto, è particolarmente presente nel Monastero delle Solovki, così come in ogni altra Chiesa d’Oriente. Il titolo le venne attribuito nel 431 dal Concilio di Efeso come conseguenza della proclamazione del dogma cristologico secondo cui Cristo, pur essendo contemporaneamente Dio e uomo, è una sola persona — è un titolo riservato a Maria che proviene dalla più antica tradizione cristiana: nel III secolo, i cristiani d’Egitto si rivolgevano a lei con questa preghiera che, tra l’altro, può essere considerata come la più antica testimonianza del titolo: «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, o Madre di Dio» e nel vangelo apocrifo di Bartolomeo (I secolo) è contenuto un accenno al motivo di questo titolo: «Gioisci, o piena di grazia e vaso di elezione. Ancora tre anni e ti manterrò la mia parola. Tu concepirai un figlio per mezzo del quale sarà salvata tutta la creazione. Tu sarai il calice del mondo. Pace a te, mia diletta».
Con il IV secolo, il termine Theotòkos è estremamente diffuso nella Chiesa d’Oriente e d’Occidente e la sua invocazione è entrata nel partimonio della fede. Si comprende allora il movimento di protesta che si sollevò nel V secolo quando Nestorio mise in dubbio la legittimità del titolo stesso. Egli infatti riteneva Maria madre dell’uomo Gesù: dunque la sua titolatura andava corretta in quella Madre di Cristo. L’errore era stato quello di scindere le due nature di Cristo, l’umana e la divina e il Concilio di Efeso fu dunque chiamato a correggere proprio questo errore e ad affermare la sussistenza della natura umana e di quella divina nell’unica persona di Cristo. La divina maternità di Maria, dunque, si riferisce solo alla generazione umana del Figlio di Dio e non invece alla sua generazione divina: questa infatti deriva da Dio Padre che gli è consustanziale.
È ancora il Concilio di Efeso a determinare il termine post quem a Gerusalemme festa della Dormizione della Madre di Dio: Dormizione è il termine liturgico tipicamente proprio della Chiesa d’Oriente per indicare questo particolare ‘sonno’ della Madre di Dio; un’opera anonima scritta nel II secolo ed intitolata «Sermone di San Giovanni il teologo sulla Dormizione della Madre di Dio» venne tuttavia tradotta nella Chiesa occidentale come «Transizione» e anche nella liturgia la Chiesa slava d’Oriente mantiene con determinazione questo mistero: uno degli stichirà della Lithià canta: «Venite, tutti voi che amate festeggiarla! Venite e formiamo un coro. Venite e riempiamo la Chiesa con inni di lode per la dormizione dell’arca di Dio poiché oggi i cieli si sono aperti per ricevere colei che ha dato la luce a Colui che nulla può contenere».

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