Rimane attuale il messaggio che «Marija od sarpà» affidò a Teresa

 
 
Un’artistica vetrata a mosaico che raffigura l’apparizione mariana arreda la Casa di accoglienza di Porzus, situata poco sopra la cappella votiva. L’hanno realizzata in vetro tiffany Dino Cignacco e Ivano Zanuttigh, docenti dell’Università della terza età di Cividale, presieduta dal professor Adolfo Londero.
La cerimonia di inaugurazione è avvenuta mercoledì 8 settembre, che nel calendario coincide con la ricorrenza dei 155 anni da quando la Madonna apparve, nella dolina di Porzus, alla piccola Teresa Dush, intenta a tagliare erba per la sua mucca.
E che la giornata fosse speciale, nonostante il flagello di un autentico diluvio, lo si è capito di prima mattina, quando nella cappella dell’apparizione i rappresentanti dell’Ute cividalese si sono uniti ai fedeli che hanno assistito alla messa.
Ha celebrato don Carlo Gamberoni, che lega il suo nome e la sua opera all’indimenticabile monsignor Vito Ferini, con il quale operò con grande tenacia per far riemergere un avvenimento religioso che, pur confortato da documenti ufficiali, pareva destinato all’oblio. Con il sacerdote hanno concelebrato don Giuseppe Dush e don Bruno D’Andrea.
«Il giorno di festa è sacro al Signore». Così, don Gamberoni, sintetizzando il monito mariano, ha dato inizio alla funzione, ricordando che, proprio a 155 anni di distanza, «la sollecitazione della Vergine deve trovare applicazione anche ai giorni nostri, segnati da venti di confusione, di sbandamento. Ancora oggi ne dovrebbe fare frutto ogni cristiano rispettoso, coraggioso e coerente».
Ricordando, all’omelia, alcuni passaggi fondamentali dell’apparizione mariana e della scoperta di ulteriori importanti documenti storici, don Gamberoni, senza mezzi termini, ha contestato l’appellativo improprio di Madone de sesule, «perché quel falcetto che la Madonna prese dalle mani della piccola Teresa era indicato dalla gente di Porzus come il ‘srp’, che in ‘po našen’, il dialetto sloveno locale, si pronuncia ‘sarp’». Ed è proprio per questo che, tempo fa, il nostro giornale ne aveva suggerito una etichetta storicamente più appropriata, ovvero ‘Marija od sarpà’.
Non è certo il caso di soffermarci troppo su una disquisizione più di facciata, anche se rispettosa del contesto storico dell’apparizione mariana nella dolina di Porzus, perché «resta fondamentale — ha affermato il celebrante — fare tesoro di un insegnamento che la Vergine, rivolta a Teresa, invitò ad andare a gridare alla sua gente».
Intanto, forse le tante preghiere e canzoni avevano anche ottenuto il beneficio di allentare la morsa del diluvio, così da consentire il trasferimento nella Casa di accoglienza per la benedizione della vetrata.
È stato ancora don Gamberoni l’officiante. Prima di aspergere l’opera e di baciarla infine, in segno di venerazione, il sacerdote ha voluto rendere merito al pregevole prodotto artistico, ringraziando gli autori e il preside prof. Adolfo Londero, soprattutto ricordando che nel tacito gemellaggio Porzus-Cividale «pare di leggere una sorta di ricorso storico». La piccola Teresa, infatti, poco dopo la morte dei genitori, fu inviata a Cividale, anche per imparare l’italiano (era totalmente analfabeta). Lo testimonia una lettera con la quale il canonico della città ducale, monsignor Nicolò Tiossi, affidava a padre Luigi Scrosoppi la fanciulla Teresa, «perché intorno a lei stava nascendo una ‘indiscreta devozione’ che la indicava come ‘Teresa della Madonna’».
La fanciulla sarebbe successvamente tornata a Cividale per altri quattro anni di alfabetizzazione. E ora piace registrare come dall’Ute di Cividale si siano riallacciati antichi rapporti.
Ma siamo ancora alla cerimonia di inaugurazione della vetrata a mosaico offerta al santuario mariano dall’Ute di Cividale. Nel suo intervento, il preside Londero ha reso merito alla disponibilità dei docenti Dino Cignacco e Ivano Zanuttigh e ha ringraziato il parroco don Vittorino Ghenda per avere accolto con entusiasmo l’omaggio. «Abbiamo inteso — ha detto Londero — dare un segnale importante anche ai nostri 600 allievi. Dobbiamo lavorare e apprendere non soltanto per un appagamento personale, ma anche per lasciare traccia del nostro amore per il territorio». Di questo amore per i paesi della Slavia friulana l’Ute ne sta dando ampia dimostrazione. A Porzus, nel 2007, nella chiesa parrocchiale era stato realizzato un mosaico nel fonte battesimale dove fu battezzata anche Teresa Dush. Sempre a Porzus e sempre nella casa di accoglienza, dallo scorso anno fa bella figura una riproduzione lignea di un crocefisso del XI secolo, già appartenente alla famiglia Bernardi, oggi di proprietà della Banca Popolare di Cividale.
Lo ha prodotto lo scultore Renato Gentilini, presente alla cerimonia, docente di scultura, che tra i suoi allievi annovera Mario Budulig, autore di una splendida Ultima cena, prodotta lo scorso anno, e del monumento all’emigrante, inaugurato lo scorso 8 agosto. Queste due opere sono state donate rispettivamente alla Parrocchia e alla Comunità di Prossenicco per iniziativa dell’associazione culturale Prosnid živi.
Ma merita ricordare che l’Ute di Cividale, approdò nel 2008 anche a San Giovanni d’Antro, per la quale chiesa lo scultore Renato Gentilini realizzò le statue lignee dei santi Giovanni Battista, Giovanni Evangeslista e Stefano, copie degli originali dei primi del ‘700 custoditi presso il Museo diocesano di Udine.
Che mercoledì 8 settembre 2010 segni la ricorrenza dei 155 anni dell’apparizione mariana a Porzus è assolutamente significativo e religiosamente di grande rilevanza. Ma che in quella circostanza l’Ute di Cividale abbia voluto essere rappresentata per ingegno, operosità, affetto e vicinanza è altrettanto importante. È il segno che la Madonna di Porzus (o Marija od sarpà) ha saputo estendere il suo contagio, perché il grido sollecitato alla piccola Teresa viene raccolto sempre più da lontano.

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