Si susseguono contatti e riunioni informali tra i sindaci della Slavia in vista dell’attuazione della riforma delle autonomie locali. Al centro del dibattito c’è la delimitazione, di competenza della Giunta regionale, delle Unioni che assorbiranno alcune delle competenze delle attuali Province e la maggior parte di quelle adesso esercitate dai Comuni, in primo luogo da quelli piccoli.
Ora, la legge varata alla fine di novembre prevede che i nuovi enti sovracomunali ricalchino i confini degli ambiti socio assistenziali e abbiano una popolazione di almeno quarantamila residenti, quota che scende a trentamila nel caso vi aderiscano Comuni appartenenti alle Comunità montane, enti che chiuderanno definitivamente i battenti il 31 ottobre di quest’anno.
In questo quadro, la Slavia/Benečija verrebbe smembrata in due tronconi.
Le Valli del Natisone verrebbero inglobate nell’Unione cividalese, che arriva fino a San Giovanni al Natisone, Manzano e Buttrio, mentre le Valli del Torre andrebbero con il Tarcentino, che si estende a Tricesimo, Reana e Cassacco. La Valcanale e Resia starebbero con il Gemonese.
A causa del voto ponderale, il che significa che ogni Comune vale per il numero di abitanti che ha, le nostre municipalità di montagna nelle nuove Unioni conterebbero niente e sarebbero completamente alla mercé dei grandi centri della pianura.
C’è tuttavia una via d’uscita. La legge prevede che per i 32 comuni nei quali è riconosciuta la minoranza slovena si possa derogare ai tre principi fondamentali delle Unioni, cioè all’appartenenza allo stesso ambito socio assistenziale, al numero minimo di residenti e alla continuità territoriale.
La deroga è, in definitiva, l’estrema chance concessa alla Slavia/Benečija per diventare artefice del proprio destino e invertire la perversa spirale che la sta portando alla morte.
In qualsiasi altra parte del territorio regionale non esiterebbero a giocare questa carta. Sul Carso triestino e goriziano, ma anche in Valcanale e Resia si stanno orientando in questo senso.
Nelle Valli del Natisone e del Torre, invece, non ci sono idee chiare. Gran parte degli amministratori locali sembra stata colta completamente impreparata da una riforma che li chiama direttamente in causa.
Secondo quanto trapelato, favorevolmente a un’Unione della Slavia si sarebbero espresse le amministrazioni di Drenchia, Grimacco – il cui consiglio comunale ha già approvato una richiesta in tal senso –, Savogna, Stregna, Taipana e Lusevera, con Attimis alla finestra. Altri, come Nimis e Pulfero, avrebbero la volontà di andare agli ordini della pianura friulana, altri ancora avrebbero il timore che la classe politica beneciana non sia in grado di gestire una macchina amministrativa complessa come quella delle Unioni. I sindaci di Drenchia, Mario Zufferli, di Savogna, Germano Cendou, e di Stregna, Luca Postregna, hanno preso in mano la situazione. Hanno redatto un documento a favore della nascita di un’Unione della fascia confinaria e l’hanno inviato ai colleghi di quei comuni appartenenenti alla Comunità montana nei quali è riconosciuta la minoranza slovena. Chiedono «una manifestazione d’interesse a questa proposta entro il giorno di lunedì 19 gennaio» in quanto «il giorno 20 gennaio alle ore 18. è convocata una riunione presso il municipio di San Pietro al Natisone.
Sulla base della partecipazione verrà inoltrata la proposta alla Regione FVG, chiedendo nel contempo anche un incontro con i rappresentanti regionali per un esame congiunto della richiesta stessa».
Dall’adesione o meno all’iniziativa, sarà chiaro quale parte della classe politica beneciana ha veramente a cuore il destino della propria terra e a chi, invece, vada bene che siano altri, dall’esterno, a gestire il nostro territorio, mantenendo per sé un ruolo puramente rappresentativo. Cioè chi vorrebbe, in concreto, fregiarsi di titoli, indossare la fascia tricolore, tagliare nastri, pavoneggiarsi a feste e ricevimenti, ma lasciare ad altri la (non)soluzione dei problemi.
Una scelta comoda per certuni politici, ma mortale per la Slavia/Benečija.
È bene, comunque, sgomberare il campo da un equivoco: la Giunta regionale non concederà a cuor leggero le deroghe previste dalla legge. Le amministrazioni valligiane, sindaci in testa, dovranno impegnarsi a fondo per non fare la fine di semplici spettatori di fronte a decisioni prese sulla testa della loro gente dall’esterno.
Un ultimo appunto. Nella richiesta di deroga non è richiesta alcuna professione di slovenità, ma solo il richiamo a una già esistente situazione giuridica, quella data dal decreto attraverso il quale il presidente della Repubblica ha fissato l’ambito territoriale della tutela della minoranza slovena.
Magari qualcuno dovrà ingoiarsi il rospo, dopo aver sostenuto per anni che la legge 38/01 non portava benefici alla Slavia. Ma, pazienza, il passaggio storico è di quelli fondamentali per il futuro della nostra popolazione.
Con la pianura abbraccio letale_V smrtni objem z nižino
Si susseguono contatti e riunioni informali tra i sindaci della Slavia in vista dell’attuazione della riforma delle autonomie locali. Al centro del dibattito c’è la delimitazione, di competenza della Giunta regionale, delle Unioni che assorbiranno alcune delle competenze delle attuali Province e la maggior parte di quelle adesso esercitate dai Comuni, in primo luogo da quelli piccoli.
Ora, la legge varata alla fine di novembre prevede che i nuovi enti sovracomunali ricalchino i confini degli ambiti socio assistenziali e abbiano una popolazione di almeno quarantamila residenti, quota che scende a trentamila nel caso vi aderiscano Comuni appartenenti alle Comunità montane, enti che chiuderanno definitivamente i battenti il 31 ottobre di quest’anno.
In questo quadro, la Slavia/Benečija verrebbe smembrata in due tronconi.
Le Valli del Natisone verrebbero inglobate nell’Unione cividalese, che arriva fino a San Giovanni al Natisone, Manzano e Buttrio, mentre le Valli del Torre andrebbero con il Tarcentino, che si estende a Tricesimo, Reana e Cassacco. La Valcanale e Resia starebbero con il Gemonese.
A causa del voto ponderale, il che significa che ogni Comune vale per il numero di abitanti che ha, le nostre municipalità di montagna nelle nuove Unioni conterebbero niente e sarebbero completamente alla mercé dei grandi centri della pianura.
C’è tuttavia una via d’uscita. La legge prevede che per i 32 comuni nei quali è riconosciuta la minoranza slovena si possa derogare ai tre principi fondamentali delle Unioni, cioè all’appartenenza allo stesso ambito socio assistenziale, al numero minimo di residenti e alla continuità territoriale.
La deroga è, in definitiva, l’estrema chance concessa alla Slavia/Benečija per diventare artefice del proprio destino e invertire la perversa spirale che la sta portando alla morte.
In qualsiasi altra parte del territorio regionale non esiterebbero a giocare questa carta. Sul Carso triestino e goriziano, ma anche in Valcanale e Resia si stanno orientando in questo senso.
Nelle Valli del Natisone e del Torre, invece, non ci sono idee chiare. Gran parte degli amministratori locali sembra stata colta completamente impreparata da una riforma che li chiama direttamente in causa.
Secondo quanto trapelato, favorevolmente a un’Unione della Slavia si sarebbero espresse le amministrazioni di Drenchia, Grimacco – il cui consiglio comunale ha già approvato una richiesta in tal senso –, Savogna, Stregna, Taipana e Lusevera, con Attimis alla finestra. Altri, come Nimis e Pulfero, avrebbero la volontà di andare agli ordini della pianura friulana, altri ancora avrebbero il timore che la classe politica beneciana non sia in grado di gestire una macchina amministrativa complessa come quella delle Unioni. I sindaci di Drenchia, Mario Zufferli, di Savogna, Germano Cendou, e di Stregna, Luca Postregna, hanno preso in mano la situazione. Hanno redatto un documento a favore della nascita di un’Unione della fascia confinaria e l’hanno inviato ai colleghi di quei comuni appartenenenti alla Comunità montana nei quali è riconosciuta la minoranza slovena. Chiedono «una manifestazione d’interesse a questa proposta entro il giorno di lunedì 19 gennaio» in quanto «il giorno 20 gennaio alle ore 18. è convocata una riunione presso il municipio di San Pietro al Natisone.
Sulla base della partecipazione verrà inoltrata la proposta alla Regione FVG, chiedendo nel contempo anche un incontro con i rappresentanti regionali per un esame congiunto della richiesta stessa».
Dall’adesione o meno all’iniziativa, sarà chiaro quale parte della classe politica beneciana ha veramente a cuore il destino della propria terra e a chi, invece, vada bene che siano altri, dall’esterno, a gestire il nostro territorio, mantenendo per sé un ruolo puramente rappresentativo. Cioè chi vorrebbe, in concreto, fregiarsi di titoli, indossare la fascia tricolore, tagliare nastri, pavoneggiarsi a feste e ricevimenti, ma lasciare ad altri la (non)soluzione dei problemi.
Una scelta comoda per certuni politici, ma mortale per la Slavia/Benečija.
È bene, comunque, sgomberare il campo da un equivoco: la Giunta regionale non concederà a cuor leggero le deroghe previste dalla legge. Le amministrazioni valligiane, sindaci in testa, dovranno impegnarsi a fondo per non fare la fine di semplici spettatori di fronte a decisioni prese sulla testa della loro gente dall’esterno.
Un ultimo appunto. Nella richiesta di deroga non è richiesta alcuna professione di slovenità, ma solo il richiamo a una già esistente situazione giuridica, quella data dal decreto attraverso il quale il presidente della Repubblica ha fissato l’ambito territoriale della tutela della minoranza slovena.
Magari qualcuno dovrà ingoiarsi il rospo, dopo aver sostenuto per anni che la legge 38/01 non portava benefici alla Slavia. Ma, pazienza, il passaggio storico è di quelli fondamentali per il futuro della nostra popolazione.
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