Politiche e risorse per il territorio montano della Slavia condizionate da Manzano, Buttrio, Tricesimo e Cassacco? San Giovanni al Natisone e Reana del Rojale che mettono becco sui fondi stanziati dalle legge 38/2001 per i comuni nei quali è insediata la minoranza slovena? Non è fantascienza, ma quanto prefigura il disegno di legge sul sistema Regione-Enti locali, che in Friuli Venezia Giulia disegna 14 unioni di comuni con potestà statutaria e regolamentare. Esse svuoteranno di competenze i comuni e assorbiranno quelle delle Comunità montane. Piuttosto «megacomuni» che «miniprovince», dunque, sotto il nome di Ambiti sovracomunali ottimali (Aso) nei confini degli attuali ambiti socio assistenziali.
La presentazione dell’impianto della riforma alla Giunta regionale ha avuto luogo nella seduta del 4 luglio ed è stata preceduta da forti malumori sul territorio. La forzatura di voler mettere assieme territori non omogenei, di montagna e di pianura, ha portato alla manifestazione di contrarietà da parte di numerosi sindaci, in primo luogo del Gemonese e della Valcanale, ma anche del Pordenonese.
Tanto è bastato a imporre una frenata. «Solo a seguito di un percorso partecipato, nel corso del quale raccoglieremo spunti, riflessioni e proposte sarà possibile approvare in via preliminare il disegno di legge in Giunta e illustrarlo al Consiglio delle autonomie locali», ha affermato Paolo Panontin, l’assessore regionale alle Autonomie locali. «Dopo l’estate e un nuovo ciclo di incontri – ha fatto sapere – porterò il disegno di legge alla definitiva approvazione per passare il tutto all’esame della competente commissione consiliare e dell’aula».
Non pervenute, invece, le reazioni degli amministratori della Slavia. Nella recente campagna elettorale avevano discusso di aggreazioni molto limitate – la questione era se uno o due Comuni per le Valli del Natisone –, mentre ora si trovano spiazzati di fronte a un quadro molto più vasto e complesso.
Nel concreto, le Valli del Natisone (Drenchia, Grimacco, Pulfero, S. Leonardo, S. Pietro al Natisone, Savogna e Stregna, con l’aggiunta di Prepotto e Torreano) si troverebbero ad essere unificate con Cividale, Buttrio, Corno di Rosazzo, Manzano, Moimacco, Premariacco, Remanzacco e S. Giovanni al Natisone. Le Valli del Torre (Lusevera, Taipana, Attimis, Nimis e Faedis) con Tarcento, Cassacco, Magnano in Riviera, Povoletto, Reana del Rojale e Tricesimo.
Una via d’uscita, in realtà ci sarebbe. La indicano il vicepresidente del Consiglio regionale, Igor Gabrovec, e il suo partito, la Slovenska skupnost. Si tratta della legge statale di tutela della minoranza slovena, che all’articolo 21 sancisce che, nell’area di applicazione, l’assetto amministrativo, l’uso del territorio, i piani di programmazione economica, sociale e urbanistica e la loro attuazione devono tendere alla salvaguardia delle caratteristiche storico-culturali.
«Prevedere forme più o meno velate di aggregazione forzata di territori soggetti a tutela con altri, magari molto più ampi, che non hanno le stesse esigenze, non può che portare a forme di riduzione del livello di tutela», afferma Gabrovec.
Da parte sua, Cristiano Shaurli, capogruppo del Pd in Consiglio regionale, fuga i timori di scelte imposte dall’alto. «Panontin parte dagli ambiti socio-assistenziali, perché questi hanno alle spalle un rodato periodo di funzionamento, ma la sua è una proposta aperta. Ora devono esprimersi i territori. Che i nuovi enti sovracomunali siano economicamente, socialmente e linguisticamente omogenei dipenderà dalle scelte degli amministratori locali. La mia idea personale non è un mistero, perché la sostengo da quando ero sindaco di Faedis: Valli del Torre e del Natisone dovrebbero stare insieme. Ma c’è anche la possibilità di costituire subambiti fortemente omogenei, penso all’area montana e alla minoranza slovena».In definitiva, ora il pallino è nelle mani degli amministratori comunali. «Saranno loro a scegliere e, naturalmente, si assumeranno le responsabilità», conclude Shaurli.
Deželni svetnik Slovenske Skupnosti, zbirne stranke Slovencev v Italiji, je precej kritičen do reforme krajevnih uprav, ki jo snuje deželna vlada.
»Prvi osnutek deželne reforme krajevnih uprav, ki po ukinitvi Pokrajin posega v področje politično-upravne avtonomije zlasti majhnih Občin – odgovarja na vprašanja Doma –, me zaskrblja in nujno je, da se že v tej sorazmerno zgodnji fazi soočimo še najprej med izvoljenimi javnimi upravitelji slovenskega jezika in narodnosti. Tako zasnovana reforma za enkrat jasno trči v zajamčene pravice Slovencev na naselitvenem območju dvaintridesetih občin od Milj do Trbiža, saj v ničemer ne upošteva naših specifičnih potreb in tudi ne prednosti, ki jo predstavljamo za čezmejno sodelovanje in utrjevanje večkulturnosti in večjezičnosti FJk.«
Slovenci v videnski pokrajini smo posebno zaskrbljeni ob napovedi, da bo Benečija razdeljena, saj bi Nediške doline spadale pod čedajski okraj, Terske doline pa pod čentarski. A je bojazen umestna?
»Seveda, bojazen je na mestu in prav je, da ponudimo naše alternativne predloge. Tudi za Slovence na videnskem je bistvenega pomena, da se ne porazgubijo dragocene izkušnje dosedanjega sodelovanja med občinami, ki jih označuje zgodovinska prisotnost in pečat slovenske identitete. Pri tem mislim tudi na vlogo, ki so jo imele Gorske skupnosti za spodbujanje gospodarskega razvoja.«
Po novem pa bi o upravljanju goratega teritorija imele glavno besedo velike občine v nižini. Celo Manzano, Tricesimo…
»Tudi na to sem opozoril pristojnega odbornika Panontina in pravzaprav vse kolege vladne koalicije. Smisel Gorskih skupnosti je bil v tem, da so spodbujale predvsem razvoj odročnih krajev, ne pa velikih centrov v dolini. Zato bi bil scenarij, ki ga navajate, res paradoksalen.«
CEL POGOVOR NA TISKANI IZDAJI