Dimitri Donskoi, l’autorità messa al servizio degli altri

 
 
Nella Chiesa, talora, il fascino degli atti dei Santi e il desiderio di porli nella giusta luce — in realtà maggiore dovrebbe essere di quella con cui di solito la pochezza umana riesce ad illuminarli — sfuma in una dimensione altra, in cui non è sempre facile dipanare il filo della realtà da quello della leggenda. Tuttavia, non di errori o di bugie si tratta, bensì di ingenuità che comunque, proprio perché tali e proprio perché affondano le loro radici in tempi remoti, contribuiscono ad aumentare l’empatia del credente verso il racconto della fede.
Così, leggendo le antiche storie della più antica religiosità slava, veniamo a sapere che — secondo la tradizione — S. Andrea, il primo chiamato, meditando e pregando il Vangelo, si fermò sulle colline intorno a Kyiv per benedire la futura nascita della città di Kyiv. Anche questa vicenda va letta nell’ottica della particolare benedizione di cui la Chiesa slava d’Oriente potè godere, e cioè del fatto di avere a poca distanza dai suoi confini l’Impero bizantino e con esso la porta aperta verso la prima cristianità.
Il battesimo della principessa Ol’ga di Kyiv nel 954 e del principe Vladimir e, insieme con lui, di tutta la Rus’ (988) sono da soli due straordinari eventi di fede con cui si diede inizio al vorticoso diffondersi di fede e di spiritualità, di liturgia e di ascesi, di eroismo cristiano e di misticismo. In una parola: la Chiesa slava d’Oriente.
Insieme con gli inizi della fede, ebbero inizio le grandi opere che quella fede sarebbero state chiamate a custodire nei secoli futuri: i monasteri e le grandi Chiese. I primi iniziarono a nascere già nel decimo secolo per poi concretizzarsi in altissimi esempi di monachesimo, come ad esempio quelli gravitanti intorno al Monastero delle grotte di Kiev, fondato nel 1051 dal monaco Antonii. Le seconde vennero subito dopo, agli inizi dell’undicesimo e — come ogni Chiesa — fin dal momento della loro fondazione si costituirono non solo come centri di fede, attraverso i quali irraggiare il cristianesimo nel Paese (cosa che d’altronde fecero al massimo livello), ma divennero anche forti testimonianze di quegli eventi storici con cui le popolazioni slave si sarebbero nei secoli dovute scontrare e di cui, molto spesso, avrebbero portato segni indelebili.
È questo, ad esempio, il caso della resistenza opposta dalla Chiesa d’Oriente alle forti spinte centrifughe poste in atto dai numerosi principi locali e contrarie ad una idea di unità nazionale, linguistica, spirituale: il secolo dodicesimo, quello delle divisioni feudali, infatti, non riuscì a creare maggiori danni proprio grazie all’intervento forte della Chiesa verso la popolazione.
Persino l’invasione tatara del tredicesimo secolo non fu in grado di incrinare la fortezza della fede e le miracolose icone delle diverse Madonne Odegitrie contribuirono nello stesso tempo a fermare temibili armate nemiche e a liberare irrefrenabili aneliti di fede. I tropari che ancora oggi si cantano nelle Liturgie a loro dedicate parlano di miracolose battaglie e di ritirate e di pericoli scampati e di gesta eroiche in cui non si capisce dove è il confine tra storia e leggenda, tra politica e fede, tra vita vissuta e preghiera. Si capisce solo che, a volte, le ‘Cronache dei tempi passati’ (Povést' Vremennych Let) sono migliori di quelle attuali.
La scenografia all’interno della quale contestualizzare il santo Dimitri Donskoi è appunto questa: non sete di potere ma uso della propria autorità messa al servizio degli altri; non la ricerca delle futilità della vita ma la guida di maestri morali indiscussi, come il metropolita Alessio (1354-1378) a cui Dimitri Donskoi fece continuo riferimento; non desiderio di sè ma voglia di spendersi per gli altri.
«Per grazia di Dio, re di tutta la Rus’»: era questa la dicitura con cui avevano inizio gli atti reali nell’epoca di Dimitri Donskoy. Dio, il paese – dunque, gli altri; poi gli eventuali riferimenti personali. Così, quando il grande asceta della Chiesa d’Oriente, S. Sergio di Radonež impartì la sua benedizione al giovane principe Dimitri alla vigilia della battaglia di Kulikovo contro le orde tatare, fu Dio ad unire la sua mano benedizionale a quella di S. Sergio. La vittoria non avrebbe potuto non arridere.
È forse nel tentativo di emulare altrettante vittorie che Dimitri Donskoy è stato il nome apposto ad un certo numero di incrociatori militari russi, il più famoso dei quali è sicuramente quello coinvolto nella battaglia di Tsushima (28 Maggio 1905), ed oggi ad un sottomarino nucleare della nuova classe TK-208. Credo, anzi sono convinto, che siano in molti a non aver capito proprio nulla.

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