I rapporti tra la resistenza italiana e quella slovena «erano ambivalenti: ci furono momenti di grande collaborazione e momenti di profondi contrasti ideologici». Con queste parole Alberto Buvoli ha inziato il suo intervento sui rappporti tra le due resistenze, durante l'ultima serata dei Beneški kulturni dnevi, tenutasi a San Pietro il 25 novembre scorso. Davanti a un folto pubblico, Buvoli ha descritto i caratteri principali dei due movimenti di resistenza. Entrambi avevano due problematiche da risolvere: la questione dei confini e il principio di autodeterminazione dei popoli, principio che, a causa delle diverse vicende storiche vissute nei due territori, veniva recepito in maniera diversa. Se da parte italiana l'antifascismo aveva, infatti, motivazioni ideologiche e sociali, da parte slovena, invece, si esprimeva con uno spiccato carattere nazionale. Ed è proprio a questo livello che nacquero le incomprensioni.
Durante la resistenza il Partito comunista italiano ebbe un ruolo chiave in quanto fu l'unico interlocutore riconosciuto dalle resistenze slovena e croata. Gli sloveni miravano a liberare il loro territorio nazionale da tre imperialismi: quello austriaco, quello italiano.
Nell'autunno del 1942 ci furono i primi contatti dei partiti comunisti friulano e triestino con la resistenza slovena. Furono presi accordi di sostegno con i quali la parte italiana si impegnava al rifornimento di medicinali e viveri. Il 1¼ marzo 1943 alla resistenza slovena si unì il primo nucleo di resistenti friulani. Quando il 25 luglio 1943 cadde il fascismo e si sfaldò l'esercito, i popoli sloveno e croato insorsero. Il 16 settembre dello stesso anno la Slovenia dichiarò l'annessione della zona del Litorale che fino a quel momento era stata italiana, mentre alla Croazia si annettevano l'Istria, la Dalmazia, Pola e Zara. Queste dichiarazioni, confermate dal consiglio supremo della Jugoslavia, trovarono invece la ferma opposizione del Pci, in quanto riguardavano zone che fino a quel momento erano state di pertinenza italiana. Poiché non si riusciva a trovare un punto di dialogo, si decise di rimandare la questione dei confini alla fine della guerra. Tra l'agosto e il settembre del 1943 si cominciò a percepire la fine delle ostilità. Ma nell'Italia liberata dopo l'armistizio, riemersero le antiche forze conservatrici imperialiste e fasciste. In quest'ottica, vanno lette le stragi, come quella di Porzus.
Buvoli ha concluso il suo intervento sottolineando soprattutto il messaggio che quegli anni sanguinosi lasciano in eredità. Molta sofferenza si sarebbe potuta risparmiare se le grandi potenze fossero riuscite a risolvere tutti i contrasti, appellandosi ai principi di fratellanza e uguaglianza.