Abbiamo sentito, nelle ultime settimane, cori entusiastici per il consistente aumento dei fondi provenienti dalla legge di tutela degli sloveni destinati al rilancio di Benecia, Resia e Valcanale nonché per la prospettiva di ulteriori denari dalla strategia per le aree interne. E chi non dovrebbe esultare, se di aiuti ne abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo! Ma di fronte a tanto giusto entusiasmo è necessario un fiorire di progetti e di proposte per impiegare in modo intelligente, e quindi utile, questi aiuti così necessari. Magari si stanno elaborando in qualche nascosto laboratorio, ma è tempo che vengano alla luce.
Noi abbiamo degli organismi rappresentativi che hanno come primo compito lo sviluppo del nostro territorio, della nostra piccola patria, come qualcuno sognava.
Tanto la rediviva Comunità montana, come i Comuni sono chiamati in prima linea a offrire progetti e soluzioni che non mirino all’interesse individuale o settoriale, ma coinvolgano tutto il territorio, popolazione inclusa. Bisogna andare oltre la consueta amministrazione e dotarsi di fantasia, che poi non richiede più di tanto.
Abbiamo un precedente importante, datato dal terremoto. Sono stati rimessi a posto i nostri paesi in modo lodevole, e reggono ancora, basta seguire una tappa del Giro d’Italia nel nostro territorio per rendercene conto. Ma quella volta c’era un progettista e un direttore dei lavori. Dobbiamo trovarlo anche oggi e subito, perché c’è il rischio che passi il treno e noi lo perdiamo.
Elenchiamo solo alcuni problemi che aspettano soluzione. Come vediamo, l’agricoltura tradizionale è totalmente cambiata e quasi scomparsa, ma ci sono prospettive di altro tipo, che andrebbero coordinate. La zootecnia quasi non c’è più e, dove una volta fiorivano i depositi di ottimo letame, fioriscono i gerani. Ai prati si sono sostituiti i boschi, la cui produzione richiede una valutazione di esperti.
E poi c’è il grave problema dello spopolamento che non sappiamo come affrontare, perché è il problema che si presenta dalla fine della guerra. Sappiamo che nel Sudtirolo- Alto Adige non c’è questa piaga, soprattutto perché i residenti sono legati al territorio da una forte identità etnico-linguistica. Di conseguenza hanno interesse nel tenere puliti boschi e prati. E ne ricavano guadagno. Questo vale certamente anche per i Carinziani e gli Svizzeri che sono pagati per tenere pulito tutto il territorio, a cominciare dalle montagne. Noi ci troviamo nelle stesse situazioni, ma abbiamo abbandonato tutto.
I miei due nonni, quello paterno e quello materno, coltivavano una decina di varietà di mele, di pere, di pesche; producevano decine di ettolitri di vino non ottimo, ma sano e gustoso. E non solo loro. Non parliamo della produzione e varietà delle castagne. Mi diceva un lontano parente di Stregna: «Celo nuoč smo vozili kostanj v Čedad».
Tutto è finito, per sempre o può risorgere? Sogniamo un progettista.
Marino Qualizza
Sognamo un progettista_Sanjamo o načrtovalcu
Abbiamo sentito, nelle ultime settimane, cori entusiastici per il consistente aumento dei fondi provenienti dalla legge di tutela degli sloveni destinati al rilancio di Benecia, Resia e Valcanale nonché per la prospettiva di ulteriori denari dalla strategia per le aree interne. E chi non dovrebbe esultare, se di aiuti ne abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo! Ma di fronte a tanto giusto entusiasmo è necessario un fiorire di progetti e di proposte per impiegare in modo intelligente, e quindi utile, questi aiuti così necessari. Magari si stanno elaborando in qualche nascosto laboratorio, ma è tempo che vengano alla luce.
Noi abbiamo degli organismi rappresentativi che hanno come primo compito lo sviluppo del nostro territorio, della nostra piccola patria, come qualcuno sognava.
Tanto la rediviva Comunità montana, come i Comuni sono chiamati in prima linea a offrire progetti e soluzioni che non mirino all’interesse individuale o settoriale, ma coinvolgano tutto il territorio, popolazione inclusa. Bisogna andare oltre la consueta amministrazione e dotarsi di fantasia, che poi non richiede più di tanto.
Abbiamo un precedente importante, datato dal terremoto. Sono stati rimessi a posto i nostri paesi in modo lodevole, e reggono ancora, basta seguire una tappa del Giro d’Italia nel nostro territorio per rendercene conto. Ma quella volta c’era un progettista e un direttore dei lavori. Dobbiamo trovarlo anche oggi e subito, perché c’è il rischio che passi il treno e noi lo perdiamo.
Elenchiamo solo alcuni problemi che aspettano soluzione. Come vediamo, l’agricoltura tradizionale è totalmente cambiata e quasi scomparsa, ma ci sono prospettive di altro tipo, che andrebbero coordinate. La zootecnia quasi non c’è più e, dove una volta fiorivano i depositi di ottimo letame, fioriscono i gerani. Ai prati si sono sostituiti i boschi, la cui produzione richiede una valutazione di esperti.
E poi c’è il grave problema dello spopolamento che non sappiamo come affrontare, perché è il problema che si presenta dalla fine della guerra. Sappiamo che nel Sudtirolo- Alto Adige non c’è questa piaga, soprattutto perché i residenti sono legati al territorio da una forte identità etnico-linguistica. Di conseguenza hanno interesse nel tenere puliti boschi e prati. E ne ricavano guadagno. Questo vale certamente anche per i Carinziani e gli Svizzeri che sono pagati per tenere pulito tutto il territorio, a cominciare dalle montagne. Noi ci troviamo nelle stesse situazioni, ma abbiamo abbandonato tutto.
I miei due nonni, quello paterno e quello materno, coltivavano una decina di varietà di mele, di pere, di pesche; producevano decine di ettolitri di vino non ottimo, ma sano e gustoso. E non solo loro. Non parliamo della produzione e varietà delle castagne. Mi diceva un lontano parente di Stregna: «Celo nuoč smo vozili kostanj v Čedad».
Tutto è finito, per sempre o può risorgere? Sogniamo un progettista.
Marino Qualizza
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