Un convegno a 70 anni dalla liberazione «non solo per ricordare la fine di un conflitto, che è stato un’immane tragedia e sulle cui macerie è stata costruita la nuova Europa, che ha saputo mantenere la pace in un contesto internazionale ancora scosso da sanguinosi conflitti in più parti del mondo e che Papa Francesco ha definito la terza guerra mondiale, ma anche la campagna antislovena che nel dopoguerra si è sviluppata nella Slavia friulana contro i sacerdoti, le persone di cultura, che si sono impegnate per il riconoscimento dei diritti della comunità slovena autoctona. In questo contesto storico si inserisce la testimonianza di don Antonio Cuffolo, sui fatti avvenuti durante e alla fine della seconda guerra mondiale nel “focolaio” della canonica di Lasiz in cui egli fu parroco».
Così Giorgio Banchig, presidente dell’associazione «don Eugenio Blanchini», ha introdotto la presentazione della seconda edizione dei diari di don Cuffolo, da lui stesso curata e pubblicata dalla cooperativa «Most». La serata, con il titolo «Dall’ostilità alla casa comune europea», ha avuto luogo venerdì 24 aprile nella sala consiliare del comune di San Pietro al Natisone, davanti a un pubblico numeroso, qulificato e attento.
Mons. Marino Qualizza, teologo e direttore del quindicinale di ispirazione cattolica “Dom”, si è detto «testimone e vittima» degli anni bui della Slavia. Ha conosciuto don Cuffolo e ha detto che i suoi diari «testimoniano quanto sia stato difficile vivere nelle valli nel dopoguerra e conservare la propria identità slovena, trascurata e maltrattata per quasi un secolo da una politica avversa che ancora oggi non sa distinguere tra cittadinanza e nazionalità. Il primo problema era rappresentato dalla contrapposizione tra Oriente ed Occidente, comunismo e liberalismo, una guerra oggi incomprensibile che attanagliò anche la Chiesa e che ebbe dei risvolti nella nostra realtà, in cui c’era l’equazione tra comunismo e lingua slovena. In questo contesto la Chiesa universale e locale non hanno avuto grande saggezza, non hanno offerto alcun aiuto. Quanti hanno perseguito nella difesa della propria lingua e cultura hanno operato nella consapevolezza di essere portavoce di un tesoro da valorizzare affinché la permanenza in loco della popolazione contribuisse al processo di pacificazione tra i due blocchi in cui era contrapposta l’Europa».
«Sono cresciuta nel Canal del Ferro, al confine con la Val Canale, dove non ho mai sentito la presenza dei confini, ma l’ho sempre considerata parte dell’Europa. L’Europa vera delle identità, delle culture e dei popoli. Solo se riusciamo a valorizzare popoli, identità e cultura rispetteremo gli obiettivi dei padri costituenti dell’Unione Europea. Al di là dei progetti, ciò che conta è il rispetto dei popoli, della libertà e della storia, affinché le ferite del passato non ritornino e ci sia un continuo prodigarsi per affermare la pace», ha detto l’europarlamentare Isabella de Monte, di Pontebba, che ha sottolineato come l’integrazione politica, intento dei padri fondatori dell’Unione Europea, non sia stata ancora raggiunta, come si evince dalle difficoltà di realizzare una politica estera comune e da una eccessiva disattenzione verso alcuni aspetti quali la gestione dei flussi immigratori.
L’europarlamentare Alojz Peterle, il premier che portò la Slovenia all’indipendenza e poi ministro degli Esteri, da sempre amico della Slavia friulana, ha detto che l’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea ha rappresentato una svolta, perché da allora il popolo italiano considera quello sloveno un popolo con il quale condividere una comune cultura europea e nella Slavia friulana è emersa una nuova consapevolezza sulla propria identità e cultura slovene, rafforzate da una più fervida collaborazione con la madrepatria.
Peterle ha ricordato l’incontro che, come ministro degli Esteri ebbe a Gorizia con l’allora collega italiano Emilio Colombo, con il quale si è accordato di istituire la commissione mista storico culturale, che dopo sette anni di lavori ha pubblicato una relazione (disponibile su internet in entrambe le lingue) su quasi 80 anni di storia (1880-1956), nella quale vengono esaminati i fenomeni del nazionalismo, irredentismo, fascismo, nazismo e comunismo e ciò che hanno rappresentato per le aree e i popoli di confine. Purtroppo la politica ha trascurato i contenuti di questa relazione, che avrebbe potuto sfruttare per sviluppi più ambiziosi, per normalizzare i rapporti tra i due popoli e valorizzare le minoranze.
Peterle ha sottolineato come sia essenziale per l’Europa rispettare tutte le sue identità, che non rappresentano un fenomeno quantitativo, in quanto l’identità non si misura con i censimenti, ma necessitano rispetto e sostegno. Solo così riusciremo a sconfiggere i retaggi del passato, promuovendo, soprattutto nelle zone di confine, le più trascurate e penalizzate in passato, un clima di fattiva collaborazione, in cui nessuno si senta minacciato perché parla la sua lingua madre e difende le proprie idee.
Peterle ha auspicato, quindi, in un contesto positivo in cui sfruttare con rinnovata coscienza i fondi statali, regionali ed europei per promuovere uno sviluppo, capace di frenare eventuali regressi futuri e sfruttare la minoranza quale fonte di ricchezza per l’intera comunità.
In apertura del convegno, ha portato un saluto da parte dell’amministrazione comunale sanpietrina, l’assessore alla cultura Michela Sklarz. In sala erano presenti anche il consigliere regionale Giuseppe Sibau, i sindaci di Savogna, Germano Cendou, di San Leonardo, Antonio Comugnaro, di Stregna, Luca Postregna, l’assessore di San Pietro Tiziano Manzini, i vicesindaci di Pulfero, Mirko Clavora, di Drenchia, Michele Qualizza, e di Taipana, Elio Berra.
V četrtek, 24. aprila, v kamunski dvorani v Špietru je bil posvet ob 70-letnici konca druge svetovne vojske. Ob teli parložnosti so predstavli tudi Cuffolov dnevnik, ki ga je izdalo Most in uredil Giorgio Banchig. Na posvetu so spregovorili msgr. Marino Qualizza, zgodovinarja Zdravko Likar in Fulvio Salimbeni, evroparlamentarca Isabella De Monte in Alojz Peterle. Moderator večera je bil Giorgio Banchig.