Nelle Valli del Natisone ci sono spazi, opportunità economiche, colturali e (cosa fondamentale…) domanda e mercato per nuovi giovani imprenditori agricoli. E non mancano anche importanti aiuti pubblici (anche se meno generosi e più selettivi rispetto al passato) per gli under 40 che vogliano impiantare una nuova azienda agricola.
Questo importante messaggio viene dalla «lezione itinerante» vissuta dai corsisti del master per giovani imprenditori promosso dall’associazione «Nascemed» di Cividale. Lo scorso 23 marzo una trentina di giovani aspiranti imprenditori si sono confrontati sul campo con tre imprenditori agricoli delle Valli del Natisone (Marianna Famea, contitolare dell’azienda agricola Specogna di Brischis di Pulfero; Mauro Pierigh, titolare dell’azienda agricola Valnatisone di Lasiz di Pulfero; Elisa Manig, titolare dell’omonimo caseificio di Tiglio di San Pietro al Natisone), coadiuvati dal costante apporto di due esperti (Luca Poggetti dell’Ersa e il prof. Roberto Chiesa). La domanda di fondo era molto «secca» e impegnativa: c’è ancora spazio per l’agricoltura nelle Valli del Natisone o le dinamiche del mercato (che chiede bassi prezzi e grosse quantità) rendono questo territorio definitivamente marginale? Ci sono possibilità di inserimento di nuovi giovani imprenditori agricoli?
La risposta è stata affermativa. Oggi, in tutti i principali settori dell’agricoltura delle convalli del Natisone, la domanda di prodotti agricoli tipici supera l’offerta. E ci sono anche dei prodotti molto richiesti, ma che attualmente non trovano alcun tipo di offerta.
Rapporto diretto produttore-consumatore
Ma chi sono i clienti delle produzioni agricole delle Valli del Natisone? Fondamentalmente sono di due tipi. Ci sono coloro che, dalla pianura friulana, ma anche da Trieste e dal Veneto, amano recarsi personalmente nelle aziende, vedere e toccare con mano come nascono le produzioni, scegliere i prodotti, dialogare con i produttori. C’è poi un’altra fetta importante di clientela con cui invece si è intessuto nel tempo un rapporto e alla quale i prodotti vengono portati direttamente e periodicamente a domicilio. Si tratta di rapporti stretti produttore-cliente nati a volte dalla partecipazione ai mercati in Friuli, ma anche a Gorizia e Trieste, a cui più recentemente si sono aggiunte persone agganciate tramite i social network. Una terza tipologia di cliente, molto importante perché diventa un veicolo promozionale indiretto, è la ristorazione di qualità che sceglie i prodotti delle Valli del Natisone per fare una cucina sempre più legata al territorio.
Valli del Natisone, un brand che è garanzia di qualità e genuinità
Dal punto di vista economico, quindi, l’agricoltura valligiana non potrebbe stare in piedi avvalendosi dei normali canali della grande distribuzione che impongono prezzi molto bassi e qualità di prodotti molto standardizzate. Le aziende nostrane hanno successo e continuità se riescono a fare proprio l’intero valore aggiunto generato dalla produzione fino alla vendita e a controllare quindi tutta la catena del valore.
È evidente che la clientela delle produzioni agricole della Slavia è molto attenta alla qualità, alla sostenibilità dell’ambiente e ai valori del territorio e si tratta quindi di una domanda più resiliente rispetto alla mera fluttuazione del prezzo. Si tratta di una clientela che percepisce la provenienza dalle Valli del Natisone come una garanzia di genuinità e di qualità, insomma un brand che dà fiducia.
Ricerca continua di nuovi prodotti e processi
L’innovazione è uno dei marchi distintivi che deve avere una azienda agricola nelle Valli del Natisone. Ad esempio nella frutticoltura c’è una continua attenzione a rendere il prodotto confacente all’evoluzione del gusto e ad ampliare anche la gamma di prodotti trasformati (succhi, marmellate, conserve ecc…).
La meccanizzazione dei processi di produzione, conservazione e trasformazione richiede inventiva e creatività, essendo in genere i macchinari dimensionati per aziende più grandi.
Per questo la vicinanza alla Slovenia è un vantaggio, perché lì i fornitori di attrezzature agricole sono più attenti alle esigenze delle piccolissime imprese di montagna.
A Vienna mangiavano le pesche di Rodda
Ma cosa potrebbe produrre un giovane imprenditore agricolo nelle Valli del Natisone? Anche nei settori tradizionali ci sono delle opportunità, perché attualmente la totalità della produzione frutticola viene venduta e ci sono quote di domanda inevasa. La melicoltura e il recupero di una produzione casearia di alta qualità sicuramente sono le produzioni più conosciute, ma non bisogna sottovalutare la riscoperta in una nuova chiave di antiche colture. A Lasiz da qualche mese, ad esempio, grazie alla collaborazione tra Ersa e azienda agricola Valnatisone si stanno sperimentando diversi tipi di innesto della celebre pesca di Rodda, che fino alla prima meta del ‘900 era considerata una varietà prelibata che finiva fino sulle tavole dei ricchi clienti di Vienna. Abbandonata a causa dello spopolamento e del prevalere di un consumo di massa, potrebbe essere una interessante riscoperta, anche se ci vorrà qualche anno per valutare gli esiti delle sperimentazioni sul campo. Da non sottovalutare nemmeno il castagno, che, risolto il grave problema del cinipide (un parassita che ha provocato per qualche anno una drastica diminuzione della produzione di castagne), potrebbe regalare delle belle soddisfazioni a chi volesse dedicarsi alle varietà locali, coltivandole naturalmente in modo moderno.
Chi pensa che nell’agricoltura di montagna non si possa introdurre nulla di nuovo, sbaglia. Ad esempio, gli imprenditori agricoli già affermati raccontano che la clientela affezionata delle Valli del Natisone vorrebbe, ad esempio, trovare dei fornitori di uova e di piccoli frutti (lamponi, mirtilli, more ecc…). La recente apertura a Tarcetta dell’azienda agricola Berdussin, che produce salumi di qualità, è stata per esempio salutata con grande interesse da chi già apprezza l’agricoltura valligiana.
«Le Valli del Natisone, come peraltro la Carnia, sarebbero molto vocate per la produzione di piccoli frutti di qualità – ha spiegato Luca Poggetti dell’Ersa –. Nella realtà invece i produttori sono pochissimi. Il motivo è semplice: si tratta di colture che richiedono una costante presenza sul territorio, non solo per la coltivazione ma soprattutto per la raccolta, che va fatta rigorosamente a mano anche due volte al giorno, alle prime luci dell’alba e all’imbrunire».
Insomma occorrono giovani agricoltori innamorati e appassionati della montagna, pure per altre importanti opportunità, che possono coinvolgere anche le zone più elevate e considerate meno appetibili. Ad esempio la produzione di ciliegie tardive, che maturano quando la stagione è al termine e i prezzi si impennano.
«Certo bisogna realizzare dei cereseti moderni, dotati di tutte le difese contro le intemperie, gli uccelli e gli insetti parassiti, ma già una coltivazione di 100 metri quadri con un investimento inferiore ai 10 mila euro può regalare delle buone rese».
E poi ci sono le coltivazioni un po’ più futuribili, ma non fantascientifiche, come quella dei cosiddetti mini kiwi, già molto in voga nell’Europa del Nord e dell’Est ma che stanno destando interesse anche in Italia, basta dare un’occhiata ai siti internet dedicati alla alimentazione salutare. «Si tratta di un frutto più piccolo del kiwi che conosciamo, che può avere la polpa non solo verde e gialla, ma anche rosa, che si mangia con la buccia ed offre molta varietà e sfumature di sapori», ha spiegato Poggetti agli aspiranti imprenditori agricoli. «Può crescere rigogliosa anche in montagna, pure sui versanti meno assolati».
Interessanti i finanziamenti a fondo perduto offerti ai giovani per l’impianto di nuove aziende agricole: siamo attorno ai 70 mila euro per ciascun giovane agricoltore. Fondi non enormi, ma interessanti, soprattutto se più giovani uniscono le forze. Probabilmente nelle Valli del Natisone gli ostacoli finanziari sono inferiori alla difficoltà di trovare terreni sufficientemente ampi per svolgervi una attività agricola. L’importante comunque – ha sottolineato Poggetti dell’Ersa – è partire dal presupposto che agricoltore è colui che produce cibo. Altre scorciatoie, come ad esempio la realizzazione di fattorie esclusivamente didattiche o di attività turistiche svolte con gli animali, non solo non resistono del tempo, ma risultano anche border line dal punto di vista legale per la fruizione dei contributi agricoli.
Ali veste, da so nekoč znamenite ruonške breskve jedli celo na Dunaju? Zdaj vrsto oživljajo v Lazeh. Vsekakor beneško kmetijstvo ne more staviti na količino, ampak na butično proizvodnjo v kombinaciji s turizmom. Kmetijske politike je treba nastaviti tako, da se domačim kmetijam pomaga in se ohranja kulturno krajino. Ključna sta tudi pridelava zdrave hrane in varovanje okolja.
V okviru vodenega programa v sodelovanju s krajevnimi kmetijami, je v soboto, 23. marca, društvo Nascemed ponudilo vpogled v možnosti za razvoj in oživitev kmetijske dejavnosti v Benečiji. Okoli trideset morebitnih kmetov je lahko spoznalo delovanje kmetije Specogna v Briščah pri Podbuniescu, kmetije Valnatisone v Lazah in sirarne Elise Manig v Lipi pri Špietru. Zelo zanimivi so bili pogovori s sami lastniki, saj je udeležence v kmetiji Specogna sprejela Marianna Famea, v kmetiji Valnatisone Mauro Pierigh in v sirarni sama Elisa Manig.
Na široko paleto možnosti sta čez dan opozorila Luca Poggetti iz deželne agencije za razvoj podeželja Ersa in profesor Roberto Chiesa. Povpraševanje po tradicionalnih proizvodih in zdravi hrani med kupci narašča. To velja tudi za obiskovalce in ljubitelje Benečije. Veliko priložnosti ponudita izdelovanje slanine in proizvajanje jabolk ali gozdnih sadežev. Trenutno skušajo v Ruoncu spet zasaditi znamenite ruonške breskve, ki so jih v preteklosti prodali tudi na Dunaju.
Cene zemljišč v Benečiji zagotovo niso previsoke; pomisleke včasih vzbuja velikost zemljišč samih, saj večkrat ni zadostna.