Le preghiere semplici di S. Basilio il Grande

 
 
Oggi, diciotto Giugno, è il giorno in cui ho deciso di dedicare un po’ di tempo a riordinare le idee su qualcosa di non medico e completare così il mese in corso ed inviare qualche spunto di riflessione agli amici del Dom. Mi sono tuttavia reso presto conto del fatto che quanto sto leggendo e appuntando rientra ancora una volta nella categoria di atti — se non medici — certamente terapeutici.
Trovandoci davanti persone malate è l’aspetto fisico che di queste polarizza la nostra attenzione e coinvolge appieno le nostre capacità di reazione: tuttavia, è in momenti di meditazione come questo che prendiamo maggiore coscienza del fatto che oltre al corpo vi è uno spirito che, se malato, guarisce con una portentosa medicina, la preghiera.
Ecco allora che scorrendo le preghiere di questo diciotto Giugno, tra le prime a venirmi incontro, ve ne è una del grande Santo slavo Basilio che si aggancia direttamente al grande tema della devozione mariana nell’Oriente slavo. È infatti una preghiera rivolta alla Madre di Dio, quella che più di altre apre la giornata: la Madre di Dio è una di noi. Ancora oggi ricordo mia nonna rivolgersi a lei con la stessa confidenza che aveva con uno di famiglia e passare velocemente dalla più elegante lingua russa al semplice dialetto di casa: tanto lei avrebbe capito lo stesso, era una di noi. Allo stesso modo fa Basilio il Grande. Non impegnati sermoni, ma semplici parole, quelle della vita quotidiana, di ogni giorno, quelle che gli anziani delle migliaia di villaggi rurali delle terre slave dicevano — quando ancora potevano farlo — passando davanti alle Chiese o alle edicole delle icone mariane — quando ancora c’erano: «Insegnami a camminare sulla strada degli insegnamenti di Cristo. Fortificami a restare sveglio nella preghiera. Proteggimi giorno e notte e liberami dal male che qualcuno mi vuole». L’ultima è una frase importante. Non «liberami da chi mi vuole male»: è ben diverso e in queste parole, a cui nella lettura veloce quasi non si farebbe caso, c’è invece tutta l’anima slava, quella che fa dell’altruismo e della generosità i cardini su cui basare la propria vita e la propria fede.
«Salva, o Dio, ed abbi misericordia dei vecchi e dei giovani, dei poveri e degli orfani e delle vedove e di coloro che soffrono e sono malati, di coloro su cui si è abbattuta la disgrazia e la sfortuna, di coloro che si trovano in difficoltà e in detenzione, di coloro che a causa tua sono perseguitati. Ricordati di tutti loro, visitali, rafforzali, confortali»: anche in questa piccola preghiera, che chiudeva le preghiere di mia nonna e che a me bambino lasciava per un po’ sentimenti di ansia, c’è tutta la generosità cristiana dell’Oriente slavo: Signore, non a me guarda ma agli altri, perché c’è sempre qualcuno che sta peggio di me ed ha più bisogno del tuo aiuto.
È la vita comune che ognuno di noi è chiamato a vivere, quella che traspare dalle parole di questa preghiera alla Madre di Dio di San Basilio; è la ricerca di conforto ai tanti dubbi e dolori e paure che la nostra condizione di uomini non risparmia a nessuno, ma che comunque vengono stemperati, leniti, quasi medicati con le terapie messe in atto dalla fede. Si prega per sé ma anche per gli altri, si prega per i propri cari: «Le mani e le labbra elevo verso di te in preghiera». Si prega per avere ascolto: «Prega per me il Signore di tutto. Accetta la mia supplica e offrila a Dio in modo che abbia compassione»: sembra quasi che, consci della propria pochezza, si cerchi qualcuno che possa conoscere chi veramente conta, chi veramente può tutto, e possa mettere una buona parola e la Madre di Dio è vero che è una di noi ma è anche vicina a lui. Si prega per le esigenze di oggi ma anche per la vita futura: «Salvaguardaci per trovare le gioie del cielo insieme con i Santi».
Le case, allora, le piccole povere izbe di campagna illuminate dalla fede diventano regge, come per incanto; la vita non fluiva ritmata solo dal calendario lunare delle pratiche agricole, ma anche da quelle tradizioni che, strettamente legate alle feste religiose, scandivano altrettanto bene e forse meglio tempi e momenti dell’avventura umana; i limitati cibi diventavano momenti di gioia da condividere, ma solo dopo la recita delle preghiere, molte delle quali rivolte alla Madonna, alla tutta-immacolata «perché possa allontanare la confusione del mondo».
Ho talora fatto caso (con dolore) alle notizie che a volte sono comparse circa le difficoltà che comporta il vivere nelle Valli e nelle comunità montane, lo scoraggiamento a proseguire su questa strada e il desiderio di spostarsi altrove: al di là di innegabili problematiche, ritengo che ciò possa essere — come tutto quanto crea o ricrea quella dimensione umana oggi forse troppo frequentemente andata perduta o volutamente perduta — il punto di forza su cui imperniare la costruzione o il ripristino di quei valori che le piccole realtà sono ancora in grado di assicurare per salvaguardare l’integrità e l’interezza dello sviluppo umano, senza le quali resta ben poco.
Anche sul piano religioso. Sono infatti sicuro che molti, leggendo quanto ha preceduto, saranno tornati con la memoria ad analoghe esperienze vissute direttamente o indirettamente attraverso i racconti dei più anziani. Altrove è più difficile che ciò possa capitare. Forse, vorrei aggiungere, anche per l’assenza della cultura slava.

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