Seppure in ordine sparso, i sette Comuni delle Valli del Natisone si oppongono alle Unioni territoriali intercomunali (Uti) così come delimitate dalla Giunta regionale, che li ha inseriti nel vasto ambito del Cividalese e del Manzanese. Drenchia, Grimacco, Pulfero, San Leonardo e San Pietro al Natisone hanno aderito al ricorso al Tribunale amministrativo regionale, ravvisando elementi di incostituzionalità nella legge di riforma. Savogna, Stregna, ma anche Drenchia, insistono nella richiesta di istituire un’Uti nei confini dell’attuale Comunità montana del Torre, Natisone e Collio, anche facendo leva sulla deroga al numero minimo di residenti, alla continuità territoriale e alla partecipazione allo stesso Ambito socio-assistenziale prevista in particolar modo per i Comuni nei quali è riconosciuta la minoranza slovena.
«Non possiamo gettare la spugna e farci gestire dall’esterno. Non possiamo venire privati delle funzioni e essere ridotti a sindaci di rappresentanza, buoni solo a indossare la fascia tricolore per qualche cerimonia», tuona Mario Zufferli, primo cittadino di Drenchia, il Comune più piccolo, ma anche il più battagliero, tanto da essere in prima linea in entrambe le iniziative volte ad ottenere una riforma delle autonomie locali più rispondente alle esigenze dei cittadini e del territorio.
«Così com’è concepita, questa riforma potrebbe segnare la fine dei nostri Comuni. Spero che il Tar bocci la delimitazione delle Uti fatta dalla Giunta regionale e che poi venga accolta la richiesta di un nostro ambito, in virtù della deroga prevista dalla legge – dice Zufferli –. L’8 aprile andremo in consiglio comunale con un documento che chiede l’Uti così come l’avevamo proposta. A Drenchia siamo partiti in anticipo rispetto agli altri Comuni, già a settembre-ottobre dell’anno scorso quando abbiamo presentato dei documenti perché questa nostra entità territoriale fosse tenuta in considerazione».
Quanto all’offerta di istituire un subambito per le Valli del Natisone avanzata dall’assessore regionale alle autonomie locali, Paolo Panontin, e dal capogruppo del Pd, Cristiano Shaurli, il sindaco di Drenchia evidenzia che, «così com’è concepito dalla normativa, non ha nessuna veste giuridica, ha funzione consultiva, pertanto non serve a niente».
Panontin ha preso l’impegno di una riunione con gli amministratori delle Valli.
«L’assessore dovrebbe essere a Savogna il prossimo 15 aprile, ma l’appuntamento non è stato ancora confermato», informa il sindaco, Germano Cendou. «Noi non abbiamo aderito al ricorso al Tar, ma al documento per l’Uti della Slavia, che sarebbe la soluzione migliore. Unire è necessario, ma non con imposizioni dall’alto», spiega.
Per la via legale ha optato San Pietro al Natisone. «Questa è una riforma troppo invasiva e qualcosa va fatto per fermarla», afferma senza mezzi termini il sindaco, Mariano Zufferli. «Non so se rientriamo nei termini temporali per il ricorso, in caso contrario la nostra adesione avrà valore di sostegno politico e morale all’iniziativa», aggiunge. Sulla stessa linea è il primo cittadino di San Leonardo, Antonio Comugnaro, che parla di «riforma carente».
Da parte sua, il sindaco di Grimacco, Eliana Fabello, ha sottoscritto il ricorso forte di una delibera del consiglio comunale. «Se non fermiamo questa riforma – dice – i grandi Comuni la faranno da padroni e noi perderemo la nostra identità».