Pri Niemah bije srce Čarnjeje_Vicino Nimis batte il cuore di Cergneu

Mara Orlando, Diana Mattiuzza e Katia Orlando

Il comune di Nimis/Nieme condivide una caratteristica coi comuni di Attimis, Faedis, Torreano e Prepotto. Se nelle frazioni di pianura, accanto all’italiano, la popolazione parla prevalentemente il friulano, nelle frazioni verso la montagna, sebbene sempre più flebile e assieme al friulano, sopravvive ancora il dialetto del Torre, che i linguisti di tutto il mondo inquadrano nell’ambito del sistema della lingua slovena.

Sul territorio è ancora particolarmente vivo a Cergneu di Sopra/Čarnjeja, una frazione che raccoglie circa 300 dei più o meno 2700 abitanti del comune di Nimis. Tra i principali punti di ritrovo del paese ci sono le due osterie. È alla Trattoria al Torrente che Katia Orlando, di 48 anni, insieme a sua sorella Mara, di 46 anni, e a Diana Mattiuzza, di 49 anni, parla un po’ della vita della comunità. «L’osteria al Torrente – spiega Katia – era uno dei punti di riferimento della comunità già quando era gestita dai nostri nonni. Mia sorella Mara ha rilevato la gestione un po’ perché le piace fare da mangiare e un po’ per tenere su il paese e, quando possiamo, i miei fratelli e io le diamo una mano.

L’osteria Al Torrente

Anche a Cergneu una volta c’erano diverse osterie; oggi, oltre alla nostra, dove dal venerdì alla domenica è possibile mangiare e dove alleviamo anche trote, ne è rimasta anche un’altra, tra l’altro gestita da nostri cugini». Giovani compresi, i paesani spesso si ritrovano lì, anche per bere la pierçolade, il vino bianco con la pesca, un po’ la bevanda «nazionale » di Cergneu.

Katia, che lavora per la Cigierre, ogni giorno si sposta verso la pianura friulana per dirigere un locale. Ha gestito ristoranti in tutta Italia e per un periodo anche in Austria ma, negli anni, ha sentito il bisogno di rientrare: «Da giovane vuoi andare fuori, fare conoscenze; a una certa età si sente il bisogno di tornare». Nei decenni passati nella zona lo spopolamento è stato forte, ma ora, a Cergneu di Sopra, la situazione sembra stabilizzata. Fatto curioso, piuttosto, qui sono spesso le donne a portare a vivere a Cergneu di Sopra i propri compagni. «In paese però – aggiunge Diana – i bambini al momento non sono molti: basti pensare che quest’anno alla comunione ce n’erano tre».

Dal punto di vista delle attività produttive, qui sono attive alcune segherie, che lavorano perlopiù legname proveniente da Austria e Slovenia, nonché alcune aziende agricole.

Come in diverse altre realtà di provincia, nel paese i servizi scarseggiano. La latteria ha cessato l’attività dopo il terremoto, non ci sono più i due mulini, né negozi di generi alimentari o la rivendita del pane. «La corriera sale in paese ogni giorno in periodo scolastico – spiega Mara – altrimenti il lunedì e il venerdì, nei giorni di mercato a Nimis e Tarcento ». Il parroco, don Bruno D’Andrea di Attimis, o il diacono per lui, salgono a dire messa ogni domenica. Una volta a settimana sale in paese anche il medico, che presta servizio in una stanza adibita a ambulatorio nel centro sociale del paese. Proprio nell’area del centro sociale, che dispone di una cucina e vicino a cui si trova anche un campo sportivo, ogni anno si svolge la Sagra di San Giacomo e del cjastron. Altri ritrovi importanti, nella vita della comunità, sono il ritrovo sul monte Cisilin – nell’anniversario di quando, 36 anni fa, sulla cima del monte è stata innalzata una croce – nonché il risveglio del pust, il 5 gennaio, che segna l’inizio del Carnevale.

La comunità di Cergneu di Sopra è, comunque, piuttosto vivace. In paese sono attivi l’associazione Cernedum, che tra l’altro a giugno organizza la festa al castello di Cergneu di Sotto, l’associazione di pescatori Vallenera nonché una squadra di calcio amatoriale. Insomma, grandi o piccole, in paese iniziative che rendano possibile stare insieme non mancano mai.

Katia Orlando alla fisarmonica

A Cergneu di Sopra/Čarnjeja è ancora possibile incontrare abitanti che, accanto al friulano e all’italiano, parlano il locale dialetto sloveno. La parlata, insomma, è ancora viva tra gli abitanti, soprattutto tra gli anziani e meno tra i giovani.

In linea d’aria il paese si trova a pochi chilometri dalla Slovenia, ma l’assenza di collegamenti diretti col retroterra in cui sono parlati gli altri dialetti sloveni e con la Slovenia apre il paese a maggiori contatti con la pianura friulana. «Per il paese – spiega Katia Orlando – può capitare di sentire qualcuno parlare po našen, più spesso gli anziani. Io lo capisco ma non lo parlo. Se viene qualcuno dalle zone interne della Slovenia, magari gli abitanti fanno fatica a capire qualche parola, ma se viene qualcuno dalle zone limitrofe della Slavia, in genere si riesce a capire tutto». Cergneu di Sopra rappresenta l’unica frazione del comune di Nimis in cui il locale dialetto sloveno è ancora abbastanza vitale, eppure da parte del Comune, al momento, l’interesse rispetto alla valorizzazione della parlata è limitato. All’inizio del paese, sebbene nella frazione sia ufficialmente tutelato anche il dialetto sloveno, il cartello riporta il toponimo solo in italiano e friulano. Anche giù a Nimis, nelle scuole del paese, la cultura di Cergneu è pressoché assente, né è insegnato lo sloveno.

Ma la cultura della Slavia Veneta, in qualche modo, è presente tra la gente del posto. «Una volta a Cergneu – spiega Katia – avevamo tanti suonatori: di fisarmonica, di chitarra, di bidofono. Io avevo iniziato a andare a scuola di musica già da bambina, a periodi alterni. Due anni fa la passione della fisarmonica è tornata e ora sto imparando da un ragazzo di Monteaperta, che mi insegna a suonare la fisarmonica slovena, visto che lui frequenta abbastanza la zona di San Pietro. Anche lì si parla un dialetto sloveno, anche se diverso. Si tratta di una cultura che mi attira, senza un motivo preciso. Quando parlano in dialetto sloveno, sto lì a sentire. Non capisco tutto, ma mi piace». (Luciano Lister)

Prav kot v občinah Prapotno, Tauorjana, Fojda in Ahten, tudi v občini Neme poleg italijanščine govorijo v vaseh na nižini furlansko, medtem ko v gorskih vaseh slovensko narečje. Najbolje je domača slovenska govorica ohranjena v Čarnjeji (Cergneu di Sopra), vasi, kjer prebiva okoli 300 ljudi. O tem smo se pogovarjali s sestrama Maro in Katijo Orlando ter z njuno prijateljico Diano Mattiuzza.

Mara je lastnica stare gostilne Al Torrente, ki je nekako v vasi referenčna točka. Čarnjeja doživlja iste dinamike, ki jih lahko opažamo po raznih gorskih vaseh v deželi Furlaniji Julijski krajini. Avtobusne povezave obratujejo redno le med šolskim letom; vaške trgovine ni več; tako duhovnik kot zdravnik pridejo v vas le enkrat na teden. Trenutno je tukaj malo otrok, vendar Katia, Mara in Diana ugotavljajo, kako se pogosto domačini vračajo stalno v vas, tudi potem, ko so več let bivali in delali drugje po svetu.

Kljub temu, da sta v vasi uradno zaščiteni tako furlanščina kot slovenščina, si lahko na začetku vasi preberemo krajevno ime le v italijanščini in furlanščini. V občinskih šolah pouka slovenščine ni; tam niti čarnjejska kultura s svojimi starimi navadami, kot so na primer vsakoletna januarska pustna praznovanja, ne najde nekaj prostora.

Še posebej Mara vsekakor opaža, kako je v vasi ob furlanščini še živa domača slovenska govorica, ki jo sama razume in rada posluša, in kako je prav tako nekako živa kulturna povezava z Beneško Slovenijo, še posebej preko ljubezni do glasbe.

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